Ad Expando

sabato 25 dicembre 1993

Il Mare della Vita



Se credi che il momento sia infine arrivato

Nessun grido, per quanto forte,
Potrà mai reprimere quella voce che ti scuote dentro.
A che servono quindi i consigli, le raccomandazioni
O finanche le minacce?

A niente, certo se colui che ascolta ha già deciso;
Forse a qualcosa se le parole servissero
A rompere definitivamente un guscio di vita tropo vecchio
Affinché quella nuova vita che freme per essere, sia.

Salpa dunque con la tua nave, per il mare della vita.
Troverai tempeste
E bonacce intralceranno il tuo viaggiare.
Poche volte i venti gonfieranno le tue vele
Per spingerti laddove si erge la tua meta.
Appariranno pirati
E scaltri mercanti incontrerai sulla tua rotta.
Ti parrà, fuggiasca illusione

Di scorgere tritoni cavalcare le onde orgogliose:
Guardati da loro, meraviglie dell’irreale.
Nelle notti quiete e limpide
Surreale preannuncio di mareggiate
Distogli il tuo sentire dal canto adulante delle sirene,
Invero viscide arpie:
Quelle voci che dapprima ti cullano
Sono artigli che dopo dilaniano.
Guardati dalle nubi del cielo
Dalle onde e dagli abissi che esse celano.
Vinci le correnti impetuose
Che governano i sette mari,
Scovane i tesori sepolti,
Sebbene il cuore sussurrando mi svela
Che mai l’oro ha brillato come il sole
Né l’argento come la luna
Riflessa sulle quiete acque.
E non dimenticare mai che un giorno dovrai attraccare,
Un giorno forse
Più vicino di quanto la tua lungimiranza possa immaginare
Ivi ricorda:
E’ dell’amico biasimare la follia di un amico
E giudicando
Che il sorriso della verità è un ghigno
Per coloro che guardano con occhi torvi.

Questo è il mare.
Esso molto dona, molto pretende e nulla perdona.
Non tentare di vincerlo, poiché, invero mai potrai.
Cercane invece il segreto
Nei meandri della tua saggezza
Cerca, ama, e infine troverai.

Questa è la Legge
O forse soltanto il mio sapere.

Ma dunque va
Il mare della vita aspetta
Terre vergini ti attendono
Va e tanti auguri, sorella mia,
Cuore ribelle
Anche per questo giorno di effimera bontà.



Seregno (MI), 25 dicembre 1993






giovedì 16 dicembre 1993

Inverno


Dei sempreverdi guardiani
Dei monti,
Il solitario respiro
Corale
Che scuote
Il cielo

E l’universo
Ricomincia
A morire.


Seregno (MI), 16 dicembre 1993





venerdì 3 dicembre 1993

A Giuseppe Ungaretti



Increspatura del silenzio!


Ho rotto
Il respiro
Dell’attimo immortale
Bevendo la mia luce
Da un calice di tenebra

IO,
DIO

Il niENTE


Esalazione


Bestemmia del creato
Ho divelto l’arpa

Io sono
Colui che scava
Le parole
Dall'abisso

Nient’altro che un verme
Che rode il tuo cadavere,

O Magister


Dubai, 3 dicembre 1993





sabato 27 novembre 1993

Driade


È apparso
Fuggiasco
Il tuo volto silvano
E subitaneo
Svanito,
Cometa,
Al mio sguardo rapito

Ti ho rivisto!
(ma è di nuovo scomparsa)

Silenzio
Tra i rami del bosco.
Il cielo s’è terso.

Risuona un grido
Non senti?
Io canto.

L’universo.




Dubai, 27 novembre 1993










giovedì 7 ottobre 1993

Folletti


Sobbalza
Al suon di una danza
La fiamma
Di un fuoco nascosto
Al centro
Del bosco.

E d’incanto
Nel verde cammino
Allo spiazzo argentato,
Di flauto
Una musica dolce s’innalza
Giungendo
Alle tremule foglie
Di un pioppo
All’azzurro
Alla luna
Che purpurea
Risorge
In un inaspettato
Plenilunio silenzioso.

È la notte
Del bosco.





Dubai, 7 ottobre 1993





lunedì 13 settembre 1993

Madre


Triste oceano
L’iride velata.
Nel silenzio
Che lacera l’eterno
In un grido
Il tuo cuore abbraccio

Madre

Mia dolce fata,
Non fossi tu nient’altro
Che una donna.



Dubai, 13 settembre 1993





mercoledì 1 settembre 1993

Trasporto



D’acqua cheta
In un sogno surreale
Il profumo dolce
Dei ricordi mai vissuti.

Ed ebbro
Il mio cuore
Di un attimo tace
Sui boschi
E sui cieli
Della Brianza,
Mia terra.

Da nebbie, sui campi
Remote
Alle foglie adornate
Di umidi aromi,
Ai suoni,
Ovattati d’autunno
Dei carri e dei buoi
Che l’uomo guidava
Oltre il fosso
Ad un passo
Dall'eremo focolare;

A quei corvi
A quell'etra lontano
L’anima anela,

Alle cicale nascoste,
Al campanile alto sull'orizzonte
Che batteva le ore,
Mentre un altro sole
Moriva
Abbandonando
Questa parte di mondo
Alla civetta
Che ancora cantò.



Dubai, settembre 1993








giovedì 26 agosto 1993

Stella del Mattino



Come le lacrime
O i canti d’usignolo.
Tremolio di astri al vento,
In un respiro,
Ho saggiato e vissuto eoni.
Le mie mani,
E quel brivido purpureo,
Mentre ascoltavo il cuore
Sciabordare quieto
Sulle acque marine,
Scendevano
Ed annegavano
Nella tua luce.
All'orizzonte.


Dubai, 26 agosto 1993






lunedì 19 luglio 1993

Il Vento



L’Arcano
Rivelato
È nell'aria.

Soave carezza
Dell’immenso:
E’ la vita.

Ed io
Sono
Finalmente
Vento.


Seregno (MI), 19 luglio 1993






mercoledì 2 giugno 1993

Dove sei?


Ho pregato
Perché potesse, il vento,
Portare la tua voce
Anche qui
Dove il dolore
Striscia nell'abisso,
Perché il cielo potesse
Nel suo tramonto più infuocato
Risplendere,
Anche solo di riflesso,
Il fulgido bagliore
Che certo incendia
I tuoi occhi.

Ho chiesto al mare
Se nel suo spaziare infinito
Alla vista mortale
Avesse onde a sufficienza
Per custodire ogni sussulto
Del mio cuore,
E a Dio
I silenzi
Le stelle e gli universi
Per poi cederli
Al più scaltro dei demoni
In cambio di una visione di te
O sconosciuto dolce amore.



Solbiate O. (VA), 2 giugno 1993






lunedì 15 marzo 1993

Jalalaqsi


Un teschio 
E’ il tuo volto riflesso, 
Jalalaqsi, 
Nello stagno spettrale 
Di questo cielo, 
Dove ho affogato l’anima. 


Jowhar, marzo 1993





lunedì 1 marzo 1993

Africa


Africa
(poesia per una trovatella)

Ho guardato in volto
la mia paura
nei sorrisi dei bambini
malati,  innocenti
 vittime del destino

Ho guardato in volto 
la mia speranza
e ho visto te, Cecilia
fragile soffio 
palpitante di vita

Ho percepito i pensieri,
gli sguardi.
Ho visto guerrieri 
tra le braccia cullarti.

Ho visto il volto 
del mio volto di uomo
nei tuoi occhi: il sogno
che credevo perduto

Jowhaar, Marzo 1993



Appunti di Viaggio
Scrissi questo componimento nel 1993 nell'ambito dell'operazione militare, cosiddetta di pace, denominata IBIS, in terra somala; più precisamente a Jowhaar, località conosciuta nelle vecchie mappe come Villaggio Duca degli Abruzzi, a una novantina di km dalla martoriata capitale Muqdisho, lungo la Strada Imperiale costruita durante la dominazione Fascista. Qualche giorno prima prima di spostarci a Jowhaar il campo ospedaliero (ero infermiere militare) era allocato a Jalalaqsi, un agglomerato di capanne in un punto indefinito tra la savana, deserto e le brune rive del fiume Leopardo; Webi Shabeelie nella lingua locale. Una mattina alcune donne indigene affidarono un fagottino alle Crocerossine che operavano con il reparto; avvolta negli stracci vi era una piccola frugoletta, probabilmente abbandonata a causa della malaria che la stava devastando. Amorevolmente curata, la piccola fortunatamente (è il caso di dirlo) si riprese, sebbene fu subito chiaro che i nervi ottici erano stati irrimediabilmente danneggiati dai picchi della febbre malarica. La piccola fu adottata dal reparto e gli fu dato il nome di Cecilia. 
Non fu mai del tutto chiaro se fossimo stati noi a curare la piccola o la piccola a curare noi. In genere gli infanti morivano o perchè giunti troppo tardi, o perchè colpiti da più malattie contemporaneamente, o perchè comunque povertà, fame e sete avevano già pesantemente minato la loro resistenza. Dapprima la morte ti devasta, poi ti ci abitui, diventa routine. Cecilia, fu come un alba dopo una notte troppo lunga, ci rese il significato della vita e ridiede un senso al lavoro di chi come me, vedeva come risultato di ogni sforzo, null'altro che il dare qualche attimo in più ad un condannato a morte.
Stilisticamente non la trovo un granché, ma sono molto affezionato a queste poche righe: per me è come aver preservato un po' di lei, e con lei un po' di me.

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