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martedì 1 agosto 2017
Medici con frontiere ideologiche
domenica 30 luglio 2017
Dio non stacca la spina
venerdì 16 giugno 2017
venerdì 21 aprile 2017
L'intollerabile ipocrisia
Potrebbe essere che qualcuno di voi pensi o voglia ribattere che, magari, lo stupido sono io (recentemente un derelitto, immagine qui sotto da cliccare per ingrandire, mi ha dato dello spocchioso, dell'esibizionista e dell'idiota): avrebbe ragione e potrebbe anche non leggere oltre.
sabato 5 novembre 2016
Sulle macerie della morale religiosa
Pride you tookPride you feelPride that you felt when you’d kneelNot the wordNot the loveNot what you thought from aboveIt feedsIt growsIt clouds all that you will knowDeceitDeceiveDecide just what you believeI see faith in your eyesNever your hear the discouraging liesI hear faith in your criesBroken is the promise, betrayalThe healing hand held backby the deepened nailFollow the god that failed
(Metallica - The god that failed)
Uno dei motivi per cui avevo smesso di postare sul blog era dovuto al tedio di scrivere e riscrivere le stesse cose. Una dei temi che più ho trattato, tra l'altro anche recentemente sui post relativi all'obiezione di coscienza, riguarda la mancanza di una morale unica nella religione, o meglio la cattiva fede, è il caso di dirlo, della religione, consistente nel mantenere al suo interno, coscientemente e assolutamente con fini materialistici, posizioni morali spesso contrastanti.
E' una cosa, quella di mentire, anche a sé stessi per trarre vantaggio, che reputo far parte del retaggio umano, tuttavia che non esito ad attaccare sottolineandolo, per l'atteggiamento tenuto dalla religioso medio di aver una superiorità etico morale derivata da una presunta rivelazione divina.
La realtà è che l'ipocrisia di tale atteggiamento rende la morale religiosa, una morale inferiore, fatta di parole vuote, sebbene non vada mai dimenticato che uomini religiosi possano ergersi a giganti per la piena applicazione di ciò che considerano virtù.
La tara, tuttavia, consiste nella moltitudine di soggetti cui il solo fatto di essere "buoni religiosi" conferirebbe lo strano diritto al primato morale, cosa assurda, come poi si evince nelle spaventose uscite che spesso sono state denunciate anche dal sottoscritto.
lunedì 24 ottobre 2016
Abiezione di coscienza - parte 3 (considerazioni finali)
Ora, il problema dell'obiezione di coscienza è un problema assai serio perché va a stravolgere le funzioni proprie di un istituto in funzione di un ideologia o di un credo che dir si voglia.
Prima di continuare vorrei subito eliminare una tesi che viene sostenuta qua e là, ovvero il richiamo a obiezioni storiche come l'obiezione civile vs servizio militare: in realtà essa non trova un parallelismo in quella a sfondo religioso: allora non c'era la pretesa di entrare nell'esercito, semmai chi obiettava, di fatto, richiedeva di non voler prestare il servizio militare. Penso che la differenza sia sostanziale.
D'altra parte cosa avrebbe fatto un pacifista nell'esercito se non azione di sabotaggio?
Ecco il problema sta qui: l'obiettore di coscienza non dovrebbe inserirsi in un ambito in cui la sua (non) azione rischia di compromettere le funzioni dell'istituto stesso.
Perché di fatto, benché lui ritenga di essere la "vera" soluzione, rappresenta il principale problema: il perché lo vedremo a breve.
Questo, e va detto , vale non solo per gli ospedali, ma anche per le farmacie, ne avevo già trattato qui, ma questo è più recente, per l'educazione (ipotesi della teoria gender), per il diritto alla morte (eutanasia) e via dicendo.
Ma chi è l'obiettore veramente?
L'obiettore considera sé stesso un defensor fidei, una sorta di paladino contro le mostruosità dell'epoca moderna (che comunque esistono, è innegabile)
Egli si ammanta dello spirito del martire come se fosse lui e i pochi come lui, la parte lesa, anche quando non sono pochi, e soprattutto quando non ci sarebbe motivo alcuno di sentirsi martiri. Evidentemente l'atteggiamento vittimista paga, soprattutto se è tattico e ben supportato da potenti lobbies.
Egli si ritiene superiore, un portatore di luce (e qui il mi si consenta la battuta lo configura come un Lucifero qualunque), depositario di una verità millenaria che vede nell'azione della controparte, non tanto uno speculare tentativo di far valere le diverse idee (magari già diventate diritti), ma un tentativo di oscurare le proprie.
Verrebbe da chiedersi se è per mancanza di intelligenza o di pudore (buona o cattiva fede) che si scaglia sui diritti altrui (o sul tentativo altrui di ottenerli in base a etiche alternative tutt'altro che aberranti), quasi che l'esistenza degli uni sia per forza negazione degli altri.
D'altra parte l'obiettore religioso per sua natura non è democratico: solo ciò che egli crede è verità, tutti gli altri sono in errore. Questo, purtroppo, a prescindere dall'argomento materia di discussione. Egli mira ad ottenere la traduzione del supposto disegno divino in terra, immemore persino delle deliranti profezie di cui i suoi libri sono zeppi che ne prevedono invece il compimento con il ritorno niente di meno che della divinità stessa accompagnata da (chissà perché visto che sarebbe onnipotente) imponenti eserciti angelici.
Si fa dunque giudice supremo, sostituendo il concetto di giudizio con quello di sentenza, adoperandosi per negare agli altri ciò che egli reputa sconveniente per sé.
La prima deriva direttamente sistema con cui è governata la fede.
La religione, come ho più volte sostenuto (e spero dimostrato), raccoglie al suo interno il tutto e il suo contrario.
Questo da facoltà a chi ne esercita i poteri di poter scegliere al meglio la citazione perfetta per il momento a secondo della convenienza.
Ne consegue, in virtù di dinamiche del tutto umane e quindi prevedibili, che l'atteggiamento dei detentori di tale potere è nei confronti di propri fedeli inversamente tollerante a quello della tenuto nei confronti della controparte.
Questo da facoltà a chi ne esercita i poteri di poter scegliere al meglio la citazione perfetta per il momento a secondo della convenienza.
Ne consegue, in virtù di dinamiche del tutto umane e quindi prevedibili, che l'atteggiamento dei detentori di tale potere è nei confronti di propri fedeli inversamente tollerante a quello della tenuto nei confronti della controparte.
L'errore del fedele infatti viene a seconda della convenienza sminuito o perdonato; spesso, addirittura, la difesa dell'enstabilshment supera abbondantemente la soglia del ridicolo, cercando il cavillo al fine di negare il problema, come quando, in pieno scandalo pedofilia, niente di meno che l'allora Osservatore permanente del Vaticano presso l'ONU, l'Arcivescovo Silvano Maria Tomasi si affrettò a puntualizzare che in realtà non di pedofilia si trattava, ma di "efebofilia" e che in realtà erano stati gli adolescenti gay ad adescare i poveri preti (vedi qui).
E' poi fondamentale constatare come il profitto, sia esso inteso in termini economici, di potere, visibilità , ecc, venga prima di qualunque altra cosa: piuttosto che perdere consensi meglio il compromesso. Come, magari, attendere con "prudenza" una sentenza, faccio un esempio, che dica chiaramente se Medjugorje è una truffa o no (da leggere questo spassosissimo articolo di Antonio Socci dove, il giornalista obnubilato dalla fede, ammette in modo inconsapevole ma cristallino, che il fine, la "conversione", dovrebbe giustificare i mezzi, la "truffa"!); ma si potrebbero citare anche i comportamenti dell'attuale amatissimo Papa che ama proclamare una cosa per poi fare l'esatto opposto , o cercare alleanze in fedi scismatiche tradendo, di fatto, la propria (in rete c'è un'infinità di siti ultra-cattolici che lo massacrano giornalmente, a voi il "piacere" della ricerca, io vi cito a caso senza entrare nel merito, questa).
Solo in ultima istanza, se il danno provocato dal fedele ottiene troppa rilevanza mediatica, dopo aver giocato le deboli difese (ne è esempio la chiosa del Teologo nell'articolo precedente) si procede all'abbandono (sperando che tutto venga presto dimenticato e con buona pace delle vittime), nella speranza di salvare il salvabile (il tema).
E' dunque da questa confusione che nasce il pericolo che l'obiezione di coscienza, che sia inteso, reputo essere un diritto inalienabile tanto quanto il suo contrario, si trasformi in abiezione, ovvero una vergognosa degradazione della coscienza che pone la propria personale, e quindi opinabile, etica ad un livello superiore rispetto a qualunque libertà altrui.
Aggiornamento (25/10/2016):
Gli ispettori inviati dal ministero della salute avrebbero verificato che la tragedia di Catania non sarebbe dovuta all'obiezione di coscienza. Riporto quanto scritto sull'articolo di Repubblica:
Nelle tre pagine redatte dagli ispettori si parla "di evento abortivo iniziato spontaneamente, inarrestabile, trattato in regime d'emergenza". Gli ispettori ricostruiscono la cronostoria della tragedia, dal ricovero alla morte. Valentina Milluffo era ricoverata dal 29 settembre (alla 17essima settimana di gravidanza) per minacce d'aborto. "La paziente - si legge - era in trattamento adeguato". La situazione degenera il 15 ottobre con un picco febbrile a 39 gradi centigradi. Le vengono somministrati antipiretici e antibiotici. Secondo gli ispettori, "le prime valutazioni cliniche e il monitoraggio dei parametri vitali non evidenziano alcun dato anomalo, se non - alle ore 16 circa - un iniziale abbassamento della pressione arteriosa". Seguono ulteriori esami che evidenziano "un quadro settico e una coagulopatia da consumo, con progressiva anemizzazione e progressivo calo dei valori pressori". Vengono allertati gli anestesisti e - si legge nella relazione - le condizioni della donna "vengono comunicate ai parenti presenti con tempestività".Alle 23,20, in sala parto, Valentina Milluffo espelle il primo feto. Morto. Alle 24 inizia la stimolazione con ossitocina per accelerare l'espulsione del secondo feto, che avviene all'1,40. "Viene coinvolto un secondo anestesista di turno - scrivono gli ispettori - e si sposta la donna in sala operatoria, per le procedure di secondamento chirurgico e di revisione della cavità uterina in anestesia, che si completano alle 2.10". Ma la donna è gravissima, continua a perdere sangue ed è necessario tamponare l'utero e somministrare farmaci."Le condizioni generali - si legge - tendono al peggioramento". La signora viene intubata e respira artificialmente. E' trasferita in Rianimazione dove, alle 13.45, "nonostante il massimo livello assistenziale ed un transitorio miglioramento delle condizioni generali", muore. "I parenti - si legge nella relazione - sono stati sempre informati e sostenuti dall'intera equipe degli ostetrici e degli anestesisti".
La cosa in realtà non mi stupisce, anzi. Come già introdotto nei primi due post, nessuno dei "testimoni" chiamati in causa era per loro stessa ammissione presente alla denunciata manifestazione dell'obiezione. Inoltre l'eventuale obiezione non sarebbe mai stata riportata in cartella clinica, che per quanto ufficiale è una "fonte di parte" peraltro redatta dalla parte sotto accusa. L'ispezione non sembra tenere conto di quanto denunciato dai parenti delle vittime. Nel reparto in questione la totalità dei medici è obiettore di coscienza (12 su 12) e quindi in base alle mie personali (e chiaramente opinabilissime) considerazioni esposte ritengo che nessuno avrebbe mai denunciato l'altro. Stiamo parlando pur sempre di estremisti. In Italia, a differenza di quello che sostengono i vittimisti catto-oltranzisti, l'obiezione è un ottimo viatico per fare carriera: non ci si brucia così. Con buona pace di quel pagano di Ippocrate su cui spergiurano.
sabato 22 ottobre 2016
Abiezione di coscienza - parte 2
Come nel caso precedente anche qui, sin dalla prima domanda si avverte una malizia nell'indirizzare sin dalle prime righe il discorso su terreni più facili da affrontare. Peccato che tale malizia, assolutamente accettabile quando trattasi di dialettica diventi urticante quando è usata per alterare la realtà:
Ieri mattina si è scoperto che l’obiezione di coscienza non c’entrava nulla. In Italia c’è aria di caccia all’obiettore?E' già chiaro che l'obiezione non c'entra nulla in più la vittima è diventato l'obiettore. Neanche partiti e già si rasenta il ridicolo.
Questa è la posizione dei cattolici e anche dei medici obiettori, che una campagna culturale e mediatica ha trasformato in un bersaglio facile, inducendo nel Paese un’opinione purtroppo diffusa che, quando si verifica una tragedia, ci “deve essere” lo zampino di un obiettore di coscienza. Lo dimostra la tendenza alla denuncia terapeutica, specialmente di fronte ad esiti infausti che compromettano giovani vite, e il focalizzarsi nella ricerca di obiettori di coscienza sui quali buttare la croce.
Con quale obiettivo?Non so se sia l’obiettivo di chi denuncia, ma è un fatto che allorquando il caso di malasanità ha risvolti bioetici, in quanto chiama in causa la Chiesa e i suoi fedeli, sia maggiore l’attenzione dei media. Non credo che si “cerchi” quest’attenzione, ma una famiglia sconvolta dal dolore è facile preda di un teorema che, conducendo in fretta ad un capro espiatorio, sembra risolvere tutto, alleviando quel dolore. Al di sotto, lavora un pregiudizio sociale.Neanche tempo di formulare la seconda domanda e la soglia del ridicolo viene abbattuta fragorosamente. Addirittura si insinua che il tentativo di screditare l'obiezione sia ricercato al fine di alleviare la propria tragedia. Non so poi se rimanere più basito dalla pochezza del ragionamento (se la chiesa predica costantemente su questioni bioetiche, e lo fa in modo poco chiaro lasciando aperte molteplici interpretazioni cosa ti aspetti, che ci si rivolga al Ct della nazionale?) o dal vittimismo totalmente fuori luogo.
L’obiezione di coscienza è impopolare?Non piace all’establishment culturale di questo Paese.Non piace talmente tanto che vige una legge che li protegge. Semmai bisognerebbe chiedersi quanto piaccia al popolo.
E a quello sanitario? Spero che non vi sia un pregiudizio verso i medici obiettori e che siano valutati in base alla loro professionalità, come prescrivono le leggi, e la Costituzione.Risulta che il pregiudizio sia all'opposto. I numeri riportati da svariati media parlano chiaro.
La legge 194 dice che l’obiezione di coscienza non può essere invocata nel caso in cui il «personale intervento» del sanitario è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. Era il caso di Valentina Milluzzo?Anche qui c'è una fallacia. Se, e ribadisco se, il medico non è intervenuto perché obiettore, anche accettando il fatto che non gli fosse chiaro il principio di legge, è chiaro che lo ha fatto sospinto dalla sua personale interpretazione dell'etica cattolica. Non si può usare "etica" al posto di "legge" a seconda della convenienza, come del resto ribadisco, non si può accettare il continuo tenere i piedi in due scarpe dell'estabilishment cattolico su qualsiasi tema , teoria gender, eutanasia, aborto, diritti gay, visoni di madonne e chi più ne ha più ne metta, che va dalla visione oltranzisti sedicenti defensor fidei, a quella dei visionari, a quella del cattolico medio che non saprebbe distinguere un passo della Bibbia da uno del Corano, a quella dei un Papa la cui direzione dottrinale è quanto mai confusa da spinte populiste che lasciano perplessi gli stessi fedeli (poi smentite nei fatti , ma tant'è: siamo nell'era del "sembrare").
Così pare. Ovviamente abbiamo una conoscenza parziale dei fatti, ma possiamo certo dire che, se il medico obiettore di coscienza dell’ospedale Cannizzaro non si fosse adoperato per soccorrerla, quel medico sarebbe colpevole di omissione di cura, in quanto non si sarebbe trattato di interrompere una gravidanza ma di prestare un soccorso terapeutico. In tal caso, l’obiezione di coscienza non c’entra nulla: si trattava di un atto curativo, sottrarsi al quale era moralmente riprovevole, tanto più in situazione di grave emergenza.
venerdì 21 ottobre 2016
Abiezione di coscienza - parte 1
Per avere un'idea più corretta degli avvenimenti, da sempre mi piace leggere anche la versione della controparte. Può accadere, nel confronto di dover rivedere le proprie posizioni o viceversa, analizzando, di uscire rafforzati nelle proprie convinzioni. L'esercizio del confronto è sempre positivo, anche fosse solo per sé stessi.
Ovviamente, quando si affrontano temi come l'etica, la morale, la religione, le distanze sono spesso tali che il dialogo non esiste veramente. Non certamente con chi si trincea nella vanità di essere in qualche modo illuminato da una rivelazione. E' quindi, questo, il caso in cui, il ragionamento è più rivolto a me stesso che non ad altri.
L'argomento è ancora quello del recente caso di malasanità avvenuto in un ospedale catanese. Gli articoli di riferimento sono tratti da Avvenire (qui, e qui).
Iniziamo con il primo articolo di Giuseppe Anzani.
L'articolo comincia con una buona retorica sovvertendo gli avvenimenti in modo da poter poggiare tutto il ragionamento successivo su un terreno più consono. Ma mascherare la verità non è mai un buon metodo, a meno che non ci si rivolga a menti acritiche, che poi sono, ahimè, non solo la media del credente tipo, ma quello dell'italiano generico.
(...) la costruzione implicita di un teorema che ha messo emotivamente in corto circuito obiezione e morte (vedete cosa succede per colpa degli obiettori? si muore), e l’indignazione suggerita alla pubblica opinione, è una provocazione ingannevole.
No. Non è una provocazione ingannevole, ma una precisa accusa da parte dei familiari della vittima. Non è una differenza sottile: è un abisso. Tuttavia come annunciato, il mascheramento della realtà serve per difendere un ragionamento e infatti Anzani continua:
In ogni caso, chiarezza ci vuole e non confusione. I fatti, anzitutto. E le regole. I fatti sono al vaglio degli ispettori e sotto inchiesta della magistratura e ci attendiamo totale verifica. Ma già dall’interno dell’ospedale, del reparto, dalla voce dei protagonisti che hanno vissuto giorno per giorno e poi ora per ora la vicenda, dal direttore sanitario, dal primario, dalla cartella clinica, emergono dati specifici che escludono l’innesto e persino la pertinenza di una "obiezione" ai sensi della legge 194.
Già i fatti. Come già specificato nel precedente post sull'argomento, nessuno dei protagonisti citati (il primario, il direttore) era presente al momento dei tragici avvenimenti e non credo che l'eventuale obiezione di coscienza del medico accusato sia stata registrata in cartella clinica. I fatti innanzi tutto sono che la famiglia della vittima accusa un medico di aver rallentato le cure per non uccidere un feto, che questa scellerata decisione abbia portato poi alla morte dell'altro feto, quindi della madre dopo dodici ore di agonia. Il resto, quello citato dal giornalista non sono fatti, ma pareri. Continuiamo:
La legge 194 consente al personale sanitario e agli ausiliari di «non prender parte» alle procedure e agli interventi abortivi di cui essa si occupa, quando dichiarino obiezione di coscienza. Non si occupa, ovviamente, di aborti spontanei.
Anche qui nutro dubbi sulla bontà del ragionamento: cosa sarebbe un aborto spontaneo? Mi spiego: se il medico decide che di non intervenire sulla gravidanza a forte rischio, sperando magari nel miracolo di qualcuna delle settemila madonne disseminate nel pianeta cosa si configura, da un punto di vista logico: un mancato soccorso che ha provocato l'aborto o un'aborto spontaneo, ovvero sia qualcosa che sarebbe comunque accaduto?
Il pezzo continua come (in)degnamente iniziato:
Attaccare l’obiezione di coscienza come istituto, ingannando la prospettiva, oltre che fuor di luogo nel caso che stiamo trattando, è un controsenso in radice; la scelta fatta dalla legge ha uno spessore che oltrepassa il principio inviolabile della libertà, già sufficiente a fondarla, perché investe anche un orizzonte di valori sui quali si modella la fisionomia professionale e la tensione etica dell’uomo.
La scelta fatta dalla legge è molto più prosaicamente l'amaro frutto di una lobby, minoritaria ma molto potente e non avrebbe dovuto sorpassare alcun principio ( a maggior ragione se questo principio è dichiarato inviolabile), come quello della Vita e delle Libertà ad essa legata. Esse non possono essere messe in discussione dall'etica giusta o peggio, perversa, di qualcun altro. Non se le scelte ricadono sulla vita e sulle libertà di qualcun altro. Così per l'aborto, per l'eutanasia o per altri temi che dovrebbero essere scelte individuali. Altrimenti chiamiamo le cose per nome: non obiezione di coscienza ma abiezione.
Potrei, invero, accettare la chiusa dell'articolo se non fosse, l'ennesima cortina di fumo.
C’è nell'obiezione a partecipare all'aborto volontario e provocato la scelta di stare dalla parte della vita. Una scelta che di per se stessa sprona ogni tentativo terapeutico, quando la vita fosse minacciata (la vita della madre come la vita del figlio) dall'avvisaglia di un aborto spontaneo, che si annuncia come tragico scacco e dolore di una maternità infranta.Non è del tutto vero: a priori l'obiettore cerca sempre di salvare entrambe le vite anche quando il rischio di perderle entrambe si fa concreto. Non è una scelta dettata dalla ragione ma dal credo.
Salvare, salvare quanto si può, quanto si riesce, è l’unico protocollo della buona medicina. Poi può esistere anche la mala medicina, o la sventura, o la fatalità: la morte o la mala morte. Ma scaricare la mala morte sull'obiezione è malpensiero.Certo è lapalissiano che il medico, se verranno confermate le accuse rivolte dai familiari della vittima, si sia reso protagonista di un episodio di malasanità. Ma se questa è dovuta ad una scelta personale dettata da un'etica precisa, allora la colpa è anche di quell'etica: non è malpensiero, ma semplice constatazione dell'accaduto.
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giovedì 20 ottobre 2016
Se non c'è coscienza nell'obiezione
Il tema dell'obiezione di coscienza in campo medico è stato già affrontato più volte in questo blog. Sono andato a rileggere i miei pensieri e devo dire che sostanzialmente non ho cambiato idea, semmai vedere il ripetersi delle tragedie mi rattrista sempre di più. E' di qualche ora fa la notizia della sopravvenuta morte di una donna a seguito di complicazioni in gravidanza su cui, pare non sia stato fatto nulla, perché un "medico" obiettore si è rifiutato di intervenire per salvare i feti.
Ora, il "pare" è d'obbligo, come d'obbligo attendere che la magistratura faccia il suo corso per stabilire se quanto riportato dall'avvocato della famiglia della vittima è veritiero
"fino a che è vivo io non intervengo"
o come sostiene il primario
"Non esiste l'obiezione di coscienza in un aborto spontaneo, la signora prima ha abortito e poi è stata male. E nessuno dei miei medici ha mai pronunciato quelle parole. E' tutto falso"
sebbene queste parole avrebbero senso solo se pronunciate dal presunto obiettore e non dal suo responsabile gerarchico, mentre così appaiono più semplicemente un tentativo, peraltro stupido in quanto inutile, di pararsi il deretano. Anche perché l'accusa si basa sul fatto che il mancato intervento, che di fatto avrebbe causato l'aborto spontaneo sia di fatto quello che ha fatto precipitare gli eventi facendo salire a tre le vittime.
Anche il direttore dell'istituto prende le difese, aggiungendo però particolari inquietanti:
Io escludo che un medico possa aver detto quello che sostengono i familiari della povera ragazza morta, che non voleva operare perché obiettore di coscienza. Se così fosse, ma io lo escludo, sarebbe gravissimo, ripeto perché il caso era grave. Purtroppo nel caso di Valentina è intervenuta uno choc settico e in 12 ore la situazione è precipitata.Anche lui "esclude", lo ribadisce, ma su che basi? Fiducia, conoscenza reale degli eventi (direi di no, altrimenti non avrebbe posto condizioni), paura delle conseguenze?
Intanto però fornisce che dalla crisi al momento del decesso, l'agonia della donna è durata ben 12 ore!
Perchè?
Ovviamente la domanda rimarrà sospesa, sebbene chi mi sta leggendo abbia già inteso ove sono schierato. Per esperienza diretta e recente ho potuto notare come le cartelle cliniche e in genere i documenti ospedalieri siano redatti in modo superficiale, tanto che anche nella mia ho già potuto riscontrare errori grossolani, che ho dovuto poi spiegare ad altri medici per il passaggio di consegne.
Inoltre vige la regola meno scrivi (e meno dici) meglio è, mentre il paziente dovrebbe avere il pieno controllo dell'andamento delle cure, anche per il buon esito delle stesse. Un esempio: nella mia lettera di dimissione c'era scritto di proseguire la terapia con eparina ma non veniva specificata per quanti giorni! Ritornando sul tema, la procura afferma che quanto riferito dalla famiglia non sarebbe riportato nella cartella clinica; già ma il medico avrebbe trascritto del mancato intervento per motivi etici?
Rimane poi il problema del numero di obiettori.
Ricordo in un articolo che scrissi nel 2010 "Non c'è etica senza religione?" che l'allora presidente dell'Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici arrivava a dire, con l'insulso vittimismo di chi davanti ad un media nazionale riesce a sostenere di essere in qualche modo senza voce, che :
"ci sono stati giovani ginecologi che non sono stati assunti in strutture dove si praticava l'aborto per aver manifestato la loro identità cattolica, per via del problema dell'obiezione di coscienza".E non contento si augurava che ci si adoperasse per:
riservare metà dei posti disponibili a personale obiettore, e l'altra metà a chi non lo è, in modo da garantire il servizio e tutelare al contempo le posizioni di tuttiLa verità? Eccola:
Ora, ai "religiosi" che antepongono la propria morale alla vita (ed alla libertà) altrui, ergendosi giudici in terra (sebbene non si capisca bene, chi o cosa, li abbia insigniti di tale potere, visto che il loro testi, i loro padri, pastori e compagnia bella, hanno detto e fatto, nel tempo, il tutto e il suo contrario), mi verrebbe da chiedere quale sia la vera coscienza dietro l'obiezione? Preferiscono l'inferno in terra per altri, pur di salvarsi la loro candida "animuccia"? Perché a questo in fondo il tutto si riduce.
Non credo possa esistere squallore più inverecondo.
giovedì 27 febbraio 2014
Solo dio può
Quante volte, quante maledettissime volte, abbiamo sentito pronunciare questa menzogna?
Cosa può davvero un "entità", posto che lo sia, la cui esistenza è solo possibile credere, giacché non si ha evidenza alcuna se non attraverso testimonianze deliranti in libri sacri per lo più ricolmi di violenza?
giovedì 15 novembre 2012
Ricordatevi di Savita
Quando avrò ancora a che fare con coloro che sostengono che la vita di chi non è ancora nato vale di più di quello di una donna, risponderò semplicemente: "Savita".
Quando cercheranno di convincermi che l'aborto terapeutico è omicidio, risponderò semplicemente: "Savita".
Quando mi verranno a raccontare che l'etica cristiana è a favore della vita, sempre e comunque, risponderò loro con una sola parola: "Savita".
Quando mi diranno che la ragione e la scienza devono fermarsi dinnanzi all'applicazione del presunto volere di un presunto dio, il mio sdegno si condenserà in un unica parola, in un nome: " Savita"
Quando sentirò pontificare che ogni cosa positiva proviene dall'ascolto e dall'applicazione del volere di un dio, la mia voce si leverà con un grido "Savita!".
Perchè non esiste feto, donna, uomo, animale, che debba o possa essere ucciso o peggio, sacrificato nel nome di qualcosa la cui esistenza è sostenuta dal solo credere.
Non si può morire, in un ospedale, per la lucida follia di idioti che dovrebbero servire il sapere e si prostrano invece come vermi all'interpretazione di un pessimo libro di fantasia.
Savita Halappanavar era una donna di 31 anni incinta cui è stato negato l'aborto terapeutico per tentare di salvare il feto di 17 settimane nonostante la situazione fosse già degenerata. "Si sentiva ancora il battito", hanno sostenuto i medici, mentre la cervice uterina rimaneva aperta per due giorni, cosa . La donna ha così contratto un'infezione ed è morta di setticemia, dopo una dolorosa agonia.
Tutto questo, per la cronaca, è accaduto in Irlanda.
"Un Paese Cattolico"
PS : Consiglio di leggere anche l'approfondimento de Il Censore.
PPS: Ho letto molti commenti su vari giornali a difesa della chiesa cattolica. Questo mio post non è contro la Chiesa in quanto istituzione, quanto contro il sonno della ragione che genera certi mostri; sonno a mio parere indotto dalla scelta di anteporre valori derivati da interpretazioni di un vecchio libro su cui è scritto tutto e il suo contrario a valori assoluti, come la vita. In questo caso di una donna.
mercoledì 12 settembre 2012
Leve scorrette
Mi è stato chiesto di individuare il costo della posa in opera di ogni singolo pezzo d'arredamento in modo da stabilire un prezzo onnicomprensivo che poi doveva essere moltiplicato per in numero dei pezzi.
Chiaramente la posa in opera richiede tutta una preparazione logistica: recapito della merce, scarico, tiro al piano, movimentazione del personale, ecc.
martedì 4 settembre 2012
E' morto un uomo
La eco dei canti funebri dedicati al Vescovo emerito di Milano Cardinal Martini, si sono appena spenti.
I media si sono scatenati ognuno portando acqua al proprio mulino per accontentare la propria ideologia, le proprie tesi, spesso lecitamente, altre in modo intellettualmente disonesto. Persino la gente comune si è divisa sulla figura di quest'uomo, sintomo questo di una sua specifica grandezza: si sono divisi sulle sue opere, sulle sue parole e persino sulla sua morte, in particolare su quel rifiuto all'accanimento terapeutico che alcuni hanno visto in contrasto con l'etica cristiana, altri no.
lunedì 23 luglio 2012
I normali
Procurate di lasciare questo mondo un po' migliore di quanto non l'avete trovato e,
quando suonerà la vostra ora di morire,
potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo,
ma di aver fatto "del vostro meglio"
(Robert Baden-Powell fodatore dello Scoutismo)
L'umano arriva dove arriva l'amore;
non ha confini se non quelli che gli diamo
(Italo Calvino).
«Ha trionfato la parte più tradizionalista e legata ai valori della famiglia “normale”»
Questa affermazione è stata pronunciata da un anonimo genitore americano (fonte Secolo XIX), sottolineando con toni per l'appunto trionfalistici, l'esclusione degli omosessuali dai reparti degli Eagle Scout, o Boys Scout of America.
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mercoledì 18 luglio 2012
Libertà di imporre
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domenica 19 febbraio 2012
Relativismo: un bene o un male?
Molto spesso nel discutere con persone aderenti ad un credo (per lo più cattolici, ma d'altra parte siamo in Italia), la lotta al relativismo pare divenire una (delle tante, sia chiaro) giustificazione all'esistenza stessa della religione, intesa come ente conservatore o addirittura detentore di morale ed etica, cui la comunità a sua volta deve aderire per essere tale.
giovedì 2 febbraio 2012
Benedetta omeopatia
In linea di massima, non ci sarebbe nulla di cui stupirsi: sia l'una che l'altra vivono della fede dei propri seguaci ed entrambe non sortiscono effetti mirabolanti (basterebbero anche quelli normali per il vero) che vadano al di là di quello che comunemente viene indicato come effetto placebo.
martedì 17 gennaio 2012
Saliamo a bordo (cazzo)
O Captain! My Captain! our fearful trip is done;
The ship has weather'd every rack, the prize we sought is won;
The port is near, the bells I hear, the people all exulting,
While follow eyes the steady keel, the vessel grim and daring
But O heart! heart! heart!
O the bleeding drops of red,
Where on the deck my Captain lies,
Fallen cold and dead.
Sono certo, già nel digitare le prime lettere di questo scritto, che finirò inevitabilmente per essere retorico. Ebbene poco importa: a volte la retorica è necessaria, soprattutto se vi sono in essa contenuti e se non assume, la retorica, la valenza di sinonimo di vacuità.
sabato 22 ottobre 2011
Sic transit gloria mundi? - parte 2
let him not vow to walk in the dark,
who has not seen the nightfall
Gioire della morte altrui: comprensibile? Giustificabile?
La risposta non può non essere che "dipende".
Facendo i moralisti, ovvero innalzandoci ad un livello ideale e quindi non prettamente umano, bisognerebbe affermare che no, non può essere comprensibile né giustificabile. Ma le situazioni ideali non si confanno alle cose terrene e quindi, già per questo, la gioia per la morte di un nemico, soprattutto se privo di onore, non può che essere comprensibile.
La giustificabilità invece, è tutta da considerare.
giovedì 8 settembre 2011
In buona fede
Già, però si può ragionare e, nel farlo, ci si può accorgere che a volte concedere la buona fede a qualcuno significa implicitamente appiccicargli un'etichetta negativa: stupido o ingenuo o incompetente, e via dicendo.
A volte è persino preferibile pensare che uno dica o faccia cose in mala fede, almeno ci si può consolare di aver trovato una giustificazione razionale ad errori e malefatte.
Un lungo preambolo (come mio solito), per introdurre un ragionamento partito da un articolo scoperto casualmente dopo aver visitato il sito di Io Amo l'Italia (immagine di apertura).
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