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giovedì 29 ottobre 2009

Halloween

Pumpkins-2 Nei paesi di lingua inglese, in questo periodo e più precisamente il 31 ottobre si celebra la cosiddetta Notte di Halloween, durante la quale le persone, soprattutto bambini, festeggiano girando mascherati da mostri, streghe e folletti. Una festa che, seppur osteggiata da ambienti oltranzisti cattolici, pare stia prendendo piede anche dalle nostre parti. Ma da dove deriva questa festa, cosa significa Halloween, perchè ha assunto questa caratteristica? Vediamo di dare delle risposte coincise, mentre per eventuali approfondimenti vi rimando al testo di un noto studioso della tradizione celtica, Riccardo Taraglio che potete trovare a questo link.
Il 31 ottobre è la vigilia di Ognissanti, festa introdotta da Papa Gregorio IV, nel 835 d.C. per celebrare tutti quei santi e martiri che non avevano trovato spazio nel calendario. In realtà la scelta del periodo fu tutt’altro che casuale: la festa di Ognissanti (e il successivo giorno dedicato ai defunti, introdotto dai monaci Benedettini nel 988 d.C.)  fu fatta cadere in concomitanza al periodo celebrativo derivato dalle tradizioni celtiche di Samhain o, in gallico Trinoux Samonia, periodo che segnava la transizione di un ciclo annuale ad un altro: in altre parole una sorta di capodanno celtico. Tali tradizioni, sebbene, mi si consenta il termine, imbastardite dal successivo e continuo passaggio di culture differenti, rimase viva e perdurò a lungo in modo particolare nelle aree rurali, in genere più restie ad abbandonare gli antichi riti e credenze. La Chiesa aveva da tempo iniziato un’opera di eradicazione di quello che definiva superstizione, ovvero delle precedenti credenze pagane e l’esperienza insegnava che era molto più redditizio sostituire un rito o una festa sovrapponendone una di matrice cristiana, piuttosto che vietarne lo svolgimento, anche se va detto che vi sono molte eccezioni e che spesso i monaci usarono metodi brutali per impedire ad esempio l’accensione dei fuochi sacri.
Riguardo l’origine del termine, invece,  va detto che molto semplicemente la parola Halloween altro non è  che la contrazione delle parole inglesi All Hallows Eve, letteralmente Vigilia di Ognissanti.
Perché tale festa ha assunto questi connotati?
I motivi vanno ancora ricercati nelle tradizioni di matrice celtica. Laddove la notte di Halloween viene vissuta come una tradizione propria, e non come nel nostro caso, importata, i bimbi si travestono da folletti, mostri e streghe e girano per le case chiedendo cibo o monete per evitare tiri mancini, la famosa “Trick or Treatin?”, letteralmente “ Scherzo o banchetto?”. Nei paesi dove tali tradizioni perdurarono, le Isole Britanniche, la Bretagna, l’Irlanda ed alcune zone dell’Italia settentrionale, vi era la consuetudine di passare di casa in casa in una sorta di processione nella quale si richiedevano cibi e bevande rituali da offrire ai defunti. Si inseriscono poi, alcuni aspetti antropologici in particolare legati al travestimento, utilizzato sia come metodo per uscire dal proprio ruolo sociale, come nel nostro carnevale, sia con scopo di esorcizzare le forze distruttive della natura o le componenti spirituali negative (spiriti e defunti).

La Zucca di Halloween


Meno impegnativa e forse più divertente invece è la storia di Jack O’Lantern, la celebre zucca simbolo di Halloween, anche se, va detto originariamente non di zucca, ma di rapa si trattava.

Narra la leggenda, tutta irlandese e molto cristianizzata, di un beone di nome Jack che dopo una sbornia colossale proprio alla vigilia di Ognissanti, incontrò il diavolo in persona che aveva tutta l’intenzione di portarselo all’Inferno. Hallowmas_2005s Jack però non aveva nessuna intenzione di andare nell’aldilà e d escogitò un piano. In un primo tempo propose al Diavolo di acconsentirgli, prima della dipartita, un’ultima bevuta, e quando il Diavolo assentì, Jack prese a frugare le tasche alla ricerca di una moneta che sapeva di non avere. Il Diavolo stava perdendo la pazienza, ma Jack chiese astutamente al Diavolo di trasformarsi in una moneta da 6 pence affinché potesse pagarsi l’ultimo bicchiere. La cosa parve divertire il Diavolo che operò la trasformazione convinto che la cosa si sarebbe presto risolta, ma l’uomo ne approfittò immediatamente, prese la moneta e la depose all’interno di un piccolo borsello in cui teneva un crocifisso.
Il Diavolo, imprigionato e schiumante di rabbia, minacciò Jack di ogni sorta di punizione, ma alla fine, vinto implorò a Jack di liberarlo,
L’uomo acconsentì a patto che gli fosse lasciato un altro anno di vita. E così fu.
In un primo tempo, come spesso accade a chi scampa un pericolo mortale, Jack sembrava aver trovato la buona strada e si mise d’impegno comportandosi da buon cristiano nei confronti di moglie e figli, ma ben presto cadde ancora nel vecchio vizio della bottiglia, fino a che l’anno concesso passò.
Puntualmente il Diavolo comparve a Jack per reclamare la sua anima, e l’uomo ormai rassegnato stava per arrendersi quando improvvisamente gli sovvenne l’ennesima truffa.
Passando accanto ad un albero di mele, chiese al diavolo di concedergliene una prima di dipartire per l’oscuro inferno. Il Diavolo accettò ancora e si arrampicò sull’albero per cogliere una mela.
Ma non appena salito sul tronco jack incise sulla corteccia  il segno della croce, gabbando per l’ennesima colta il povero Diavolo. Per ridargli la libertà chiese questa volta dieci anni al termine dei quali avrebbe ceduto l’anima senza ulteriori richieste.
Ma questa volta fu Jack a soccombere: il fisico duramente provato da una vita dissennata non resse a lungo e l’uomo morì, prima ancora che scadessero i fatidici dieci anni.
Jack si presento in Paradiso, ma a cagione della sua pessima condotta le porte non si aprirono e così dovette suo malgrado andare all’Inferno. Anche qui però non fu accolto, giacché il Diavolo rancoroso per le umiliazioni subite non lo voleva tra i suoi domini. Tuttavia mosso a compassione, prima di lasciarlo vagare tra le nebbie del limbo tenebroso, il Diavolo fornì a Jack una candela affinché potesse illuminarsi la via.
L’uomo prese la candela e la pose in una rapa scavata in modo da ricavarne una lanterna e alla flebile luce di questa vagò nel Limbo alla vana ricerca di un posto dove dimorare.
Vuole la leggenda che nella notte di Halloween quando il velo che separa il mondo dei vivi da quello degli spiriti si assottiglia, si possa vedere lo spirito di Jack  vagare per le tenebre in cerca di pace, preceduto dalla tremula luce della sua strana lanterna.

ATTENZIONE:
Questo post deve molte delle sue parti al sopraccitato testo di Riccardo Taraglio, testo che è coperto da copyright ed è utilizzabile solo a determinate condizioni, in particolare per la distribuzione gratuita nelle scuole, nelle biblioteche e nei circoli culturali, mentre se si vuole utilizzare al di fuori di questo ambito sarebbe bene, come ho fatto anche io, chiederne l’autorizzazione. Per farlo basta entrare nel suo sito cliccando qui.

mercoledì 30 settembre 2009

L'Aldilà degli Antichi: I Celti

Viaggio all'Inferno - Schede
L’aldilà dei Celti (inferno è qui inteso per lo più nell’accezione latina del termine), è un luogo controverso, che fa riferimento a diverse tradizioni spesso in contraddizione tra loro. A volte appare, infatti, come luogo di bellezza e felicità, altre include le credenze tipiche dell’area mediterranea e mediorientale assumendo la valenza di “Reame dei Morti” (Sheol ebraica, l’Amenti dell’antico Egitto, l’Ade greco, ecc), ed infine, può apparire come luogo oscuro e terribile, infestato da demoni.
Tali contraddizioni emergono anche nelle fonti e se da una parte è noto che i Druidi credevano ed insegnavano l’immortalità dell’anima e la trasmigrazione della stessa in un nuovo corpo (metempsicosi), dall’altra, gli scavi presso le tombe dell’era Hallstattiana e della cultura di Late hanno rivelato come i morti venivano inumati insieme ad attrezzi e a cibo quasi a voler garantire agli stessi un’esistenza oltre la morte ( vedi immagine)
L’ambiguità si riscontra peraltro anche nell’ubicazione stessa dell’aldilà: spesso infatti era un luogo vago, non posizionabile su una mappa, come ad esempio un’isola indefinita nel lontano occidente, altre volte veniva posizionata sotto colline, o in luoghi precisi e identificati, considerati dimore delle divinità (laghi, fonti, ecc.). In Irlanda, ad esempio, l’aldilà coincideva con i famosi Sidh, ovvero le colline cave ove risiedevano le creature della mitologia, tra cui i celebri Tuatha Dè Danann, ivi rifugiatisi in seguito alla sconfitta subita da parte dei figli di Mìl, antenati dei Gaeli, popolo che li avrebbero poi divinizzati. Interessante ricordare che S. Patrizio, il vescovo patrono d’Irlanda, identificò nei Sidh gli stessi Dei pagani sconfitti dal trionfante Cristianesimo. Anche le caverne sono spesso identificate come anticamera del regno dei morti, famosa quella di Cruachain, citata nell’Echtra Nerai o “Avventure di Nerae” irlandese.
Del resto sono numerose le “avventure” nell’Oltretomba, oltre alla già citata Echtra Nerae, si ricordano l’Echtra Conli, l’Echtrae Cormaic, l’Imrain Brain (viaggi di Brann) e personalmente farei rientrare anche il testo medioevale del Navigatio Saint Brendan di ovvia matrice Cristiana, ma pregno di rimandi alla cultura celtico-irlandese, che alcune testi citano tra le fonti di ispirazioni, oltre all’islamico Libro della Scala, della Divina Commedia di Dante Alighieri.
In tutti questi casi presenti per lo più nelle saghe Irlandesi, l’altro mondo era paragonabile all’Eliseo greco, un luogo di eterna felicità, dove erano bandite ogni forma di sofferenza, e persino il tempo aveva un suo proprio incedere, tanto che a pochi giorni nell’aldilà potevano corrispondere decenni o secoli nel mondo dei mortali.
Tra i vari luoghi citati nelle saghe ricordiamo, Emain Abhlach (isola delle mele) ubicata in un luogo indefinito al largo delle coste di Alba (Scozia), confusa erroneamente con l’isola di Man. L’isola, sede della Divinità marina irlandese, viene descritta nei sopraccitati viaggi di Brann, come luogo di delizie. Per gli amanti del ciclo Arturiano Emain Ablach può considerarsi una fonte ispiratrice per l’isola di Avalon.
Più famose sono Mag Mell e Tir na nOg, similari terre dell’eterna giovinezza, presenti nelle avventure di Nerae e di Oisin
Curiosa è certamente Hy Brazil, dei viaggi di S. Brandano, una paradisiaca isola al largo dell’Irlanda, riconducibile ai miti di Atlantide e del Paradiso terrestre. Il Navigatio Saint Brendan ebbe nel medioevo un così grande successo che influenzò persino la cartografia: l’isola di Hy Brazil o Hy Breasil, si trova nelle mappe Catalane di Angelino Dalorto (1325), nella Medici (1351) e in molte altre ( da notare che sono antecedenti ali viaggi di Cristoforo Colombo). Vi sono tesi, nonostante tutto improbabili, che fanno addirittura risalire il nome del Brasile, proprio a quest’isola immaginaria.
L’Annwfn gallese( l’Anaon Bretone), invece subisce un mutamento nel tempo: luogo di gioia e spensieratezza, si trasforma dapprima nel buio e terrificante regno dei morti , il Tech Duinn o, Casa di Donn divinità simile al Dis Pater Romano, poi con l’avvento del Cristianesimo, diventa l’Uffern (Inferno) come riportato nei testi del XII sec.
Nel Tech Duinn il dio Donn, viveva infatti attorniato dai morti. Con l’avvento del Cristianesimo, i monaci adattarono la figura di Donn con quello di un diavolo, causa di tempeste e naufragi e trasformarono la sua casa come luogo ove le anime dei dannati sostavano nel loro viaggio verso l’Inferno. Per quanto riguarda la presenza di Demoni nella mitologia celtica, infine, essi sono sì presenti, ma sono chiamati così in epoca tarda, molto probabilmente sempre a causa dell'influenza cristiana.

Vedi anche:
Viaggio all’Inferno

Viaggio all'Inferno - seconda parte:

Viaggio all'Inferno - terza parte:

mercoledì 28 marzo 2007

Le porte di Tir na nOg


Le Porte di Tir na nOg

Come soffici nebbie, le velate frontiere
di sogni vaghi, come cose non vere
di specchi d'acqua le soglie fatate
i sentieri e le porte di Tir na nOg


Ciò disser, in ultimo, del vecchio le mani
vaghe indicando quei luoghi lontani
puntando col dito la calva collina
di là del bosco, verso mattina


D'un giovin parlò, con voce tremante
quasi un sussurro, come fosse a sé stante,
parlò di chi il sentier ebbe perso
cagion dei propri pensieri immerso


E lasciato il sentiero al bivio del bosco
mentre tutto si tinse di ombra e di fosco
salì su pel colle per strade sognate
da mille e più anni dimenticate


Non v'eran tracce, né solchi disposti
per quella strada celata tra i boschi
ma il passo avanzava laddove sapeva
non v'erano inverno né primavera


Lì vide luci, come volte stellate
dentro un magico cerchio di funghi di fate
danzavan le voglie leggiadre ed amene
ronzando nell'aere come falene


E ninna dolce nell'aria vibrava
di flauti e violini il tutto incantava
rullavan tamburi di foglie di olmo
sul verde prato che ornava il colmo


Fu così, quindi, che rimase rapito
tosto danzando di vento vestito
saltando e danzando con bellissime dame
senza il peso imminente di sete o di fame


Ma dove andava il ciel che fuggiva
dove le nubi, nessuno capiva
come la musica nascose l'ora
e tutti tornaron nella cava dimora


Tutti svaniron, gli elfi e le fate
come un riverbero di onde argentate
come un riflesso dentro uno specchio
ed egli d'incanto si ritrovò curvo e vecchio


Questo mi dissero del vegliardo le mani
con le dita indicando luoghi lontani
pronunciando parole con un mesto sorriso
mentre lacrime amare gli rigavano il viso


Fu proprio allora che un raggio di sole
salì sopra il colle disegnando l'albore
colpì il vecchio e come fosse rugiada
lo sciolse in vapore tra il campo e la strada


Fu certo strano per un raggio di sole
salito nel cielo per portare l'albore
colpito che ebbe il vecchio alle spalle
riempire di nebbia tutta la valle


Ma son soffici nebbie le celate frontiere
di sogni vaghi come cose non vere
son specchi d'acqua le soglie fatate
i sentieri e le porte di Tir na nOg.


28 marzo 2007






Appunti di Viaggio

Ricordo che quando scrissi questo testo  lo buttai giù di getto, e solo in seguito apportai alcune modifiche per lo più insignificanti. Inoltre, ero a letto con la febbre piuttosto alta quindi, non ho mai capito se tutto ciò sia frutto di ispirazione o di delirio, eventualmente guidato dall’inconscio e dal mio vecchio amore per il mito e la fiaba. Oltretutto, a differenza di altri miei scritti questo assomiglia più al testo di una canzone: un giorno o l’altro chiederò a qualche musicista di musicarla, chissà cosa ne verrà fuori.



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