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domenica 30 luglio 2017

Dio non stacca la spina


Ho preferito attendere la preannunciata, quanto inevitabile fine della triste storia di Charlie Gard, prima di analizzare i fatti. Anche perché in genere, a ridosso dell'evento mediatico (perché di questo e non altro si è trattato, purtroppo), le notizie rilasciate dai giornali sono spesso di parte e poco razionali: più dense di commenti che di fatti. Veniamo quindi a questi fatti:

mercoledì 26 luglio 2017

La vecchia scimmia sparla

Il degrado del giornalismo italiano ha come emblema la deriva intellettuale di un fu giornalista che non riesce più a scrivere nulla di vagamente decente: Eugenio Scalfari.
Mi riferisco all'ultimo articolo del fondatore del quotidiano La Repubblica comparso sull'Espresso e il titolo che ho scelto non vuole essere denigratorio in sè , ma una semplice presa in giro del concetto finale dell'articolo:
Mi spiace che gli atei ricordino lo scimpanzé dal quale la nostra specie proviene.
per il quale voglio persino concedere il beneficio che si tratti di una malriuscita forma retorica, altrimenti bisognerebbe dare per scontato che Scalfari sia talmente ignorante da meritarsi appieno il disprezzo che dovrebbe suscitare una tale affermazione. Per vari motivi: innanzitutto perché, come ormai sanno anche i bambini, Darwin non disse che discendiamo dagli scimpanzé, ma che con essi abbiamo un progenitore in comune, cosa assai differente. In secondo luogo perché ci arriva costruendo un teorema delirante senza alcun supporto logico.

Ma procediamo con ordine:
Gli atei. Non so se è stata mai fatta un’indagine nazionale o internazionale sul loro numero attuale, ma penso che non siano molti. I semi-atei sono certamente molti di più, ma non possono definirsi tali. L’ateo è una persona che non crede in nessuna divinità, nessun creatore, nessuna potenza spirituale. Dopo la morte, per l’ateo, non c’è che il nulla. Da questo punto di vista sono assolutisti, in un certo senso si potrebbero definire clericali perché la loro verità la proclamano assoluta.


Qualche statistica per il vero esiste, forse troppo nascosta per un professionista del giornalismo: sto parlando di Wikipedia (!). Prima di differenziare atei e semi-atei per stabilire chi è in maggioranza sarebbe interessante capire cosa siano i "semi-atei" di cui vagheggia Scalfari (agnostici?) o sono simili a quell'accozzaglia che si definisce cristiana e che non ha mai letto di sua sponte una sola pagina del nuovo o dell'Antico Testamento? La stessa, che bisogna sposarsi in chiesa se no non è un vero matrimonio (modello sagra paesana), o che va a messa solo a Pasqua e Natale? O ancora quella dei ben più pericolosi militanti oltranzisti, nelle cui sette si nascondono le peggior schifezze mai concepite dall'evoluzione di un primate?

venerdì 21 aprile 2017

L'intollerabile ipocrisia



Sono davvero stanco di confrontarmi con gli stupidi.
Potrebbe essere che qualcuno di voi pensi o voglia ribattere che, magari, lo stupido sono io (recentemente un derelitto, immagine qui sotto da cliccare per ingrandire, mi ha dato dello spocchioso, dell'esibizionista e dell'idiota): avrebbe ragione e potrebbe anche non leggere oltre.

domenica 19 febbraio 2017

Oltre


"Alcuni sostengono che la morte sia davvero il termine di ogni cosa: nessun dopo, nessun dove. Altri che sia la porta per un'altra esistenza, per una vita eterna in altri luoghi, con altre regole. C'è chi sostiene sia una parentesi, tra un incarnazione e l'altra, un lungo viaggio verso uno stato di esistenza superiore, o verso il nulla. Ma che sia la fine, l'inizio o una parentesi poco importa: la morte ha sempre avuto un'importanza notevole per l'uomo: in fondo è l'ultimo atto della sua esistenza terrena.
La morte, per quanto mi riguarda è invece semplicemente un dono o, eventualmente, una fortuna.
Nella vita ci sono pochissime certezze, di tutte la più certa è sicuramente la morte. Non cambia in realtà che essa sia un punto o una virgola, perché, al di là del credo di ognuno di noi, essa è e riamane la fine dell'esistenza dell'essere, così per come è stato conosciuto"
Sono parole mie di circa 7 anni fa, di un post titolato "Morte".
Non ho cambiato idea in merito.
Ritengo ancora la morte un dono (anche se oggi preferisco il termine "fortuna" giacché il "dono" presuppone un donatore) per gli stessi motivi che individuai allora, sebbene ora che il Tristo Mietitore si avvicina, ne percepisco del dono, anche l'amaro sapore.

In passato sono stato religioso, più per educazione che per scelta.

Hieronymus Bosch  - La nave dei Folli

Come più volte sottolineato, ho trovato l'insegnamento dato dalla religione contraddittorio: in particolare, sulla morte, per rimanere in tema, da un lato ci è stato insegnato che rappresenta l'ultimo passo prima del ricongiungimento con il divino, quindi fonte di gioia, dall'altra viene rappresentata spesso come una punizione (vedasi tre quarti dell'antico testamento, l'Apocalisse e le numerose e spaventose rappresentazioni sui libri di pietra che sono le cattedrali), lasciandoci dinnanzi ad essa in balia della paura.

Poi, forse anche per questo, si potrebbe dire che persi la fede. 
Sempre che ne abbia davvero avuta almeno un po'.
Persino ora io stesso fatico a capire se sono ateo od agnostico.
Da un lato ritengo impossibile l'esistenza di qualunque divinità proposta dall'uomo: in ogni religione riconosco fin troppo bene i difetti del genere umano, tanto che è trovo fin troppo semplice dimostrare quanto sia stato l'uomo ad aver creato dio a sua immagine e somiglianza e ridicolo il viceversa.
Dall'altro, la totale negazione del divino non mi convince del tutto, sebbene non saprei definire cosa possa mai essere un dio, né definirne gli attributi (Perché mai dovrebbe essere eterno, onnisciente, onnipotente? Perché non potrebbe essere morto o trasformato o crescere in conoscenza attraverso errori come facciamo noi, od ancora, avere poteri limitati? Perché deve essere uno? Perché anziché ritornare a lui, non sia lui a dovere/potere ritornare attraverso di noi? Perché dovrebbe tornare?).
Domande senza risposte: in fondo, è dalla notte dei tempi che dio è semplicemente ciò che non riusciamo a comprendere.
In fondo, il divino lo abbiamo cercato "oltre" mentre forse, dico forse, dovremo cercarlo in noi stessi.

sabato 5 novembre 2016

Sulle macerie della morale religiosa



Pride you took
Pride you feel
Pride that you felt when you’d kneel
Not the word
Not the love
Not what you thought from above
It feeds
It grows
It clouds all that you will know
Deceit
Deceive
Decide just what you believe
I see faith in your eyes
Never your hear the discouraging lies
I hear faith in your cries
Broken is the promise, betrayal
The healing hand held back
by the deepened nail
Follow the god that failed


(Metallica - The god that failed)


Uno dei motivi per cui avevo smesso di postare sul blog era dovuto al tedio di scrivere e riscrivere le stesse cose. Una dei temi che più ho trattato, tra l'altro anche recentemente sui post relativi all'obiezione di coscienza, riguarda la mancanza di una morale unica nella religione, o meglio la cattiva fede, è il caso di dirlo, della religione, consistente nel mantenere al suo interno, coscientemente e assolutamente con fini materialistici,  posizioni morali spesso contrastanti.
E' una cosa, quella di mentire, anche a sé stessi per trarre vantaggio, che reputo far parte del retaggio umano, tuttavia che non esito ad attaccare sottolineandolo, per l'atteggiamento tenuto dalla religioso medio di aver una superiorità etico morale derivata da una presunta rivelazione divina.
La realtà è che l'ipocrisia di tale atteggiamento rende la morale religiosa, una morale inferiore, fatta di parole vuote, sebbene non vada mai dimenticato che uomini religiosi possano ergersi a giganti per la piena applicazione di ciò che considerano virtù.
La tara,  tuttavia, consiste nella moltitudine di soggetti cui il solo fatto di essere "buoni religiosi" conferirebbe lo strano diritto al primato morale, cosa assurda, come poi si evince nelle spaventose uscite che spesso sono state denunciate anche dal sottoscritto. 

lunedì 24 ottobre 2016

Abiezione di coscienza - parte 3 (considerazioni finali)


I primi due post servivano per esemplificare la forma mentis di coloro che difendono l'obiezione di coscienza. Sommariamente abbiamo potuto vedere come il metodo utilizzato consista nello spostare il problema che, nel caso, non era tanto l'applicazione in termini di legge dell'obiezione, quanto il fatto che il medico negligente fosse accusato di non aver fatto il suo dovere, in quanto in contrasto con un suo proprio codice etico-morale. 
Ora, il problema dell'obiezione di coscienza è un problema assai serio perché va a stravolgere le funzioni proprie di un istituto in funzione di un ideologia o di un credo che dir si voglia. 
Prima di continuare vorrei subito eliminare una tesi che viene sostenuta qua e là, ovvero il  richiamo a obiezioni storiche come l'obiezione civile vs servizio militare: in realtà essa non trova un parallelismo in quella a sfondo religioso: allora non c'era la pretesa di entrare nell'esercito, semmai chi obiettava, di fatto, richiedeva di non voler prestare il servizio militare. Penso che la differenza sia sostanziale.
D'altra parte cosa avrebbe fatto un pacifista nell'esercito se non azione di sabotaggio? 
Ecco il problema sta qui: l'obiettore di coscienza non dovrebbe inserirsi in un ambito in cui la sua (non) azione rischia di compromettere le funzioni dell'istituto stesso. 
Perché di fatto, benché lui ritenga di essere la "vera" soluzione, rappresenta il principale problema: il perché lo vedremo a breve.
Questo, e va detto , vale non solo per gli ospedali, ma anche per le farmacie, ne avevo già trattato qui, ma questo è più recente, per l'educazione (ipotesi della teoria gender), per il diritto alla morte (eutanasia) e via dicendo.

Ma chi è l'obiettore veramente?

L'obiettore considera sé stesso un defensor fidei, una sorta di paladino contro le mostruosità dell'epoca moderna (che comunque esistono, è innegabile)
Egli si ammanta dello spirito del martire come se fosse lui e i pochi come lui, la parte lesa, anche quando non sono pochi, e soprattutto quando non ci sarebbe motivo alcuno di sentirsi martiri. Evidentemente l'atteggiamento vittimista paga, soprattutto se è tattico e ben supportato da potenti lobbies. 
Egli si ritiene superiore, un portatore di luce (e qui il mi si consenta la battuta lo configura come  un Lucifero qualunque), depositario di una verità millenaria che vede nell'azione della controparte, non tanto uno speculare tentativo di far valere le diverse idee (magari già diventate diritti), ma un tentativo di oscurare le proprie. 
Verrebbe da chiedersi se è per mancanza di intelligenza o di pudore (buona o cattiva fede) che si scaglia sui diritti altrui (o sul tentativo altrui  di ottenerli in base a etiche alternative tutt'altro che aberranti), quasi che l'esistenza degli uni sia per forza negazione degli altri. 
D'altra parte l'obiettore religioso per sua natura non è democratico: solo ciò che egli crede è verità, tutti gli altri sono in errore. Questo, purtroppo, a prescindere dall'argomento materia di discussione. Egli mira ad ottenere la traduzione del supposto disegno divino in terra, immemore persino delle deliranti profezie di cui i suoi libri sono zeppi che ne prevedono invece il compimento con il ritorno niente di meno che della divinità stessa accompagnata da (chissà perché visto che sarebbe onnipotente) imponenti eserciti angelici.
Si fa dunque giudice supremo, sostituendo il concetto di giudizio con quello di sentenza, adoperandosi per negare agli altri ciò che egli reputa sconveniente per sé.

Arcivescovo Silvano Maria Tomasi
"Tomasi si è inoltre espresso contro 
la qualificazione dei diritti degli omosessuali 
come diritti umani, ritenendo che lo scopo sia
limitare la libertà di espressione 
dei leader religiosi sull'argomento"
(Fonte : Wikipedia)
Già questo sarebbe sufficientemente inquietante, giacché di fatto configura l'obiettore come un'estremista, ma ci sono, ahimè ulteriori aggravanti.

La prima deriva direttamente sistema con cui è governata la fede.

La religione, come ho più volte sostenuto (e spero dimostrato), raccoglie al suo interno il tutto e il suo contrario.
Questo da facoltà a chi ne esercita i poteri di poter scegliere al meglio la citazione perfetta per il momento a secondo della convenienza.
Ne consegue, in virtù di dinamiche del tutto umane e quindi prevedibili,  che l'atteggiamento dei detentori di tale potere è nei confronti di propri fedeli inversamente tollerante a quello della tenuto nei confronti della controparte.
L'errore del fedele infatti viene a seconda della convenienza sminuito o perdonato; spesso, addirittura, la difesa dell'enstabilshment supera abbondantemente la soglia del ridicolo, cercando il cavillo al fine di negare il problema, come quando, in pieno scandalo pedofilia, niente di meno che l'allora Osservatore permanente del Vaticano presso l'ONU, l'Arcivescovo Silvano Maria Tomasi  si affrettò a puntualizzare che in realtà non di pedofilia si trattava, ma di "efebofilia" e che in realtà erano stati gli adolescenti gay ad adescare i poveri preti (vedi qui).
E' poi fondamentale constatare come il profitto, sia esso inteso in termini economici, di potere, visibilità , ecc, venga prima di qualunque altra cosa: piuttosto che perdere consensi meglio il compromesso. Come, magari, attendere con "prudenza" una sentenza, faccio un esempio,  che dica chiaramente se Medjugorje è una truffa o no (da leggere questo spassosissimo articolo di Antonio Socci dove, il giornalista obnubilato dalla fede, ammette in modo inconsapevole ma  cristallino, che il fine, la "conversione", dovrebbe giustificare i mezzi, la "truffa"!); ma si potrebbero citare anche i comportamenti dell'attuale amatissimo Papa che ama proclamare una cosa per poi fare l'esatto opposto , o cercare alleanze in fedi scismatiche tradendo, di fatto, la propria (in rete c'è un'infinità di siti ultra-cattolici che lo massacrano giornalmente, a voi il "piacere" della ricerca, io vi cito a caso senza entrare nel merito, questa).

Solo in ultima istanza, se il danno provocato dal fedele ottiene troppa rilevanza mediatica, dopo aver giocato le deboli difese (ne è esempio la chiosa del Teologo nell'articolo precedente) si procede all'abbandono (sperando che tutto venga presto dimenticato e con buona pace delle vittime), nella speranza di salvare il salvabile (il tema).

E' dunque da questa confusione che nasce il pericolo che l'obiezione di coscienza, che sia inteso, reputo essere un diritto inalienabile tanto quanto il suo contrario, si trasformi in abiezione, ovvero una vergognosa degradazione della coscienza che pone la propria personale, e quindi opinabile, etica ad un livello superiore rispetto a qualunque libertà altrui. 


Aggiornamento (25/10/2016): 

Gli ispettori inviati dal ministero della salute avrebbero verificato che la tragedia di Catania non sarebbe dovuta all'obiezione di coscienza. Riporto quanto scritto sull'articolo di Repubblica:
Nelle tre pagine redatte dagli ispettori si parla "di evento abortivo iniziato spontaneamente, inarrestabile, trattato in regime d'emergenza". Gli ispettori ricostruiscono la cronostoria della tragedia, dal ricovero alla morte. Valentina Milluffo era ricoverata dal 29 settembre (alla 17essima settimana di gravidanza) per minacce d'aborto. "La paziente - si legge - era in trattamento adeguato". La situazione degenera il 15 ottobre con un picco febbrile a 39 gradi centigradi. Le vengono somministrati antipiretici e antibiotici. Secondo gli ispettori, "le prime valutazioni cliniche e il monitoraggio dei parametri vitali non evidenziano alcun dato anomalo, se non - alle ore 16 circa - un iniziale abbassamento della pressione arteriosa". Seguono ulteriori esami che evidenziano "un quadro settico e una coagulopatia da consumo, con progressiva anemizzazione e progressivo calo dei valori pressori". Vengono allertati gli anestesisti e - si legge nella relazione - le condizioni della donna "vengono comunicate ai parenti presenti con tempestività".
Alle 23,20, in sala parto, Valentina Milluffo espelle il primo feto. Morto. Alle 24 inizia la stimolazione con ossitocina per accelerare l'espulsione del secondo feto, che avviene all'1,40. "Viene coinvolto un secondo anestesista di turno - scrivono gli ispettori - e si sposta la donna in sala operatoria, per le procedure di secondamento chirurgico e di revisione della cavità uterina in anestesia, che si completano alle 2.10". Ma la donna è gravissima, continua a perdere sangue ed è necessario tamponare l'utero e somministrare farmaci.
"Le condizioni generali - si legge - tendono al peggioramento". La signora viene intubata e respira artificialmente. E' trasferita in Rianimazione dove, alle 13.45, "nonostante il massimo livello assistenziale ed un transitorio miglioramento delle condizioni generali", muore. "I parenti - si legge nella relazione - sono stati sempre informati e sostenuti dall'intera equipe degli ostetrici e degli anestesisti".
La cosa in realtà non mi stupisce, anzi. Come già introdotto nei primi due post, nessuno dei "testimoni" chiamati in causa era per loro stessa ammissione presente alla denunciata manifestazione dell'obiezione. Inoltre l'eventuale obiezione non sarebbe mai stata riportata in cartella clinica, che per quanto ufficiale è una "fonte di parte" peraltro redatta dalla parte sotto accusa. L'ispezione non sembra tenere conto di quanto denunciato dai parenti delle vittime. Nel reparto in questione la totalità dei medici è obiettore di coscienza (12 su 12) e quindi in base alle mie personali (e chiaramente opinabilissime) considerazioni esposte ritengo che nessuno avrebbe mai denunciato l'altro. Stiamo parlando pur sempre di estremisti. In Italia, a differenza di quello che sostengono i vittimisti catto-oltranzisti, l'obiezione è un ottimo viatico per fare carriera: non ci si brucia così. Con buona pace di quel pagano di Ippocrate su cui spergiurano.

sabato 22 ottobre 2016

Abiezione di coscienza - parte 2


Il secondo articolo che mi appresto a commentare è l'intervista di Paolo Viana al Teologo Cozzoli. 
Come nel caso precedente anche qui, sin dalla prima domanda si avverte una malizia nell'indirizzare sin dalle prime righe il discorso su terreni più facili da affrontare. Peccato che tale malizia, assolutamente accettabile quando trattasi di dialettica diventi urticante quando è usata per alterare la realtà:
Ieri mattina si è scoperto che l’obiezione di coscienza non c’entrava nulla. In Italia c’è aria di caccia all’obiettore? 
Questa è la posizione dei cattolici e anche dei medici obiettori, che una campagna culturale e mediatica ha trasformato in un bersaglio facile, inducendo nel Paese un’opinione purtroppo diffusa che, quando si verifica una tragedia, ci “deve essere” lo zampino di un obiettore di coscienza. Lo dimostra la tendenza alla denuncia terapeutica, specialmente di fronte ad esiti infausti che compromettano giovani vite, e il focalizzarsi nella ricerca di obiettori di coscienza sui quali buttare la croce.
E' già chiaro che l'obiezione non c'entra nulla in più la vittima è diventato l'obiettore. Neanche partiti e già si rasenta il ridicolo.
Con quale obiettivo?Non so se sia l’obiettivo di chi denuncia, ma è un fatto che allorquando il caso di malasanità ha risvolti bioetici, in quanto chiama in causa la Chiesa e i suoi fedeli, sia maggiore l’attenzione dei media. Non credo che si “cerchi” quest’attenzione, ma una famiglia sconvolta dal dolore è facile preda di un teorema che, conducendo in fretta ad un capro espiatorio, sembra risolvere tutto, alleviando quel dolore. Al di sotto, lavora un pregiudizio sociale.
Neanche tempo di formulare la seconda domanda e la soglia del ridicolo viene abbattuta fragorosamente.  Addirittura si insinua che il tentativo di screditare l'obiezione sia ricercato al fine di alleviare la propria tragedia. Non so poi se rimanere più basito dalla pochezza del ragionamento (se la chiesa predica costantemente su questioni bioetiche, e lo fa in modo poco chiaro lasciando aperte molteplici interpretazioni cosa ti aspetti, che ci si rivolga al Ct della nazionale?) o dal vittimismo totalmente fuori luogo.
L’obiezione di coscienza è impopolare?Non piace all’establishment culturale di questo Paese.
Non piace talmente tanto che vige una legge che li protegge. Semmai bisognerebbe chiedersi quanto piaccia al popolo.
E a quello sanitario? Spero che non vi sia un pregiudizio verso i medici obiettori e che siano valutati in base alla loro professionalità, come prescrivono le leggi, e la Costituzione.
Risulta che il pregiudizio sia all'opposto. I numeri riportati da svariati media parlano chiaro.
La legge 194 dice che l’obiezione di coscienza non può essere invocata nel caso in cui il «personale intervento» del sanitario è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. Era il caso di Valentina Milluzzo?
Così pare. Ovviamente abbiamo una conoscenza parziale dei fatti, ma possiamo certo dire che, se il medico obiettore di coscienza dell’ospedale Cannizzaro non si fosse adoperato per soccorrerla, quel medico sarebbe colpevole di omissione di cura, in quanto non si sarebbe trattato di interrompere una gravidanza ma di prestare un soccorso terapeutico. In tal caso, l’obiezione di coscienza non c’entra nulla: si trattava di un atto curativo, sottrarsi al quale era moralmente riprovevole, tanto più in situazione di grave emergenza.
Anche qui c'è una fallacia. Se, e ribadisco se,  il medico non è intervenuto perché obiettore, anche accettando il fatto che non gli fosse chiaro il principio di legge, è chiaro che lo ha fatto sospinto dalla sua personale interpretazione dell'etica cattolica. Non si può usare "etica" al posto di "legge" a seconda della convenienza, come del resto ribadisco, non si può accettare il continuo tenere i piedi in due scarpe dell'estabilishment cattolico su qualsiasi tema , teoria gender, eutanasia, aborto, diritti gay, visoni di madonne e chi più ne ha più ne metta, che va dalla visione oltranzisti sedicenti defensor fidei, a quella dei visionari, a quella del cattolico medio che non saprebbe distinguere un passo della Bibbia da uno del Corano, a quella dei un Papa la cui direzione dottrinale è quanto mai confusa da spinte populiste che lasciano perplessi gli stessi fedeli (poi smentite nei fatti , ma tant'è: siamo nell'era del "sembrare").


 

venerdì 21 ottobre 2016

Abiezione di coscienza - parte 1


Per avere un'idea più corretta degli avvenimenti, da sempre mi piace leggere anche la versione della controparte. Può accadere, nel confronto di dover rivedere le proprie posizioni o viceversa, analizzando, di uscire rafforzati nelle proprie convinzioni. L'esercizio del confronto è sempre positivo, anche fosse solo per sé stessi. 
Ovviamente, quando si affrontano temi come l'etica, la morale, la religione, le distanze sono spesso tali che il dialogo non esiste veramente. Non certamente con chi si trincea nella vanità di essere in qualche modo illuminato da una rivelazione. E' quindi, questo, il caso in cui, il ragionamento è più rivolto a me stesso che non ad altri.
L'argomento è ancora quello del recente caso di malasanità avvenuto in un ospedale catanese. Gli articoli di riferimento sono tratti da Avvenire (qui, e qui).

Iniziamo con il primo articolo di Giuseppe Anzani. 
L'articolo comincia con una buona retorica sovvertendo gli avvenimenti in modo da poter poggiare tutto il ragionamento successivo su un terreno più consono. Ma mascherare la verità non è mai un buon metodo, a meno che non ci si rivolga a menti acritiche, che poi sono, ahimè, non solo la media del credente tipo, ma quello dell'italiano generico.
(...) la costruzione implicita di un teorema che ha messo emotivamente in corto circuito obiezione e morte (vedete cosa succede per colpa degli obiettori? si muore), e l’indignazione suggerita alla pubblica opinione, è una provocazione ingannevole.
No. Non è una provocazione ingannevole, ma una precisa accusa da parte dei familiari della vittima. Non è una differenza sottile: è un abisso. Tuttavia come annunciato, il mascheramento della realtà serve per difendere un ragionamento e infatti Anzani continua:
In ogni caso, chiarezza ci vuole e non confusione. I fatti, anzitutto. E le regole. I fatti sono al vaglio degli ispettori e sotto inchiesta della magistratura e ci attendiamo totale verifica. Ma già dall’interno dell’ospedale, del reparto, dalla voce dei protagonisti che hanno vissuto giorno per giorno e poi ora per ora la vicenda, dal direttore sanitario, dal primario, dalla cartella clinica, emergono dati specifici che escludono l’innesto e persino la pertinenza di una "obiezione" ai sensi della legge 194.
 Già i fatti. Come già specificato nel precedente post sull'argomento, nessuno dei protagonisti citati (il primario, il direttore) era presente al momento dei tragici avvenimenti e non credo che l'eventuale obiezione di coscienza del medico accusato sia stata registrata in cartella clinica. I fatti innanzi tutto sono che la famiglia della vittima accusa un medico di aver rallentato le cure per non uccidere un feto, che questa scellerata decisione abbia portato poi alla morte dell'altro feto, quindi della madre dopo dodici ore di agonia. Il resto, quello citato dal giornalista non sono fatti, ma pareri. Continuiamo:
La legge 194 consente al personale sanitario e agli ausiliari di «non prender parte» alle procedure e agli interventi abortivi di cui essa si occupa, quando dichiarino obiezione di coscienza. Non si occupa, ovviamente, di aborti spontanei.
 Anche qui nutro dubbi sulla bontà del ragionamento: cosa sarebbe un aborto spontaneo? Mi spiego: se il medico decide che di non intervenire sulla gravidanza a forte  rischio, sperando magari  nel miracolo di qualcuna delle settemila madonne disseminate nel pianeta cosa si configura, da un punto di vista logico: un mancato soccorso che ha provocato l'aborto o un'aborto spontaneo, ovvero sia qualcosa che sarebbe comunque accaduto?
Il pezzo continua come (in)degnamente iniziato:
Attaccare l’obiezione di coscienza come istituto, ingannando la prospettiva, oltre che fuor di luogo nel caso che stiamo trattando, è un controsenso in radice; la scelta fatta dalla legge ha uno spessore che oltrepassa il principio inviolabile della libertà, già sufficiente a fondarla, perché investe anche un orizzonte di valori sui quali si modella la fisionomia professionale e la tensione etica dell’uomo.
 La scelta fatta dalla legge è molto più prosaicamente l'amaro frutto di una lobby, minoritaria ma molto potente e non avrebbe dovuto sorpassare alcun principio ( a maggior ragione se questo principio è dichiarato inviolabile), come quello della Vita e delle Libertà ad essa legata.  Esse non possono essere messe in discussione dall'etica giusta o peggio, perversa, di qualcun altro. Non se le scelte ricadono sulla vita e sulle libertà di qualcun altro. Così per l'aborto, per l'eutanasia o per altri temi che dovrebbero essere scelte individuali. Altrimenti chiamiamo le cose per nome: non obiezione di coscienza ma abiezione.

Potrei, invero, accettare la chiusa dell'articolo se non fosse, l'ennesima cortina di fumo.
C’è nell'obiezione a partecipare all'aborto volontario e provocato la scelta di stare dalla parte della vita. Una scelta che di per se stessa sprona ogni tentativo terapeutico, quando la vita fosse minacciata (la vita della madre come la vita del figlio) dall'avvisaglia di un aborto spontaneo, che si annuncia come tragico scacco e dolore di una maternità infranta.
Non è del tutto vero: a priori l'obiettore cerca sempre di salvare entrambe le vite anche quando il rischio di perderle entrambe si fa concreto. Non è una scelta dettata dalla ragione ma dal credo.
Salvare, salvare quanto si può, quanto si riesce, è l’unico protocollo della buona medicina. Poi può esistere anche la mala medicina, o la sventura, o la fatalità: la morte o la mala morte. Ma scaricare la mala morte sull'obiezione è malpensiero.
Certo è lapalissiano che il medico, se verranno confermate le accuse rivolte dai familiari della vittima, si sia reso protagonista di  un episodio di malasanità. Ma se questa è dovuta ad una scelta personale dettata da un'etica precisa, allora la colpa è anche di quell'etica: non è malpensiero, ma semplice constatazione dell'accaduto.  

giovedì 20 ottobre 2016

Se non c'è coscienza nell'obiezione


Il tema dell'obiezione di coscienza in campo medico è stato già affrontato più volte in questo blog. Sono andato a rileggere i miei pensieri e devo dire che sostanzialmente non ho cambiato idea, semmai vedere il ripetersi delle tragedie mi rattrista sempre di più. E' di qualche ora fa la notizia della sopravvenuta morte di una donna a seguito di complicazioni in gravidanza su cui, pare non sia stato fatto nulla, perché un "medico" obiettore si è rifiutato di intervenire per salvare i feti.

Ora, il "pare" è d'obbligo, come d'obbligo attendere che la magistratura faccia il suo corso per stabilire se quanto riportato dall'avvocato della famiglia della vittima è veritiero
"fino a che è vivo io non intervengo"
 o come sostiene il primario 
"Non esiste l'obiezione di coscienza in un aborto spontaneo, la signora prima ha abortito e poi è stata male. E nessuno dei miei medici ha mai pronunciato quelle parole. E' tutto falso"
sebbene queste parole avrebbero senso solo se pronunciate dal presunto obiettore e non dal suo responsabile gerarchico, mentre così appaiono più semplicemente un tentativo, peraltro stupido in quanto inutile, di pararsi il deretano. Anche perché l'accusa si basa sul fatto che il mancato intervento, che di fatto avrebbe causato l'aborto spontaneo sia di fatto quello che ha fatto precipitare gli eventi facendo salire a tre le vittime.
Anche il direttore dell'istituto prende le difese, aggiungendo però particolari inquietanti:
Io escludo che un medico possa aver detto quello che sostengono i familiari della povera ragazza morta, che non voleva operare perché obiettore di coscienza. Se così fosse, ma io lo escludo, sarebbe gravissimo, ripeto perché il caso era grave. Purtroppo nel caso di Valentina è intervenuta uno choc settico e in 12 ore la situazione è precipitata.
Anche lui "esclude", lo ribadisce, ma su che basi? Fiducia, conoscenza reale degli eventi (direi di no, altrimenti non avrebbe posto condizioni), paura delle conseguenze?
Intanto però fornisce che dalla crisi al  momento del decesso, l'agonia della donna è durata ben 12 ore!
Perchè?

Ovviamente la domanda rimarrà sospesa, sebbene chi mi sta leggendo abbia già inteso ove sono schierato. Per esperienza diretta e recente ho potuto notare come le cartelle cliniche e in genere i documenti ospedalieri siano redatti in modo superficiale, tanto che anche nella mia ho già potuto riscontrare errori grossolani, che ho dovuto poi spiegare ad altri medici per il passaggio di consegne. 
Inoltre vige la regola meno scrivi (e meno dici) meglio è, mentre il paziente dovrebbe avere il pieno controllo dell'andamento delle cure, anche per il buon esito delle stesse. Un esempio: nella mia lettera di dimissione c'era scritto di proseguire la terapia con eparina ma non veniva specificata per quanti giorni! Ritornando sul tema, la procura afferma che quanto riferito dalla famiglia non sarebbe riportato nella cartella clinica; già ma il medico avrebbe trascritto del mancato intervento per motivi etici?

Rimane poi il problema del numero di obiettori. 
Ricordo in un articolo che scrissi nel 2010 "Non c'è etica senza religione?" che l'allora presidente dell'Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici arrivava a dire, con l'insulso vittimismo di chi davanti ad un media nazionale riesce a sostenere di essere in qualche modo senza voce, che :
"ci sono stati giovani ginecologi che non sono stati assunti in strutture dove si praticava l'aborto per aver manifestato la loro identità cattolica, per via del problema dell'obiezione di coscienza".
E non contento si augurava che ci si adoperasse per:
riservare metà dei posti disponibili a personale obiettore, e l'altra metà a chi non lo è, in modo da garantire il servizio e tutelare al contempo le posizioni di tutti
La verità? Eccola:


Ora, ai "religiosi" che antepongono la propria morale alla vita (ed alla libertà) altrui, ergendosi giudici in terra (sebbene  non si capisca bene, chi o cosa, li abbia insigniti di tale potere, visto che il loro testi, i loro padri, pastori e compagnia bella, hanno detto e fatto,  nel tempo, il tutto e il suo contrario), mi verrebbe da chiedere quale sia la vera coscienza dietro l'obiezione? Preferiscono l'inferno in terra per altri, pur di salvarsi la loro candida "animuccia"? Perché a questo in fondo il tutto si riduce.
Non credo possa esistere squallore più inverecondo.




giovedì 27 febbraio 2014

Solo dio può




"Solo Dio può".
Quante volte, quante maledettissime volte, abbiamo sentito pronunciare questa menzogna?
Cosa può davvero un "entità", posto che lo sia, la cui esistenza è solo possibile credere, giacché  non si ha evidenza alcuna se non attraverso testimonianze deliranti in libri sacri per lo più ricolmi di violenza?

lunedì 3 giugno 2013

Giustificazioni



E sun partii per la tèra santa, 
la lama in cieel e l'infernu in tera 
Perché m'hann dii che l'era santa anca la guera 
Culpi da spada a furma de cruu
s culpi da spada a mezzalöena
 Che in paradis a tücc ghe spècia una pultrona
 E i m'hann dii che sèn cupàvi tanti,
 scancellàvi i mè pecàa
 Che l'è diverso cupà quii giüst e quii sbagliàa

(E son partito per la terra santa
la lama in cielo e l'inferno in terra
perchè mi hanno detto che era santa anche la guerra.
Colpi di spada a forma di croce,
colpi di spada a mezzaluna
che in paradiso a tutti spetta una poltrona.
E mi hanno detto che se ne ammazzavo tanti
cancellavo i miei peccati,
che è diverso uccidere quelli giusti e quelli sbagliati )

Davide Van de Sfroos "Il Cavaliere senza morte"


Qualche giorno fa, su Brrrainblog , durante uno scambio d'opinioni sul tema di come una religione, nello specifico l'Islam, potesse giustificare un omicidio o addirittura elevarlo a gesto eroico, lessi una frase che mi colpì molto:
Non posso accettare che una religione arrivi a giustificare questo. 
Non nel 2013.
In un primo tempo, in relazione a ciò che era presente nell'articolo, anche io ho provato esattamente la stesso moto di rifiuto, ma poi, ragionando giunsi ad altre, molto più amare, conclusioni.

mercoledì 22 maggio 2013

Il Miserabile

Il suicidio, forse uno degli atti più estremi che può compiere l'essere umano, può avere motivazioni più o meno condivisibili che renderanno il gesto, al di là della tragedia, motivo di culto o di disprezzo.
Alcuni tipi di suicidio sono di fatto inconcepibili per una cultura e glorificate da un altra: si pensi ad esempio al suicidio rituale dei samurai, volto a riconquistarsi l'onore perso, spesso, per non aver avuto la forza di immolarsi a una causa impossibile.
Nel mondo occidentale cristianizzato il suicidio è per lo più condannato, poiché la vita, considerata dono divino (parlo di cultura, non di convinzioni del singolo), non può essere soggetto di rinuncia volontaria; sarebbe come restituire in malo modo, per l'appunto un dono e per di più all'ente creatore.

mercoledì 7 novembre 2012

Versus Obama


Non certo io,sebbene debba ammettere di essere stato inizialmente affascinato e in seguito un poco deluso, al punto di chiedermi se l'attuale Presidente USA sia  un sincero innovatore o (più miseramente) un ottimo prodotto mediatico (suppongo che la verità stia nel mezzo).
A porsi di traverso e a tifare per lo sfidante, da poco, e nonostante lei, uscito sconfitto, è la Chiesa Cattolica Americana.

martedì 4 settembre 2012

E' morto un uomo


La eco dei canti funebri dedicati al Vescovo emerito di Milano Cardinal Martini, si sono appena spenti. 
I media si sono scatenati ognuno portando acqua al proprio mulino per accontentare la propria ideologia, le proprie tesi, spesso lecitamente, altre in modo intellettualmente disonesto. Persino la gente comune si è divisa sulla figura di quest'uomo, sintomo questo di una sua specifica grandezza: si sono divisi sulle sue opere, sulle sue parole e persino sulla sua morte, in particolare su quel rifiuto all'accanimento terapeutico che alcuni hanno visto in contrasto con l'etica cristiana, altri no.

lunedì 23 luglio 2012

I normali


"...ma il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri. 
Procurate di lasciare questo mondo un po' migliore di quanto non l'avete trovato e,
 quando suonerà la vostra ora di morire,
 potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo,
 ma di aver fatto "del vostro meglio"
(Robert Baden-Powell fodatore dello Scoutismo)

L'umano arriva dove arriva l'amore; 
non ha confini se non quelli che gli diamo
(Italo Calvino).
«Ha trionfato la parte più tradizionalista e legata ai valori della famiglia “normale”» 
Questa affermazione è stata pronunciata da un anonimo genitore americano (fonte Secolo XIX), sottolineando con toni per l'appunto trionfalistici, l'esclusione degli omosessuali dai reparti degli Eagle Scout, o Boys Scout of America.

mercoledì 18 luglio 2012

Libertà di imporre


Mi sono occupato più volte della parlamentare Eugenia Roccella, in particolare riguardo l'inumazione dei feti abortiti (qui) e alle tristemente celebri linee guida che miravano ad impedire ad una coppia portatrice di malattie genetiche di procedere con la procreazione assistita (qui). In linea di massima, ho sempre considerato la suddetta l'ennesimo parto mal riuscito del Partito Radicale, il quale, senza scomodare le provocazioni pannelliane di onorevoli porno attrici, ci ha regalato oltre che la suddetta, gente dotata di suprema coerenza come Rutelli e Capezzone (a volte mi chiedo quale demone spinga Pannella a scegliere la gente).

martedì 17 luglio 2012

La gratitudine non rende


"Non me ne fotte un cazzo. 
Se lui è il presidente del Consiglio o, cioè, è un vecchio e basta.
 A me non me ne frega niente, non mi faccio prendere per il culo. 
Si sta comportando da pezzo di merda pur di salvare il suo culo flaccido.
 Giusto che si faccia sentire lui se non lo farà mi comporterò di conseguenza... 
quel briciolo di dignità che mi rimane la voglio tenere... 
visto che lui non mi ha chiamato...
 gli faccio prendere paura. 
Quando si cagherà addosso per Ruby chiamerà e si ricorderà di noi, 
adesso fa finta di non ricevere chiamate"

Qualunque cosa succeda nel centro destra tutti devono sottostare al padrone: questione di gratitudine. 
La gratitudine viene prima di tutto, persino delle proprie idee, della propria identità, dell'onestà intellettuale. 
Quando Sara Giudice, allora ancora nel PdL levò le sue critiche sulla la candidatura blindata della Minetti, ovvero la brava ragazza di madrelingua inglese, esperta in materia sanitaria (sic) nonché angelo di Don Verzè, fu attaccata dai giornali vicini al cavaliere e tacciata di ingratitudine. 

mercoledì 4 luglio 2012

Scelte matrimoniali


Alla fine, dopo 17 anni di consolidato rapporto, definizione questa tra le più scialbe per definire il sentimento d'amore che ci lega, io e la mia compagna abbiamo deciso di sposarci. 
Ci siamo arresi all'evidenza che la politica italiana è lungi dal riconoscere il cambiamento dei tempi e, con essi, del comune intendere la vita della moderna società. 
Vi sono resistenze molto forti in tal senso, sia a destra che a sinistra, passando per gli insulsi partitucoli  padronali che infestano il Parlamento. 
Non c'è da stupirsene.

giovedì 14 giugno 2012

Perché i Gay ci manderanno in bancarotta


Non sono io a dirlo, mettiamolo subito in chiaro. 
Chi segue il blog sa benissimo che non ho alcuna pregiudiziale nei confronti di nessuno.
A sostenerlo è una vecchia volpe della politica italiana, uno di quelli che dovrebbero ritirarsi solo per il fatto di essere stato uno degli amministratori a cui dobbiamo l'attuale sfacelo, l'ex Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi.

martedì 12 giugno 2012

A bocce ferme (o quasi)


Non sono riuscito a tenere chiusa la boccaccia o, se vogliamo essere precisi, tenere lontano le dita dalla tastiera, quando, a causa la tragedia del terremoto si volevano cancellare le varie manifestazioni, in primo luogo quelle della parata militare che tanto scandalo pareva destare, per arrivare a quella del Papa, in occasione dell'incontro con le Famiglie nella città meneghina. Ebbene ora, a bocce ferme, voglio concludere il discorso.
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