Ad Expando
Visualizzazione post con etichetta Filosofia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Filosofia. Mostra tutti i post

domenica 19 febbraio 2017

Oltre


"Alcuni sostengono che la morte sia davvero il termine di ogni cosa: nessun dopo, nessun dove. Altri che sia la porta per un'altra esistenza, per una vita eterna in altri luoghi, con altre regole. C'è chi sostiene sia una parentesi, tra un incarnazione e l'altra, un lungo viaggio verso uno stato di esistenza superiore, o verso il nulla. Ma che sia la fine, l'inizio o una parentesi poco importa: la morte ha sempre avuto un'importanza notevole per l'uomo: in fondo è l'ultimo atto della sua esistenza terrena.
La morte, per quanto mi riguarda è invece semplicemente un dono o, eventualmente, una fortuna.
Nella vita ci sono pochissime certezze, di tutte la più certa è sicuramente la morte. Non cambia in realtà che essa sia un punto o una virgola, perché, al di là del credo di ognuno di noi, essa è e riamane la fine dell'esistenza dell'essere, così per come è stato conosciuto"
Sono parole mie di circa 7 anni fa, di un post titolato "Morte".
Non ho cambiato idea in merito.
Ritengo ancora la morte un dono (anche se oggi preferisco il termine "fortuna" giacché il "dono" presuppone un donatore) per gli stessi motivi che individuai allora, sebbene ora che il Tristo Mietitore si avvicina, ne percepisco del dono, anche l'amaro sapore.

In passato sono stato religioso, più per educazione che per scelta.

Hieronymus Bosch  - La nave dei Folli

Come più volte sottolineato, ho trovato l'insegnamento dato dalla religione contraddittorio: in particolare, sulla morte, per rimanere in tema, da un lato ci è stato insegnato che rappresenta l'ultimo passo prima del ricongiungimento con il divino, quindi fonte di gioia, dall'altra viene rappresentata spesso come una punizione (vedasi tre quarti dell'antico testamento, l'Apocalisse e le numerose e spaventose rappresentazioni sui libri di pietra che sono le cattedrali), lasciandoci dinnanzi ad essa in balia della paura.

Poi, forse anche per questo, si potrebbe dire che persi la fede. 
Sempre che ne abbia davvero avuta almeno un po'.
Persino ora io stesso fatico a capire se sono ateo od agnostico.
Da un lato ritengo impossibile l'esistenza di qualunque divinità proposta dall'uomo: in ogni religione riconosco fin troppo bene i difetti del genere umano, tanto che è trovo fin troppo semplice dimostrare quanto sia stato l'uomo ad aver creato dio a sua immagine e somiglianza e ridicolo il viceversa.
Dall'altro, la totale negazione del divino non mi convince del tutto, sebbene non saprei definire cosa possa mai essere un dio, né definirne gli attributi (Perché mai dovrebbe essere eterno, onnisciente, onnipotente? Perché non potrebbe essere morto o trasformato o crescere in conoscenza attraverso errori come facciamo noi, od ancora, avere poteri limitati? Perché deve essere uno? Perché anziché ritornare a lui, non sia lui a dovere/potere ritornare attraverso di noi? Perché dovrebbe tornare?).
Domande senza risposte: in fondo, è dalla notte dei tempi che dio è semplicemente ciò che non riusciamo a comprendere.
In fondo, il divino lo abbiamo cercato "oltre" mentre forse, dico forse, dovremo cercarlo in noi stessi.

venerdì 13 luglio 2012

Scommettendo con Pascal



Nulla di tanto assurdo può essere detto
che non venga sostenuto da qualche filosofo.

(Marco Tullio Cicerone - De Divinatione)


Conviene davvero credere in Dio?
Pascal giunse alla conclusione che, sì, conviene crederci.
Il perché è presto detto:
  1. se esiste e non ci credi non ottieni la salvezza
  2. se esiste e ci credi sei salvo
  3. se non esiste e non ci credi non cambia nulla
  4. se non esiste e ci credi non ci hai perso niente
Dalle superficiali ricerche effettuate, la cosiddetta scommessa di Pascal fu, a suo tempo, fortemente criticata, additata come utilitaristica o come apologetica del cristianesimo (Pascal era credente) e fu, come tutto ciò che divide,  altrettanto fortemente difesa.

venerdì 17 settembre 2010

La strana Storia di Benedetto XVI

I Flagellanti del Venerdì Santo - Goya


Alla fine del Post "Ipocrisie Religiose" accennavo come, a mio avviso, il principale cruccio della Chiesa Cattolica non fosse un eventuale e probabilmente circoscrivibile islamizzazione dell'Europa, quanto l'incedere inarrestabile della secolarizzazione. 
Immagino che nei Sacri Palazzi venga perfettamente percepita la differenza che passa tra il definirsi appartenente ad una religione e il far parte di una comunità vera, in altre parole tra il potenziale e relativo  valore, e la realtà vissuta.
In effetti, sebbene ciò abbia un peso non irrilevante, non è ben chiaro quando il dichiararsi cristiano significhi conoscere, condividere e vivere il Cristianesimo e quando sia semplicemente un tentativo di distinguo nei confronti di qualcos'altro.

domenica 5 settembre 2010

Identità di popolo e Religione


Nei versi del Manzoni l'identità di un Popolo confluisce in un'immagine piuttosto chiara:
Una d’arme, di lingua, d’altare,
Di memorie, di sangue e di cor
(Marzo 1821)
Pur apprezzando il genio Manzoniano da un punto di vista strettamente letterario, non posso che contestare questa visione, una delle tante "sante" del casto poeta che l'Italia adora. La visione di Manzoni è, infatti, decisamente chiusa quanto la mentalità che l'ha prodotta o, se vogliamo essere benevoli, figlia di un tempo ormai trapassato.
Oggi l'identità di un popolo non si può più sintetizzare in un unità di sangue (stirpe), di memorie (tradizioni), di lingua e di altare (religione).
Prendiamo il popolo Italiano.
Non può più esserci unità di sangue perché la società multietnica che va via, via, formandosi, lo nega di fatto; inoltre se vogliamo proprio dirla tutta, cercare una stirpe comune nei popoli italici è quantomeno un'impresa titanica quanto inutile: persino la presunta latinità è discutibile essendo stata Roma, ai tempi, un grande impero multietnico e prima di lei, la penisola italica, un crogiolo di popoli con culture e tradizioni diverse (Liguri, Veneti, Piceni, Galli ecc).

mercoledì 14 luglio 2010

Il celibato ci distingue dagli animali (sic!)

 
"Il sesso rende gli uomini uguali a tutti gli altri animali. Io sono un uomo che sostiene dei determinati principi morali. Il celibato è qualcosa che mi distingue nettamente dagli altri animali"
A dirlo non è qualche squinternato vescovo emerito, ma il Dalai Lama. Nutro una certa simpatia per quell'uomo pacifico, capo di un popolo sottomesso dall'arroganza di un governo straniero. Tuttavia non posso non ragionare su un'affermazione che reputo totalmente assurda. Ovvio, il mio è un punto di vista, non ho la pretesa che hanno i leader religiosi di avere la verità rivelata, quella per intenderci con la "V" maiuscola; non mi esimo però dal ragionarci sopra e cercare di analizzare la questione, per così dire, a modo mio.
La prima affermazione è a mio avviso una banalità, non nel senso che è errata, tutt'altro, ma proprio nel significato che il Dalai Lama sembra voler dare alla parola "animale", ovvero "essere inferiore" nonché in sé stessa. Innanzitutto, perché l'uomo è un animale e come tutti gli esseri viventi, animali compresi, istintivamente è portato all'autoconservazione e alla riproduzione. Quest'ultima funzione necessita, per le specie animali, di opportuni comportamenti che possono ricondursi al sostantivo "sesso". In altre parole, fare sesso è stato per lungo tempo l'unico modo per riprodursi e, al di là delle scoperte della medicina,

giovedì 24 giugno 2010

Ufficio Deliri


Tratto dal cassetto "Pensieri Disordinati"

"Penso che l'archiviazione sia un lavoro da donne o, al limite, da misantropi.
Le prime per l'infinita pazienza e per l'abnegazione eroica con la quale (ci) sopportano.
I secondi perché un uomo deve davvero odiare i suoi simili per preferire l'ordine alla compagnia".

giovedì 11 febbraio 2010

Etica: un'esclusiva religiosa?

A sentire un fedele qualsiasi, il bene e il male sono concetti ispirati dalla divinità all'uomo, motivo per cui solo l'abbandono dell'uomo ai dettami di Dio può garantire un etica corretta.
Al di là del fatto che per le religioni del libro i concetti di bene e male, originati dalla divinità, sono passati all'uomo  grazie all' "Avversario" e non per volontà o ispirazione divina.
Per assurdo, nello stato di grazia, allorché l'Uomo non aveva idea del bene e del male, alcuni suoi comportamenti non erano comunque "etici" tanto che, ad esempio essi vagavano per l'Eden completamente ignudi. Se Dio aveva chiaro che girare ignudi era male, perché mai lo permetteva ai progenitori del genere umano prima che essi ne avessero consapevolezza? 
La realtà è che i concetti di Bene e Male esulano dalla religione, la quale, al più, se ne fa interprete, anche se fa di tutto per passare da autrice.

martedì 17 novembre 2009

Laddove la Ragione fallisce - Parte sesta



La Verità. Di tutti questo è l'argomento più difficile da affrontare, per il semplice motivo che la religione pretende di averla in esclusiva; anzi, il fondamento stesso su cui si basa è dovuto al fatto di aver ricevuto, in qualche modo, in genere tramite rivelazione divina, la Verità.
La Verità, almeno quella riguardante l'etica e la morale, dovrebbe essere una cosa certa, facile da capire, inequivocabile. 
Mi perdonino i cristiani, se ancora prendo ad esempio la loro religione, ma essendo stato cristiano è quella che conosco meglio. GESU' CRISTO DISCORSO MONTAGNA
Ora, se leggiamo le parole del Cristo riportate nei Vangeli,  ci si accorge che egli amava rivolgersi agli apostoli e in genere alle genti,  tramite parabole, per venire incontro alla semplicità dell'uditorio. Predicò la sobrietà di linguaggio, promosse la schiettezza del sì e del no, in altri termini, la chiarezza.
La cosa incredibile è che sono quasi duemila anni che la Chiesa va interpretando quelle parole e man mano le complica, le revisiona, toglie e aggiunge. E' evidente che le motivazioni di tali politica sono dovute in parte alla ricerca di un adattamento della parola divina al momento storico contingente, ma anche e soprattutto, per mantenere il controllo, proclamandosi come unica interprete possibile, e di conseguenza unica fonte di verità.
Fatto sta che, ad un analisi storica, questa verità non convince.
Non solo non convince per la presunta parola di Dio, riportata nei sacri testi, contraddittoria in moltissime sue parti (e già questa basterebbe), ma anche per l'applicazione che ne è stata fatta proprio da coloro che si arrogano l'esclusività dell'interpretazione. verita
Molto spesso mi sono sentito rispondere che il messaggio Cristiano non deve essere confuso o addirittura identificato con la Chiesa e i suoi dettami. "La Chiesa è fatta di Uomini" si dice, facendo intendere che essendo gli uomini fallaci, lo sono anche gli uomini di Chiesa. Quando non parlano di religione, beninteso.
I concetto tuttavia non regge.
In primo luogo perché al pari di una qualsiasi ideologia, anche il messaggio cristiano è utopia. L'idea è perfetta e tale rimane fin tanto che non diviene applicazione; ne consegue che, per giudicarne il merito si debba verificarne l'impatto, l'applicazione per l'appunto. Altrimenti, anche il Marxismo espresse il suo bel messaggio. Fu la sua applicazione a svelarne la reale valenza.
Le ideologie politiche sono state le prime a cadere perché non contemplarono che l'educazione delle masse non sarebbe riuscita ad appiattire l'uomo ad un unico pensiero.
In tal caso la strada intrapresa dalle Religioni è più lungo e subdolo, in quanto non solo mira ad incanalare il Pensiero, sottomettendolo ad un unica visione, ma si propone anche come mezzo di redenzione agli immancabili errori che l'uomo commetterà.
Non basta: ritorniamo per un attimo alle contraddizioni insite nella religione e facciamo un esempio: ama il prossimo tuo come te stesso. art242_ntcdmjutxdacqypbw
Il significato è chiaro, non suscettibile ad alcuna elucubrazione successiva. E' applicabile? Sarebbe auspicabile ma, in definitiva, rimane una delle tante bellissime utopie partorite dalla mente umana. Forse un singolo, magari pervaso di santità o comunque dedito ad un cammino spirituale (che poco ha a che vedere con la religione e la sua cultura), oppure un uomo chiunque ma per singoli casi, può far suo ed applicare questo altissimo concetto, considerato il primo comandamento dei Cristiani.
I quali, beninteso, si adoperarono e non poco, potremmo dire si impegnarono, a stravolgerlo.
Ribadisco l'impegno perché a giustificazione dei bisogni del momento si arrivò a proporre carte false, giustificare eccidi di massa o a farli propri, se non addirittura a proporli.
Ora potrei capire se il fatto fosse un caso isolato nella Storia, ma poiché tali comportamenti sono sistematici, diviene lecito dedurre che o  l'Uomo è di per sé una creatura non in grado di controllare i propri istinti violenti  con o senza religione, o è la religione la causa dei mali che costellano la Storia: forse che voler volare troppo alto si finisce spesso per bruciarsi le ali e cadere. la-caduta-di-icaro-jacob-peter-gowy-1636-7
Comunque la si pensi, la religione, i suoi insegnamenti e i suoi principi sono tramandati da coloro che si ergono a capo della comunità religiosa, i quali come abbiamo visto detengono l'interpretazione della rivelazione, anzi: spesso più che tramandati certe cose sono di fatto introdotte, per non dire inventate.
Come può essere la verità frutto di una rivelazione (o di un’invenzione) che non può avere riscontro alcuno? Chi garantisce questa verità, con che fatti?


Vedere anche:


PS: introducendo a posteriori questo capitolo, la numerazione e i link sono stati corretti.

    venerdì 6 novembre 2009

    Laddove la Ragione fallisce - Parte settima




    Siamo arrivati alla fine di questo lungo e, spero, non tedioso ragionamento all'interno del quale ho cercato di dimostrare come e perchè la Religione sia, come dichiara il titolo, un fallimento della Ragione. Prima di concludere credo sia opportuno specificare come io mi pongo di fronte al metafisico ed in particolare al divino. Mi rendo conto che sarebbe stato più corretto inserire tale aspetto nel prologo ma tant'è. Innanzitutto chi scrive non è ateo e, probabilmente, neppure agnostico almeno nel senso più usato del termine.  Ho una mia concezione della spiritualità che mi pone piccolo di fronte ad un'immensità che non capisco e che contemporaneamente mi affascina.
    Non sono un sostenitore del disegno intelligente: probabilmente se un Dio c'è, ha un intelligenza che sfugge alle nostre regole, tuttavia pare davvero impossibile da concepire (ah, i limiti della ragione!) che tutto ciò che ci circonda, queste leggi che da pochi secoli, a volte da pochi anni, comprendiamo sia frutto del caso. Forse perché è difficile vedere l'ordine nel caos, o il caos nell’ordine e se filosoficamente possiamo arrivare a concepire certi concetti, difficilmente possiamo con onestà affermare di essere in grado di comprenderli.
    Almeno oggi.
    Almeno io.
    Proprio per queste cose non riesco a concepire la religione come fonte unica di verità e, di fatto, ai miei occhi, essa altro non è che una sovrastruttura basata su dogmi assurdi e per lo più inutili: cosa si dovrebbe dedurre, ad esempio, dalla verginità di Maria:
    davvero l'imene intatto è sintomo di assoluta purezza d'animo? Quale fondamentale valore aggiunto conferisce l'imene alla sua presunta santità? Ma soprattutto, è possibile giustificare o finanche comprendere che chi nel passato rese pubblici i dubbi su concetti simili finì per bruciare gli ultimi istanti della sua vita tra le fiamme di un rogo (o anche "solo" marcire in carcere)?
    La realtà è che la Religione pur dicendo tutto, non spiega nulla (ecco dove s'annida il germe del fallimento!) e, peggio, sostiene di possedere l'unica verità, in quanto rivelata. I sacerdoti  (di qualunque religione) pretendono di poter giudicare senza essere oggetto di giudizio essendo loro, benché umani, latori dell'unica verità possibile in quanto rivelata.
    Ma la miseria del loro messaggio troppo spesso si sintetizza in un banale "armiamoci e partite".

    E infine suadente, la religione canta con voce di sirena di un creato antropocentrico, fatto per l'uomo, in funzione dell'uomo. Che mirabile illusione! Fa male pensare di essere cariche elettriche vaganti sull'orlo dell'abisso della nostra ignoranza, serve una giustificazione, un'idea che siamo qualcosa di più: così anziché accontentarci di procedere nella cerca della verità assumiamo, grazie alla religione, un'idea che ci faccia sentire meglio. E infatti abbiamo creato il concetto del Dio degli Uomini, a giustificazione dei nostri errori e nella speranza di un futuro migliore. Un Dio capace di giustificare guerre, massacri , umiliazioni e che lascia impotente i topi urinare sopra i suoi altari e gli uccelli a defecare sulle statue votive di uomini venerati santi, mentre le tarme divorano come in una blasfema eucarestia i corpi di lignei crocefissi.
    La religione indica come strada verso la verità, la santità, ovvero la totale remissione alla provvidenza divina, l'abbandonarsi totalmente a Dio. La Ragione dal canto suo indica un'altra strada, più irta, alla ricerca della conoscenza e della comprensione dell'universo, sia esso creato o no. L'una suggerisce, anzi impone, soluzioni definitive: ciò che vedi è così perché lo dico io; l'altra per sua natura dubita persino di ciò che i sensi percepiscono e non accetta di fermarsi, ma procede e forse davvero un giorno giungerà a bussare alle porte di un ipotetico Dio, che se c'è, è certo migliore di quello a immagine dell'uomo suggerito dalle Religioni.



    Ora, mi scuso se nell'evocare immagini forti o persino violente possa aver urtato la sensibilità di qualcuno, ma è difficile non farlo parlando di religione.
    Un po' bruscamente, concludo qui, almeno per ora, giacché concludere non è tra i verbi che prediligo: nasconde un'intrinseca sconfitta, specie alla luce del fatto che pensiero è soprattutto elaborazione.


    Vedere anche:

    martedì 3 novembre 2009

    Laddove la Ragione fallisce – Parte Quinta


    La Storia è fatta di carne e sangue. Ogni cosa viene fatta principalmente per un tornaconto terreno, sebbene esistano le eccezioni, molto rare invero, e soprattutto faccia comodo credere che determinate azioni siano supportate del favore divino.
    Questo breve incipit, per chiarire immediatamente la mia linea di pensiero sull'argomento, prima di andare a verificare e a dare dimostrazione attraverso ciò che la Storia dell’uomo narra.

    Religione e Pace dunque, questo è il tema del ragionamento odierno. La Religione nel sentire comune dovrebbe invitare gli uomini a vivere in pace e di fatto questa parola è assai utilizzata, quasi inflazionata, sennonché tre il dire e il fare, quando riguarda le cose umane, si interpongono spazi sterminati. Lasciamo perdere le religioni classiche e quelle barbariche dove la guerra assumeva un aspetto divino persino nella sua forma più brutale (Es: Ares) e concentriamoci sulle più diffuse oggi, ovvero quelle abramitiche.
    Ares_Canope_Villa_Adriana Il Dio biblico dell’Antico Testamento è per sua definizione, anche se oggi la Chiesa sta rivedendo la Bibbia eliminando il termine, il Dio degli Eserciti. Nella Bibbia spesso vengono esaltate le gesta dei vari condottieri, ma perfino il massacro nei confronti dello stesso popolo eletto, viene giustificato e persino esaltato, vedasi l’eccidio ordinato da Mosè per punire coloro che avevano fuso l’oro per creare l’idolo del Vitello. Ma al di là di tutto, la divinità ebraica è una divinità tribale, e facendo riferimento al solo popolo eletto, lavora per il suo dominio sulle genti. L’impressione che si ha leggendo la Bibbia è che Dio sia la giustificazione alle violenze usate o subite dal popolo che lo ha plasmato.

    La Divinità islamica poco si discosta da certi atteggiamenti, anche se a differenza della precedente ha caratteri di universalità. Islam per sua stessa definizione significa “Sottomissione” e , sebbene sia chiaro che tale significato si riferisca alla Divinità e a i suoi precetti, i Cinque Pilastri, non può sfuggire che il diritto-dovere del credente ad adoperarsi per la jihād, ovvero per “l’impegno sulla strada di Dio” comprenda anche quella che viene definita la jihād minore ovvero la difesa contro i nemici dell’Islam. Ecco di nuovo comparire tra i dettami la parola nemico, troppo spesso usato nell'islam come sinonimo di infedele.
    Se ne deduce che per l’Islam non può esservi pace fino a che non venga convertito o annientato l’ultimo infedele.
    Sulla  religione Cristiana le argomentazioni sul tema si sprecano. Già nei primi secoli di vita di questa religione sorsero contrasti, in genere di carattere teologico che trovarono risoluzione nell'eliminazione fisica dell’avversario, scontri tanto aspri da far sospettare che anche inconsapevolmente il vero scopo dello scontro fosse quello di avere predominio e potere. Già S. Agostino  definì la possibilità di una guerra giusta, tema che fu poi ripreso da S. Bernardo di Chiaravalle che lo inasprì creando il concetto di guerra salvifica (“Chi uccide nel nome di Cristo lavora per Cristo”) meglio conosciuta come Guerra Santa. Se andiamo ad analizzare le Crociate combattute contro le eresie medioevali, nate quasi tutte sul messaggio e sull'ideale pauperistico proposto dai Vangeli in contrapposizione con l’opulenza e la corruzione della Chiesa, non si può non notare che esse trovino giustificazione non tanto per la pericolosità del messaggio che non è eretico (salvo quello dei Catari), ma soprattutto sul fatto che i promotori di tali eresie predicavano senza autorizzazione della Chiesa Romana.
    Quindi, più che sui contenuti, come avvenne nei primi secoli, venivano dichiarati eretici coloro che si macchiavano di una sorta di lesa maestà, in altre parole una vera e propria lotta per il controllo del potere. Al fine di giustificare le proprie mire il papato romano non si è mai tirato indietro su nulla.  Abbiamo avuto Papi guerrieri, Papi simoniaci, documenti falsi che attestavano il diritto della Chiesa sui territori dell’Impero (Donazione di Costantino) e chi più ne ha più ne metta. Tra il dire e il fare, come si diceva, tenendo conto che si vuole, contemporaneamente, passare l’esortazione alla pace come  copertura ai traffici terreni, purtroppo sovente macchiati di sangue.


    Non posso,  concludendo, non accennare alla superstizione instillata nella popolazione durante i processi di sostituzione degli antichi culti con le nuove credenze che, come un morbo, ha infestato la stessa Chiesa che l’aveva creata tanto da favorire la nascita al suo interno di strumenti che finirono per degenerare divenendo persecutori; o, ancora dell’atteggiamento oltranzista e parimenti oppressivo di coloro che, atteggiandosi a possessori unici della Verità rivelata, non disdegnavano minacce, torture e finanche roghi a coloro che, malgrado tutto, riuscivano a  dimostravano le inesattezze di tale Verità.


    Vedere anche:

    venerdì 30 ottobre 2009

    Laddove la Ragione fallisce - parte quarta

     

    “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti.
    Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”


    (Primo articolo della Dichiarazione universale dei Diritti umani)

    Abbiamo visto il rapporto tra Religione, uguaglianza e libertà. Vediamo ora lo spirito di fratellanza.
    Quando si parla di fratellanza, è tutt'altro che raro che la mente associ questo termine a qualche cosa di religioso. Innanzitutto perché ci viene proposta l'idea di essere figli di un unico padre divino e in secondo luogo perché all'interno delle comunità religiose il termine "fratello" identifica l'appartenenza del membro a quella stessa comunità. Lo troviamo in modo forte nei monasteri, dove addirittura il termine identifica il religioso stesso (anche se magari laico come nel caso di molti monaci), ma anche nelle normali parrocchie dove il parroco si rivolge ai fedeli chiamandoli per l'appunto, fratelli.
    Tuttavia pensare che la fratellanza sia un concetto strettamente o addirittura unicamente correlato alla religione sarebbe un errore piuttosto grossolano. Anzi come andremo a dimostrare tale concetto viene dalla religione manipolato e ridotto in portata.
    Che un concetto provenga dalla religione ( e non dalla ragione) è fondamentalmente sbagliato essendo la religione invenzione umana. Affinché nasca una religione, da un punto di vista antropologico occorre che vi sia, ovviamente, un gruppo di persone, anche molto piccolo (il caso delle religioni tribali), che abbia interessi comuni  che a loro volta sviluppino usi e pratiche comuni. Il bisogno di dare un'identità più definita al gruppo, o ai singoli componenti (persone o cariche) fornisce la scusa per trasformare l'uso in rito a cui si accompagna la creazione di una serie di credenze o convinzioni, delle quali l'esigenza di dimostrazione passa in secondo piano rispetto all'utilità aggregativa. In altre parole, non importa il vero motivo per cui lo facciamo (trasformazione dell'uso in rito) ma che lo facciamo per stare assieme.
    La realtà è che lo spirito di fratellanza, di mutuo soccorso è la base affinché una società possa reggersi. Una società che non preveda che almeno una parte dei suoi membri si occupi del soccorso e del sostegno dei suoi membri è destinata a collassare su se stessa. Le Rivoluzioni, al di là delle idee che le sostengono o per le quali trovano una giustificazione di facciata, affondano le proprie cause nel fatto che gran parte di quella società è stata abbandonata a se stessa: non trovando appigli nelle regole e nelle autorità competenti non può che rispondere agli istinti primari (o animali) quali la sopravvivenza.
    Appurato che lo spirito di fratellanza non ha origine divina o religiosa, vediamo cosa significa, in realtà, tale concetto per la Religione.
    Abbiamo detto che le grandi religioni monoteiste prevedono la fratellanza di tutti gli uomini, o almeno così cercano di proporcelo. Ma è sempre stato così?
    Ovviamente no. Il Dio biblico non è un dio universale, ma è il dio degli ebrei.
    "Io sono il tuo dio," non è riferito all'umanità ma alla progenie di Abramo, Isacco e Giacobbe, è un dio tribale (al massimo intertribale visto le dodici tribù) che si occupa unicamente del popolo eletto  disdegnando il resto dell'umanità.
    «Uccidi il migliore dei pagani e avrai eliminato il più schifoso dei serpenti.» recita il Talmud.
    Un Dio che crea il mondo, lo affoga, lo ripopola e poi si occupa solo di poche migliaia di pastori mentre nel resto del pianeta sorgono e cadono imperi. jihād minore) la difesa contro il nemico infedele o finanche l'aggressione a fini di sottomettere. Nemico dunque, altro che fratello. Fratelli si è solo all'interno di una determinata comunità religiosa, gli altri sono avversari o addirittura nemici, che come affermò Bernardo di Chiaravalle, santo e dottore della chiesa:
    Stessa cosa vale per il Cristianesimo alle cui origini ci sarebbe la disputa tra Pietro e Saolo di Tarso circa l'universalità (o cattolicesimo) del messaggio del Cristo, o per l'Islam che pur dichiarandosi la Religione definitiva e quindi giocoforza universale, prevede nell'impegno verso Dio (
    Il Cavaliere di Cristo uccide in piena coscienza e muore tranquillo: morendo si salva, uccidendo lavora per il Cristo
    Le Religioni monoteiste sono in aperto scontro e non ci può essere pace se non con l'affermazione universale di una sulle altre. Solo allora il concetto di spirito di fratellanza riportato in apertura avrà per la Religione una valenza piena.




    giovedì 29 ottobre 2009

    Laddove la Ragione fallisce - Parte terza

    Proseguiamo il ragionamento intrapreso e analizziamo il rapporto tra Religione e Uguaglianza.
    Per la Religione siamo tutti uguali, tutti figli di Dio. Tutti dovremmo avere gli stessi diritti, sennonché, appropriandomi dell’abusato aforisma Orwelliano, alcuni paiono essere più eguali degli altri. Soprattutto altri, lo sono meno.  Le donne, ad esempio, devono rimanere sottomesse, questo diceva Saulo di Tarso, e aggiungeva che mai una donna avrebbe potuto annunciare la buona novella. Cosa che ebbe notevole successo nella Chiesa, tale da imporre alla donna un ruolo di secondo piano, sottomettendola all’uomo e denigrandola oltre ogni limite per il motivo, assai valido, che a causa della debolezza e dello spirito tentatrice di Eva, l’umanità intera decadde. A tal proposito reputo superfluo analizzare la figura femminile nell’Islam, della cui condizione tutti sanno.
    Peggio ancora, se possibile, va agli omosessuali, il cui status di essere umano è osteggiato ancor oggi, tanto che in alcune teocrazie mediorientali, l’omosessuale viene ucciso, mentre la Teocrazia occidentale (Vaticano) si oppone alla richiesta di depenalizzazione proposta all’ONU. Qual è il male assoluto compiuto da due omosessuali? Amarsi? Anche sulle questioni formali le Religioni impongono i loro dettami discriminanti. L’esempio più tipico è quello del matrimonio. Non si capisce per che motivo una cosa strettamente privata debba per forza essere regolamentata. Da un punto di vista spirituale la certificazione dell’unione è una sorta di richiesta di benedizione al proprio sentimento, da un punto di vista civile è un semplice contratto stipulato tra due individui che permette loro di vantare diritti sull’altro in cambio del riconoscimento di doveri. Qual è l’ostacolo quindi per cui gli omosessuali non debbano potersi sposare (civilmente)? Una volta il matrimonio inglobava scopi che riguardavano l’intera società: la coppia aveva il dovere di riprodursi per garantire a quella società un futuro, tanto che l’impotenza o l’infertilità erano ed sono tutt’ora motivo sufficiente perché persino dinnanzi a Dio il legame possa essere scisso. E’ ancora attuale questo principio, mentre l’umanità sta per varcare la soglia dei 7 miliardi di individui? Probabilmente no: nel suo progresso l’uomo ha percepito che il motivo giusto per unirsi sta nel sentimento di reciproco affetto, di amore (fino al XIX sec anche in Occidente i matrimoni erano per lo più combinati). Anche in questo caso la perfetta legge divina è rimasta al passo, con la sua morale superata che oggi sa molto di moralismo. Ovviamente, ogni cosa ha il suo rovescio della medaglia: la ricerca della felicità individuale, che il succitato moralismo vede con il fumo negli occhi, spesso è degenerato in atteggiamenti di puro egoismo, cosa facilmente riscontrabile nella nostra società basata sul consumo e sull'apparenza e, probabilmente la causa scatenante del recente sfascio economico.

    Tutto ciò fa il gioco dei moralisti, da loro una voce, per quanto becera ed ignorante, in capitolo.
    Ma siamo certi che l'egoismo sia negativo solo perché è peccato e non viceversa, ovvero è divenuto peccato perché l'esperienza umana ha dimostrato che la condivisione genera un benessere migliore, non maggiore si badi, ma meglio distribuito. In altre parole, come spesso accade la religione si appropria di una normale esigenza del viver comune e la trasforma in legge divina, proponendo una chiave di lettura diametralmente opposta alla realtà dei fatti.
    Nel prossimo capitolo verrà affrontato il concetto di fratellanza..


      mercoledì 28 ottobre 2009

      Laddove la Ragione fallisce - Parte Seconda



      Come introdotto nel precedente post, analizziamo l'impatto della religione su alcuni concetti, tra i quali i diritti fondamentali dell'uomo: partiamo dalla Libertà.
      Spesso la religione parla di libertà, ma lo fa in modo piuttosto ambiguo. Voglio però fugare subito il dubbio: libertà per me non significa anarchia; per chi scrive è assai chiara la differenza ,come del resto non ha dubbi sul fatto che occorrono leggi chiare alle quali tutti , per il bene comune, devono sottomettersi. Qui sta per me la chiave di volta: riconoscendo la necessità del genere umano di doversi autoregolare, trovo assurdo che si adottino leggi e morali di presunta origine divina, che essendo per loro definizione illuminate, dovrebbero adattarsi all’uomo in qualunque tempo ed in qualunque luogo. Sin troppo facile sarebbe guardare alle religioni del Libro  per farsi beffe dell’inadeguatezza delle presunte leggi dettate da Dio, della morale vetusta che ha senso solo se storicizzata (o vogliamo davvero parlare, ad esempio, dell'opportunità di lapidare gli adulteri?).
      Tuttavia la Religione ci vende l’illusione di poter essere liberi, Dio infatti, così essa dichiara, tali ci ha fatto o tali ci ha reso. Ma liberi di cosa?
      Di peccare? No, giacché il solo fatto di non credere è stata causa di eccidi, e questo sia che si pensi, ad esempio, ai primi cristiani come vittime (es: martiri), che come carnefici (es: gli assassini di Ipazia).
      Liberi di pensare in modo diverso? No, perché la morale religiosa si auto eleva come unica morale possibile, specie se riferito a  ne sono prova e monito le recenti parole del Vaticano, o la Dichiarazione Islamica dei Diritti dell'Uomo, per cui la legge di Dio sarebbe sempre e comunque superiore a quella degli uomini, motivo per cui l’uomo è libero di trasgredire le leggi civili (cosa per altro che Gesù , nel caso dei Cristiani, ammonì di non fare), a meno che egli non decida di uniformare le leggi civili a quelle divine,  istituendo di fatto una Teocrazia. Certo, va peggio ai credenti dell’Islam, i quali sono sottomessi a leggi , coraniche e della tradizione, che si perpetuano,inalterate, dall'alto medioevo. Ma non è mia volontà fare una classifica dei meriti e dei demeriti di una Religione rispetto ad un'altra.
      La sostanziale differenza tra la Ragione e la sua figlia degenere, la Religione, sta proprio nel fatto che l’errore può essere dalla prima riconosciuto senza per questo doversi snaturare, anzi è perfettamente logico che la Ragione progredisca anche dai propri sbagli.
      Per tal motivo, madornali errori come il Terrore post rivoluzione Francese, o come il Comunismo, sono giustificabili come tali: sono infatti errori umani il cui superamento è stato essenziale per il miglioramento della Civiltà stessa. Si badi, ciò non significa che le bestialità di determinati regimi abbiano una qualsivoglia giustificazione morale, sono e rimangono orrori di cui l'uomo deve serbare eterna memoria  e vergogna al fine di non ricadere.

      Ma, di contro può esistere ed è davvero concepibile l’errore divino, almeno per come viene definita oggi la divinità? E se le contraddizioni sono tipiche dell’uomo, quelle divine sono tali perché Dio ci ha creato a lui simili (ammettendo così implicitamente l’imperfezione di Dio) o invece, perché Dio (così come viene presentato) e la religione sono frutto dell’imperfetta Ragione umana , ammettendo in tal modo, che è l’uomo ad aver creato Dio ( ribadisco: così come ci viene presentato) e non viceversa?
      La legge presunta divina si è dimostrata fallace, ingiusta, contraddittoria, incapace di resistere al progresso delle civiltà e il male causato dalla Religione non è assolvibile perché non può esservi  alcuna forma reale di pentimento, né da parte di un essere che non c’è e che, se ci fosse , sarebbe perfetto, né evidentemente da coloro che sulla religione campano e grazie ad essa detengono potere.


      Quando infine si giudica, lo si fa in base alla Storia. Giudichiamo iniquo il Comunismo o il Fascismo per il male che hanno fatto, perché non dobbiamo giudicare, altrettanto iniqua la Religione e la scia di sangue che lascia dietro il suo percorso? Il fatto che in seno ad essa, uomini giusti si sono dimostrati meritevoli delle lodi dei posteri è sufficiente a cancellare epurazioni, omicidi, guerre, truffe, circonvenzioni di incapaci, sfruttamento della credulità popolare?



      Vedere anche:


      martedì 27 ottobre 2009

      Laddove la Ragione fallisce


      Come più volte sottolineato (in altre sedi) la mia non è un’avversione  al Cattolicesimo o al Cristianesimo in generale, quanto alla Religione nella sua totalità (anche se parlare di avversione è un tantino esagerato). Il fatto che io disquisisca molto sugli “affari cristiani” è puramente una questione di opportunità: sono nato e vivo in Italia e qui, ciò che la Chiesa dice, vuole, pensa, è su tutti i media , in bella vista. E’ bene sottolineare che non vi sono dinnanzi ai miei occhi differenze sostanziali tra le varie religioni, nel senso che le reputo tutte soluzioni di comodo, bugie, spesso a fin di bene, ma pur sempre bugie. Ciò non significa che non riconosca o non voglia riconoscere i meriti delle religioni, né tanto meno affermare che tutte le Religioni abbiano gli stessi meriti e le stesse colpe. Vi sono, non c’è bisogno di grandi sforzi per ammetterlo o verificarlo, religioni migliori di altre, magari partite male e poi evolutasi meglio. Vi sono dottrine che hanno espresso grandi uomini, persone che hanno contribuito a migliorare i loro tempi o addirittura il mondo.
      Ma per quanto, tutte sono il sintomo più visibile della debolezza che può ammorbare la ragione.
      Altra accusa che mi si rivolge è quella di cercare la superiorità della Ragione sulla Religione, accusa in parte fondata sennonché a me la cosa pare ovvia, almeno se, come me, si considera la Religione un’invenzione di comodo della Ragione. Anzi, da un certo punto di vista essa ne rappresenta il più grave e clamoroso fallimento.
      Già scrissi che la Verità, meta ultima della Ragione, potrebbe per sua natura essere irraggiungibile dall'Uomo, anzi, la sua cerca appare ai miei occhi come la funzione matematica dell’iperbole, intendendo così che per quanto si avvicini ad essa l’Uomo non potrà mai coglierla senza per questo divenire qualcosa d’altro (cosa che poi non si discosta molto dalla santità). A che pro allora porsi alla ricerca di qualcosa di introvabile? Per vari motivi, uno dei quali è stato già esplicato, ovvero perché la Cerca è insita nella Ragione stessa. Un altro, molto più affascinante, sta nella bellezza della cerca stessa, nel godimento ingenito dei tanti traguardi posti lungo il cammino, persino nell'intensità dell’angoscia dei mille fallimenti, nonché nel sentirsi parte di una Civiltà protesa verso il meglio.
      Parafrasando: la cerca è la vita, la verità il fine.
      Perché, invece, la Religione sarebbe un fallimento della Ragione? Innanzitutto perché nasce dalla Paura, dal sentirsi piccoli e impotenti, in balia delle forze della Natura e soggetti all'incedere del Tempo. Non a caso le prime divinità espresse dall'uomo furono personificazioni di tali forze. Agli usi seguirono i riti, mentre nel frattempo le menti degli uomini andavano costruendo Civiltà sempre più evolute, in grado comprendere ed imbrigliare queste forze con i frutti della Ragione. Ma come un effetto a catena, più si scopriva e più pareva dovevano esserci cose da comprendere e ancora da scoprire. La divinità veniva sempre più a coincidere con l’Ignoranza, ovvero assumeva la forma antropomorfa di ciò che la nostra mente non è ancora in grado di comprendere o, e qui viene il punto, la nostra scienza in grado di riprodurre. Paura ed ignoranza, neanche farlo apposta ciò che la Religione stessa addita come matrici della superstizione, dimentichi che per ogni religione, l’altra è per l’appunto superstizione.
      Prossimamente andremo nel dettaglio e vedremo come la Religione impatta su alcuni concetti basilari dell'esistenza umana



        Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...