E' decisamente difficile fare ragionamenti su ciò che è accaduto e accade nell'economia senza correre il rischio di scadere nel complottismo, quindi è bene subito mettere in chiaro che la mia comprensione dell'argomento è piuttosto vaga: non sono un esperto.
In realtà, la sfrontatezza nel trattare un argomento le cui dinamiche mi risultano fumose, deriva dalla consapevolezza che nemmeno analisti ed economisti di fama ci capiscono granché (a parte le chiacchiere, non vedo soluzioni che funzionano, ma molto di quel che si dice " senno del poi") e, non di meno, dal pudore che non mi permette di sentenziare soluzioni ma semplicemente di porre e ragionare su quesiti.
Vi sono parecchie cose che non mi convincono.
Ad esempio le banche.
Sono anni che ci dicono che le banche, almeno quelle italiane, sono sane: poco indebitate con derivati americani, poco esposte con economie più traballanti delle nostre ecc, ecc. Eppure chissà perché, la tutela delle stesse da parte dei governi è tale da non poter non risultare sospetta. In verità, già il continuare ad insistere sulle rassicurazioni è , permettetemi, poco rassicurante. Ma i governi non si sono limitati a ciò, ma hanno permesso alle banche di poter, ad esempio, gestire i contratti con i risparmiatori in modo unilaterale, riducendo o addirittura annullando il rischio d'impresa. Il conto costa troppo alla banca? Un bel avviso dell'istituto che le condizioni del conto cambiano: prendere o lasciare. Sempre che uno sia in grado di leggere rendiconti talmente dettagliati da risultare per lo più incomprensibili. Un po' come i nostri codici.
E poi aiuti, di ogni genere, al limite del consentito, diretti e indiretti. Sempre senza scordarsi di ribadire la solidità dei nostri istituti, anche quando nel giro di pochi mesi una ricapitalizzazione (fatta ovviamente perché l'istituto è solidissimo) viene completamente divorata dai continui crolli delle azioni.
Anche, le borse del resto, mi convincono poco.
Forse sono un sempliciotto nel credere che la ricchezza si basi sul lavoro e quindi sulla produzione. Oggi, la ricchezza si basa su enormi giri di carte e su scommesse che avrebbero più ragione di essere trattate in una sala giochi che non in borsa. Cosa sono di fatto i futures se non scommesse? Probabilmente ho appena detto una castroneria, ma decidere l'acquisto di dato bene stabilendo oggi il prezzo che potrebbe avere nel dato futuro a me pare tanto una scommessa. Non è neppure detto che il bene per cui uno si impegna sarà disponibile. E poi di fatto nella maggior parte dei casi non sia aspetta neppure il termine: sono strumenti speculativi a causa dei quali, per esempio, il petrolio sale o scende oggi perché qualcuno ha deciso che salirà o scenderà in un futuro prossimo.
Uno strumento che appieda me oggi perché un altro comprerà carburante domani, o peggio affama qualcuno oggi perché qualcuno si è già accaparrato una certa quantità di cibo nel futuro.
Insomma: oggi non si presta denaro, acquistando azioni di una società perché si crede nel prodotto che questa immetterà sul mercato, ma sulle sensazioni (spesso pilotate) che lo spostare capitali di qui o di li incrementerà gli stessi.
Altra cosa che mi convince poco è il mito dell'evasione fiscale.
Il messaggio che passa è che il debito sia causato dall'evasione. La mia sensazione è che ciò sia una favola messa in giro dai nostri amministratori. In sede di bilancio preventivo i nostri amministratori determinano i fabbisogni e quello è la cifra che andranno a chiedere ai cittadini. Ovviamente solo i cittadini che pagano le tasse contribuiscono, ma se dovessero accorgersi di ammanchi gli amministratori non farebbero altro che chiedere la differenza. In altre parole, se lo stato ha bisogno 100, quello è quanto andrà a chiedere e non importa se a pagare saranno in 10 in 50 o in 1000. Ciò che cambia è la quantità di denaro che verrà chiesto ai cittadini che contribuiscono. Il problema italiano è che calcolato come fabbisogno 100, i nostri amministratori hanno speso 110, 120 o 200. L'ulteriore problema è che oltre ad aver speso troppo hanno anche speso male (o rubato molto). Infatti le nostre infrastrutture oltre ad essere state pagate a prezzi improponibili sono totalmente inefficienti. Lasciando perdere gli sprechi di opere pagate ma mai iniziate, basti pensare l'alta velocità che anche in zone pianeggianti a toccato costi superiori di quelle francesi del 200% e più. In sostanza è vero che l'evasione è una bruttissima cosa e che bisogna fare di tutto per debellarla o per lo meno circoscriverla, tuttavia essa non è causa del debito, bensì è solo la fonte primaria di vessazione del contribuente nonché causa della scarsa concorrenzialità delle industrie italiane.
Il "mito" del posto fisso.
Su questo argomento devo dire che il Governo Monti sta assumendo comportamenti clowneschi (non voglio essere più offensivo). Ora è ovvio che oggi il posto fisso è assai difficile da trovare, forse anche a causa dell'interpretazione criminale che i Governi precedenti dettero del lavoro di Biagi (il giuslavorista assassinato dalle BR). Tuttavia esso non può essere considerato un mito, tutt'altro: esso è e deve essere un fine per tutti coloro, la maggior parte delle persone, che abbisognano di stabilità. E' ovvio che un manager cerchi stimoli cambiando azienda di tanto in tanto. Un po' meno ovvio che un, facciamo un esempio, addetto all'imballaggio, desideri rimanere in una situazione di precarietà. Il primo ha titoli di studio, probabilmente talento, di certo uno stipendio tale da poter sostenere un periodo di inattività. Il secondo probabilmente non ha specializzazioni tali da potergli far pensare ad un miglioramento della propria condizione né un salario tale da poter resistere ad un periodo di inattività. Applicare lo stesso metodo per due realtà differenti è pura dabbenaggine. Oltretutto le cose da ribattere sono parecchie: innanzitutto nessuna banca offre prestiti a chi non ha un posto fisso, né tanto meno a imprese aperte con capitali sociali di 1 €; non ne hanno per aziende che sono sul mercato da tempo e spesso nemmeno per giovani con posto fisso che vogliono impegnarsi nell'acquisto di una casa, figuriamoci per i precari. Inoltre se, come dicono, il mondo va in quella direzione, va anche sottolineato che esso procede anche su una strada tutt'altro che virtuosa, secondo la quale, stranamente, gli stipendi dei manager sono aumentati in maniera esponenziale a differenza di quelli dei sottoposti. In Inghilterra, ad esempio, si parla di incrementi negli ultimi 30 anni di quasi il 5000% contro il 300% dei sottoposti, con differenziali che vedevano lo stipendio del Amministratore pari a 14.5 volte quello dello stipendio medio saliti fino a 75 volte lo stesso valore.
In sostanza il mondo va verso la precarietà delle fasce più deboli a favore della ricchezza delle fasce più alte.
Una situazione che stenta a reggere e che probabilmente non reggerà senza opportuni correttivi, a lungo.
Infine l'Europa.
E' assai difficile pensare che le economie dei singoli stati europei possano reggere da sole di fronte alle maree della globalizzazione. Tuttavia l'idea dell'agglomerato economico ha svelato tutti i suoi limiti. Senza una confederazione con un potere centrale forte, l'Unione rimane in balia degli eventi, giacché oltre ciò che si verifica nello scacchiere mondiale deve affrontare casistiche interne di tutt'altro che facile soluzione.
Basti pensare al caso Grecia: la Germania ha detto e fatto tutto ciò che era a lei comodo, nei tempi che le erano comodi. Non è intervenuta un anno fa perché i dirigenti tedeschi erano in ballo con le elezioni, e tale non interventismo ha permesso che la situazione greca degenerasse. Intendiamoci, la Grecia è dove è a causa dei suoi amministratori, corrotti tanto se non più dei nostri. tuttavia le recenti esternazioni della cancelliera pro Grecia risultano tardive e anche poco serie: se la Grecia e causa dei suoi mali i 1000 miliardi di euro bruciati dalle borse dall'apertura formale della crisi ellenica sono imputabili ai tentennamenti del duo franco tedesco.
Ma al di là dei miliardi bruciati, c'è un intero popolo tradito due volte, dai propri politici e dai politici di paesi "amici", che delle rassicurazioni, dell'andamento delle borse, degli spread, dei denari dei manager e finanche delle banali elucubrazioni, come queste mie, non se ne fa più nulla.
Ridotto sul lastrico e umiliato si appresta a meditare di mettere in gioco l'unica cosa che gli rimane: il numero
Speriamo che non si giunga a tanto.
Ridotto sul lastrico e umiliato si appresta a meditare di mettere in gioco l'unica cosa che gli rimane: il numero
Speriamo che non si giunga a tanto.
2 commenti:
Posso andare un po' per gradi?
Comincio colle banche: innanzitutto anche per i derivati americani si dovrebbe parlare di esposizione e non di indebitamento (il problema sarebbe, per l'appunto, aver comprato troppi titoli di debitori a rischio, e non il contrario, ovvero aver avuto prestiti da creditori a rischio).
Quanto alle condizioni bancarie "unilaterali" una volta era peggio: se le le banche decidevano di migliorarsele, erano immediatamente efficaci. In caso contrario, il cliente doveva contrattarle di volta in volta.
La normativa è poi cambiata imponendo alle banche di comunicare preventivamente ogni modifica che deve essere confermata con una sorta di "tacito assenso del cliente".
Certo, se prima ci si lamenta perché le banche non comunicano e quando lo fanno (perché obbligate) ci si lamenta ancora perché sono troppo dettagliate nei loro prospetti, allora qualsiasi cosa si faccia sarà sempre sbagliata.
Il discorso della possibilità di variare il contratto in modo unilaterale lo ritengo un anomalia indipendentemente dall'obbligo di comunicazione ( anzi, già che ci siamo dovrei aggiungere alle cose che non mi convincono il rinnovo per tacito assenso!)
Le mie sono comunque opinioni, beninteso; alla peggio dubbi. Come detto ad inizio articolo mi ritengo piuttosto ignorante in materia, e se in genere ogni opinione può essere opinabile, mi rendo conto che le mie possano, da ignorante sfiorare (e spero non sfociare) nel ridicolo.
Grazie per la specifica sui derivati, in effetti è decisamente più corretto il termine "esposizione".
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