La cosa poi, pare più grave di quello che in realtà è, perché se da una parte il 30% degli italiani dichiara di essere praticante, ovvero di andare a messa tutte le domeniche, sembra che il 40% di questi si lasci andare a quella che sembra la definizione perfetta di "falsa testimonianza": affermano di andare a messa sempre e poi in chiesa non ci vanno (almeno non con la frequenza dichiarata)!
Ho letto che un'interpretazione che si dà al dato è che in pratica il 30% riunirebbe sia coloro che vanno a messa davvero e chi invece aspira ad andarci. Peccato che l'indagine statistica prevedesse come varianti anche l'andare a messa qualche volta al mese o solo per le feste comandate.
Ad ogni modo, ciò che preoccupa davvero i vertici della Chiesa è l'immagine di un'evidente frattura generatasi a partire dagli anni 70 e ancor di più dopo gli anni 80: il numero dei giovani e giovanissimi che praticano la fede cattolica è drasticamente calato, tanto da eliminare la disparità tra i sessi che vedeva le donne storicamente più presenti degli uomini, cosa peraltro prevedibile vista l'emancipazione della donna che si è verificata significativamente in Italia proprio a partire da quegli anni.
Addirittura un docente di Sociologia Politica, il Professor Paolo Segatti dell'Università di Milano specifica che:
sono più sveglie di quelle che le hanno precedute. Oltretutto, l'idea contraria, ovvero che essere italiani debba equivalere ad essere cattolici mi infastidisce. L'idea di popolo come un insieme di persone aventi la medesima religione è un concetto ripugnante e antistorico. I valori e le tradizioni cui un popolo dovrebbe rifarsi sono ben altri e solo alcuni, e in modo più o meno marginale, sono derivati dal Cattolicesimo.
Inoltre la religione è, indipendentemente dal suo atteggiarsi eterna o al di fuori del tempo, una variabile, non una costante. Le religioni infatti nascono e muoiono.
Quelle che sopravvivono al limite si trasformano perdendo gran parte dei valori iniziali ai quali era ispirata, tanto che confrontandone gli inizi con lo stato attuale risultano quasi del tutto irriconoscibili.
Si pensi al Cristianesimo stesso, partito come una setta ebraica e trasformata in cattolica ( universale) da un uomo che mai ebbe a conoscere l'uomo-dio che l'avrebbe rivelata (Saulo di Tarso). Nei secoli, il "lasciate tutto" che impartì Cristo agli apostoli si trasformò in un prendete tutto ciò che è possibile, anche attraverso menzogne di ogni tipo (dalla Donazione di Costantino alla promessa del paradiso in cambio di denaro) e tutt'oggi, l'opulenza e la corruzione dei costumi della Chiesa di Roma è ciò che più si discosta dai principi di povertà che richiese il Cristo e che tanto e chissà perché, infastidirono i vertici vaticani fino al punto da avallare e addirittura promuovere vere e proprie stragi.
Ritornando sul tema, il Professor Segatti in base ai dati sopraesposti si lancia in una previsione:
D'altra parte secondo le statistiche Istat nel 1972 furono celebrati oltre 400.000 matrimoni, a fronte dei 250.000 celebrati nel 2005. I matrimoni civili, da dieci anni a questa parte, sono passati dal 20 al 32% del totale con punte del 43% nel nord Italia, mentre le unioni di fatto hanno rapidamente sorpassato la quota del mezzo milione. Infine, i figli nati al di fuori del matrimonio in dieci anni sono passati dal 8 al 15% del totale.
Se un bimbo su sei nasce al di fuori del matrimonio non può più essere uno scandalo, tranne per coloro che arroccati nelle proprie idee, vuoi per l'età, vuoi per l'ottusità, vuoi per entrambe le cose, non sono in grado di percepire i cambiamenti o, se in grado, di accettarli.
Le tradizioni d'altra parte nascono dal bisogno di normalità: le cose sono così e devono rimanere tali. Ma c'è sempre chi prova a fare in modo diverso e prima o poi a qualcuno va pure meglio. Dapprima nasce lo scandalo, poi l'invidia, quindi l'accettazione, l'indifferenza e infine la nuova tradizione.
Cosa c'è di preoccupante in tutto ciò?
In teoria nulla, il cambiamento è addirittura auspicabile perché da esso proviene il progresso. In realtà il pericolo esiste e sta nel colpo di coda dei tradizionalisti, tant'è che Papa Benedetto XVI parla già, per l'Italia, di "emergenza educativa".
In fondo l'Italia, per il Vaticano, sarebbe una sorta di cavallo di Troia, per difendere i principi del cattolicesimo, le famose "radici cristiane" come ebbe a dire a suo tempo Giovanni Paolo II:
"I giovanissimi sono tra gli italiani quelli più estranei a un'esperienza religiosa. Vanno decisamente meno in chiesa, credono di meno in Dio, pregano di meno, hanno meno fiducia nella Chiesa, si definiscono meno come cattolici e ritengono che essere italiani non equivalga a essere cattolici".Per fortuna, aggiungo io, vuol dire che le nuove generazioni, al solito
sono più sveglie di quelle che le hanno precedute. Oltretutto, l'idea contraria, ovvero che essere italiani debba equivalere ad essere cattolici mi infastidisce. L'idea di popolo come un insieme di persone aventi la medesima religione è un concetto ripugnante e antistorico. I valori e le tradizioni cui un popolo dovrebbe rifarsi sono ben altri e solo alcuni, e in modo più o meno marginale, sono derivati dal Cattolicesimo.
Inoltre la religione è, indipendentemente dal suo atteggiarsi eterna o al di fuori del tempo, una variabile, non una costante. Le religioni infatti nascono e muoiono.
Quelle che sopravvivono al limite si trasformano perdendo gran parte dei valori iniziali ai quali era ispirata, tanto che confrontandone gli inizi con lo stato attuale risultano quasi del tutto irriconoscibili.
Si pensi al Cristianesimo stesso, partito come una setta ebraica e trasformata in cattolica ( universale) da un uomo che mai ebbe a conoscere l'uomo-dio che l'avrebbe rivelata (Saulo di Tarso). Nei secoli, il "lasciate tutto" che impartì Cristo agli apostoli si trasformò in un prendete tutto ciò che è possibile, anche attraverso menzogne di ogni tipo (dalla Donazione di Costantino alla promessa del paradiso in cambio di denaro) e tutt'oggi, l'opulenza e la corruzione dei costumi della Chiesa di Roma è ciò che più si discosta dai principi di povertà che richiese il Cristo e che tanto e chissà perché, infastidirono i vertici vaticani fino al punto da avallare e addirittura promuovere vere e proprie stragi.
Ritornando sul tema, il Professor Segatti in base ai dati sopraesposti si lancia in una previsione:
"Già si intravede la futura condizione di minoranza del cattolicesimo in Italia. È immaginabile che quando i figli della generazione più giovane saranno padri, daranno un ulteriore contributo alla secolarizzazione".Il cambiamento della società è un processo costante e le tradizioni scompaiono o si evolvono e (paradossalmente) cambiando con essa. Basti pensare a come veniva accolto non più tardi di vent'anni fa un figlio al di fuori del matrimonio: uno scandalo.
D'altra parte secondo le statistiche Istat nel 1972 furono celebrati oltre 400.000 matrimoni, a fronte dei 250.000 celebrati nel 2005. I matrimoni civili, da dieci anni a questa parte, sono passati dal 20 al 32% del totale con punte del 43% nel nord Italia, mentre le unioni di fatto hanno rapidamente sorpassato la quota del mezzo milione. Infine, i figli nati al di fuori del matrimonio in dieci anni sono passati dal 8 al 15% del totale.
Se un bimbo su sei nasce al di fuori del matrimonio non può più essere uno scandalo, tranne per coloro che arroccati nelle proprie idee, vuoi per l'età, vuoi per l'ottusità, vuoi per entrambe le cose, non sono in grado di percepire i cambiamenti o, se in grado, di accettarli.
Le tradizioni d'altra parte nascono dal bisogno di normalità: le cose sono così e devono rimanere tali. Ma c'è sempre chi prova a fare in modo diverso e prima o poi a qualcuno va pure meglio. Dapprima nasce lo scandalo, poi l'invidia, quindi l'accettazione, l'indifferenza e infine la nuova tradizione.
Cosa c'è di preoccupante in tutto ciò?
In teoria nulla, il cambiamento è addirittura auspicabile perché da esso proviene il progresso. In realtà il pericolo esiste e sta nel colpo di coda dei tradizionalisti, tant'è che Papa Benedetto XVI parla già, per l'Italia, di "emergenza educativa".
In fondo l'Italia, per il Vaticano, sarebbe una sorta di cavallo di Troia, per difendere i principi del cattolicesimo, le famose "radici cristiane" come ebbe a dire a suo tempo Giovanni Paolo II:
"L’Italia come nazione ha moltissimo da offrire a tutta l’Europa. [...] All’Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo"La Chiesa Italiana in realtà non è da esempio alle altre dell'Europa secolarizzata, bensì l'ultimo baluardo di un tempo che ormai è quasi del tutto appartenente al passato.
4 commenti:
ma la strada è ancora lunga...
Molto lunga, per dire il vero. Talmente lunga che nel frattempo è possibile per il Vaticano studiare e trovare le giuste contromisure, che ne so, magari un altro santo o un apparizione mariana (ad esempio, stanno già muovendosi per vedere se Medjugorie non è del tutto bruciata).
Complimenti all'autore dell'articolo.
Mi è molto piaciuto.
Su Medjugorie alla fine faranno la stessa scelta fatta per padre pio. Pecunia non olet, e su questo punto sappiamo quanto siano sensibili.
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