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martedì 14 aprile 2009

Dall’Ebraismo al Cristianesimo

Viaggio all'Inferno



Il Cristianesimo si affacciò nella storia come una setta apocalittica, ovvero annunciando come imminente la fine dei tempi e la venuta di un Regno Celeste. Nonostante ciò l’Escatologia cristiana delle origini non era particolarmente articolata e, come è ovvio che fosse, si limitava a sviluppare le credenze ebraiche del tempo. C’era dunque un Regno dei Morti, lo Sheol, e un altro che lo stesso Gesù definiva , un luogo tenebroso“ove sarà pianto e stridore di denti” (Matteo 8:12), più volte chiamato con il termine, ormai noto, di Gehenna; infine c’era il Paradiso, una locazione nuova che, beninteso non aveva nulla a che vedere con l’Eden. L’Eden infatti, era considerato qualcosa di tangibile, non a caso chiamato “terrestre”, (ovvero sulla terra, ed infatti come limiti di tale paradiso vengono menzionati fiumi reali) e soprattutto era qualche cosa di irrimediabilmente perduto. Questa new entry rappresentava invece un luogo dove le anime dei giusti avrebbero goduto della gloria del Padre. Anime, dunque, luogo ultraterreno. Abbiamo visto come l’idea del Giudizio post mortem venne introdotto dal Mazdaismo, ma il salto di qualità fu fatto alla fine del II sec. AC nel periodo storico cui fanno riferimento i testi biblici dei Maccabei.
Miniatura della Parabola del Ricco e del Mendicante
A quell’epoca le popolazioni ebraiche erano particolarmente vessate dal pesante giogo imposto loro dai successori dell’Impero di Alessandro il Grande, i Seleucidi, e dal loro tentativo di creare un mondo di matrice ellenica. Sotto Antioco IV Epifane, infatti fu posto per legge il divieto alla circoncisione ( che rappresenta il patto con Dio), il divieto di santificare il sabato, nonché, a somma profanazione, fu posta nel Tempio di Jaweh, una statua di Zeus-Baal. Tali angherie furono la principale causa della sollevazione giudaica iniziata da un sacerdote di nome Mattatia, che viene innanzitutto appoggiato dagli oltranzisti in particolare dagli Asidei (che si evolveranno nei Farisei di evangelica memoria e negli Esseni). Al Sacerdote succederà nella lotta il figlio, tale Giuda Maccabeo le cui gesta sono per l’appunto descritte, insieme a quelle dei suoi parenti nei cinque libri dei Maccabei, due dei quali sono considerati canonici (ovvero fanno parte della Bibbia) per i Cattolici, mentre sono considerati tutti apocrifi, ad esempio, dagli Ebrei stessi.
Perché questa lunga disquisizione storica? Per il semplice motivo che la rivolta maccabea non ebbe solamente una valenza politica, ma fu supportata, se non addirittura causata dalla religione stessa. Ovviamente, al fine di supportare la rivolta, i sacerdoti ripresero a profetizzare l’avvento di un messia che poteva essere, a seconda del momento, un condottiero o un grande profeta, comunque un liberatore. La religione venne in questo periodo piegata all’esigenza, venne introdotta definitivamente l’idea della resurrezione e quindi del giudizio, da cui, per tortuose vie si arriverà a definire persino l’idea del Purgatorio. Fu in questo periodo che nacque la setta degli Esseni che, come abbiamo visto ripresero i concetti del Mazdaismo e li rielaborarono in una sorta di cultura che possiamo definire protocristiana. Parimenti, fu in questo periodo che si fece di nuovo strada l’idea di un Salvatore inviato da Dio che, alcuni, identificarono nella figura di Gesù di Nazareth. Gesù, peraltro, annunziava una fine dei tempi imminente sotto forma di giudizio, come del resto ci indicano i vangeli, e di fatto, al termine della sua vita, su questa linea di pensiero, i vangeli stessi descrivono vere e proprie immagini apocalittiche (Terremoto, tombe scoperchiate, tenebre, ecc..).
Tuttavia Gesù non diede mai conto delle meraviglie del Paradiso, né descrisse l’inferno se non come abbiamo già riportato nella citazione del vangelo di Matteo. L’inferno tutto pianto e stridore di denti era divenuto però, un luogo intangibile, posto nelle vicinanze del Paradiso tanto che, nella parabola del mendicante Lazzaro (da non confondersi con il più famoso, resuscitato), il Ricco assetato e sofferente della Gehenna vede per l'appunto Lazzaro beato nel Paradiso e interloquisce con Abramo pregando di mandare il mendicante a bagnargli le labbra per attenuare le sofferenze. Abramo svela però che tra il Paradiso e l’Inferno vi è un abisso invalicabile per cui nessuno può discendere né tanto meno ascendere.
Notare che per il Cristo, il Paradiso era luogo per gli eletti, per i giusti e per coloro che avevano sofferto, quasi che nascere ricchi potesse essere una colpa. In esso vi era anche Abramo, un non battezzato. Nel medioevo la cosa non sarebbe più stata possibile, perché nel frattempo i teologi avrebbero inventato i sacramenti e con loro il peccato originale.

Vedi anche:
Viaggio all’Inferno

Viaggio all'Inferno - seconda parte:

Viaggio all'Inferno - terza parte:

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