Lo spettacolo in questione “ Videogioco ma non troppo” tratta
con un linguaggio semplice e spassoso il tema del divertimento dei bambini,
oggi assai diverso da quello che la mia generazione, che pur ha vissuto la transizione tra il gioco classico dei nostri padri e quello elettronico (seppur a livello
embrionale), ha potuto vivere.
Inizialmente, i protagonisti sono due discoli che amano
prendersi in giro; l’ambientazione è la scuola primaria dove una maestra abbastanza
stereotipata (e per questo divertente) introduce una lezione sulla storia del
gioco. Ma i bimbi non vedono l’ora di andare a giocare con la console e da qui parte il racconto della storia di un ragazzino così innamorato di un videogioco, “Super
Nando” , da rimanere intrappolato nella realtà virtuale.
Per il ragazzino l’esperienza di vedere i propri eroi nel “dietro
le quinte”, ovvero nel mentre il gioco è fermo, è traumatizzante, ma in
positivo.
Per far divertire i propri eroi, annoiati nel dover ripetere all'infinito le stesse gesta, insegna loro dei giochi "classici" da fare tutti insieme, fino a riscoprire che il vero divertimento è condividere la propria gioia con gli amici.
Per far divertire i propri eroi, annoiati nel dover ripetere all'infinito le stesse gesta, insegna loro dei giochi "classici" da fare tutti insieme, fino a riscoprire che il vero divertimento è condividere la propria gioia con gli amici.
Come al solito, i ragazzi della LIFra hanno saputo centrare l’obiettivo di
parlare ai piccoli e donare loro
un prezioso insegnamento, soprattutto grazie alle buffe maschere dei
personaggi, interpretati oltre che con indubbia maestria anche con la dovuta leggerezza e la simpatia.
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