Mi riallaccio a quanto detto nel post precedente circa le percentuali di cristiani dichiarati e relativa qualità.
Molto spesso, infatti, leggo o sento di persone che si dichiarano appartenere ad una religione, sebbene poi siano in disaccordo con la dottrina della stessa o addirittura con i dogmi assumendo posizioni rispetto alla religione stessa, prossimi all'eresia o eretici del tutto.
Alla domanda "perché allora ti ritieni appartenente a quella specifica religione?" si ottengono risposte di vario genere.
Nel caso, più comune, del "cattolico per caso" (parlo di cristiani e cattolici perché ovviamente sono in Italia i più numerosi), esso spesso si giustifica dicendo di rifarsi insegnamenti del Cristo, in genere accuratamente selezionati dai ricordi in modo che non entrino in contrasto con la propria sensibilità. Ovviamente la Chiesa che di tali insegnamenti detiene l'esclusività interpretativa, da poco meno di un secolo in modo dogmatico (quindi il cattolico deve credere che l'interpretazione della chiesa sia vera o diviene eretico), viene tenuta in considerazione con lo stesso metro di giudizio, cioè accettando in essa quanto di buono e giustificando come "umani" gli errori (e gli orrori) da essa compiuti, quasi che il buono (es: carità) sia esclusivamente divino, mentre il cattivo (es:omofobia, misoginia) sia solo umano.
La cosa a me inconcepibile (personale incapacità, beninteso), è come questo bisogno di religiosità possa accettare una forma di fede annacquata, quasi fatta su misura mediando tra la sensibilità dell'individuo e il tempo che esso può o è disposto a dedicargli.
Ci sono i cristiani veri, quelli che onorano il proprio credo con vera abnegazione, ligi ai comandamenti e attenti alle virtù.
Ma ci sono poi i cristiani della domenica, quelli che vanno a regolarmente messa, che fanno regolarmente la comunione dopo aver regolarmente confessato la stessa tipologia di peccati delle settimane precedenti, pentendosi regolarmente e facendo ammenda con le regolarissime dieci Ave Maria... e vivendo la propria vita da cristiano con la stessa intensa vitalità della nenia "mantrica" del rosario.
Ci sono i cristiani delle feste comandate, quelli che guai a mancare a Natale e (un po' meno, chissà perché...) a Pasqua e che a sposarsi vanno in Chiesa.
Ci sono quelli che non vanno mai, ma in fondo Cristiani sono.
O quelli che indipendentemente dal modo in cui vivono la loro cristianità dissentono dalla Chiesa sotto molti aspetti o temi (anticoncezionali, aborto, divorzio), arrivando a sostenere che nessuna Religione ha la Verità, ma che, tra le tante, quella cristiana è senza dubbio la migliore. Chissà se lo dicono per auto giustificarsi oppure davvero credono che una Religione rivelata, qual è tra l'altro quella cristiana, non abbia la Verità vera per dogma.
E lo sono tutti, beninteso, cristiani, senza sapere che magari sono più protestanti che cattolici.
Cristianesimo o Paganesimo? |
A quel punto tanto varrebbe crearsi una religione personale o, meglio, ammettere di essersene già creata una ad hoc e tanti saluti.
Quale remora, dunque, rende pigri al punto da illudere l'individuo della convenienza di sentirsi parte di una comunità spirituale nella quale egli di fatto non vive, se non addirittura esplicitamente contesta dottrine e persino dogmi?
Quale remora, dunque, rende pigri al punto da illudere l'individuo della convenienza di sentirsi parte di una comunità spirituale nella quale egli di fatto non vive, se non addirittura esplicitamente contesta dottrine e persino dogmi?
La realtà è che molti che si dichiarano, nel caso specifico, cristiani o cattolici, lo fanno per forza di inerzia o se vogliamo vederla da un'altra angolazione, per pigrizia.
Di fatto la nostra società ha una forte matrice cristiana: la maggioranza nasce da genitori cristiani, viene battezzato, comunicato, cresimato prima ancora di essere formalmente in grado di intendere e volere (certamente i primi due sacramenti sono dati prima che le capacità critiche dell'individuo siano formate). A scuola studia religione (infarinatura scadente su tutto ciò che c'è al mondo e poi solo cristianesimo), all'oratorio catechismo.
Poi si sposa in Chiesa, spesso per divorziare dinnanzi ad un tribunale qualche anno dopo; tribunale che , per inciso, quasi mai si chiama "Tribunale della Rota Romana" (Sacra Rota, in gergo).
Il Cristianesimo poi, fornisce ottimi spunti od insegnamenti (amatevi l'un l'altro ecc.) e fa nulla se Cristo dichiara che non è venuto a cambiare una benedetta "iota" della legge dei patriarchi.
In sostanza, per quale motivo rinunciare ad un'etichetta identificativa specie se in fondo, o talvolta, ci si sente pervadere da un bisogno spirituale? Vale davvero abbandonare la vecchia via e cercarne una nuova?
Domande retoriche a cui io rispondo con altrettante domande: cosa costringe ad abbracciare una fede solo perché si ritengono giusti gli insegnamenti? Non è riduttivo?
Se infatti decidessimo che i buoni insegnamenti del Cristo fossero semplicemente gli insegnamenti di un grande pensatore, perderebbero questi di ogni valore e significato?
La Religione è certamente qualcosa di più complesso di un mero insegnamento perché non può essere tale se non vi è abbandono: una fiducia incondizionata che quella proposta è la Verità.
Una verità che va accettata non accertata.
Soprattutto una verità che deve essere accettata in toto per essere tale.
Altrimenti, benché la discussione sia permessa almeno laddove non è chiara la tradizione, si è eretici.
Non si può seriamente ritenersi "religiosi per caso".
PS: Questo post, come del resto tutti gli altri, salvo dove ci siano specifiche, non è rivolto a nessuno in particolare, ma sono pensieri e riflessioni che si basano sulla osservazione di fenomeni e comportamenti sociali. All'autore, che non teme di farlo, è molto chiaro che per giudicare il singolo individuo bisogna prima conoscerlo a fondo.
Domande retoriche a cui io rispondo con altrettante domande: cosa costringe ad abbracciare una fede solo perché si ritengono giusti gli insegnamenti? Non è riduttivo?
Se infatti decidessimo che i buoni insegnamenti del Cristo fossero semplicemente gli insegnamenti di un grande pensatore, perderebbero questi di ogni valore e significato?
La Religione è certamente qualcosa di più complesso di un mero insegnamento perché non può essere tale se non vi è abbandono: una fiducia incondizionata che quella proposta è la Verità.
Una verità che va accettata non accertata.
Soprattutto una verità che deve essere accettata in toto per essere tale.
Altrimenti, benché la discussione sia permessa almeno laddove non è chiara la tradizione, si è eretici.
Non si può seriamente ritenersi "religiosi per caso".
PS: Questo post, come del resto tutti gli altri, salvo dove ci siano specifiche, non è rivolto a nessuno in particolare, ma sono pensieri e riflessioni che si basano sulla osservazione di fenomeni e comportamenti sociali. All'autore, che non teme di farlo, è molto chiaro che per giudicare il singolo individuo bisogna prima conoscerlo a fondo.
3 commenti:
non era Ghandi che diceva che ci sono tante religioni quante gli uomini? a parte ciò, io credo che alla base di tutto ci siano l'ipocrisia e anche una certa dose di pigrizia mentale. sapessi quanto ne ho conosciuti io che sottopongono i figli ai sacramenti solo per consuetudine, aggiungerei, per non essere guardato male dai parenti e dai conoscenti. a vivere consapevolmente ci vuole un gran coraggio. buona giornata!
ti prego di scusare il mio errore: ho scritto Ghandi invece di Gandhi e, ovviamente, me ne sono accorta solo dopo aver inviato il commento. dev'essere Dio che mi punisce.
Figurati Carolina, di errori ne commetto a bizzeffe e se non fosse per il mio collaboratore GiPi che corregge la mia "digitoslessia" (come la chiamo io) sarei rovinato! ;)
Dovrebbero inserire la possibilità di correggere i propri commenti!
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