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mercoledì 14 luglio 2010

Il celibato ci distingue dagli animali (sic!)

 
"Il sesso rende gli uomini uguali a tutti gli altri animali. Io sono un uomo che sostiene dei determinati principi morali. Il celibato è qualcosa che mi distingue nettamente dagli altri animali"
A dirlo non è qualche squinternato vescovo emerito, ma il Dalai Lama. Nutro una certa simpatia per quell'uomo pacifico, capo di un popolo sottomesso dall'arroganza di un governo straniero. Tuttavia non posso non ragionare su un'affermazione che reputo totalmente assurda. Ovvio, il mio è un punto di vista, non ho la pretesa che hanno i leader religiosi di avere la verità rivelata, quella per intenderci con la "V" maiuscola; non mi esimo però dal ragionarci sopra e cercare di analizzare la questione, per così dire, a modo mio.
La prima affermazione è a mio avviso una banalità, non nel senso che è errata, tutt'altro, ma proprio nel significato che il Dalai Lama sembra voler dare alla parola "animale", ovvero "essere inferiore" nonché in sé stessa. Innanzitutto, perché l'uomo è un animale e come tutti gli esseri viventi, animali compresi, istintivamente è portato all'autoconservazione e alla riproduzione. Quest'ultima funzione necessita, per le specie animali, di opportuni comportamenti che possono ricondursi al sostantivo "sesso". In altre parole, fare sesso è stato per lungo tempo l'unico modo per riprodursi e, al di là delle scoperte della medicina,
rimane comunque il metodo più piacevole e gratificante, non solo per il piacere derivato dall'orgasmo, ma per tutte quelle emozioni che uomo e donna provano e vivono nel veder concretizzare il sentimento reciproco che, se derivato dall'istinto, non è più solo tale.
Non vi è nulla di morale nell'astenersi dal sesso, non vi è alcun principio. E' una semplice scelta personale che l'individuo fa per diversi motivi, uno dei quali potrebbe essere l'ascesi, ovvero il tentativo di elevazione dello spirito comunemente ricercato nell'astensione dai piaceri cosiddetti terreni e nel totale dominio degli istinti.
Sarà. Forse è la mia indole pragmatica che mi fa arricciare il naso di fronte a tali ragionamenti.
Come già ribadito non sono ateo, motivo per cui accetto l'idea di una parte spirituale che però non vedo come possa elevarsi attraverso la negazione della propria essenza. Come si fa ad essere uomini migliori tendendo all'annullamento della propria umanità?
Dominare i propri istinti non significa annullarli, bensì conoscerli e controllarli. L'annullamento, ai miei occhi, rappresenta una sconfitta totale dell'individuo, sia che esso sia derivato da un ragionamento di mera convenienza (annullo il piacere perché sono sicuro che se mi lascio andare ne diverrò schiavo) sia che venga inteso come estremo sacrificio (il più difficile passo è l'annullamento, quindi lo affronto).
Nel primo caso la sconfitta è evidente e totale e non necessità di veder sottolineata l'evidente ipocrisia e debolezza, nel secondo, a mio avviso rientra una velata forma di vanità che inficia tutto il ragionamento, rendendolo, di fatto, praticamente inutile.
Ritorniamo ancora alle parole del Dalai Lama. Il terzo punto parla di celibato come elemento che distingue l'uomo dagli  animali.
Se la prima affermazione è banale, la seconda è ridicola, a meno che non si voglia intendere il celibato come scelta: se il fatto di scegliere qualcosa di astratto e come esempio prendo il celibato, allora la frase può assumere un senso, anche se l'infelicità dell'esempio è vera quanto l'assunto che non esistono esempi perfetti.
La caduta di Icaro (Jacob P. Gowy 1636-37)
Se invece si intende che il celibato è la caratteristica che rende l'uomo diverso dagli animale si afferma un enormità, per di più falsa, perché al limite è vero il contrario, ovvero che l'unione intima e spirituale, termine con il qual sottintendo qualunque accezione emozionale, razionale o finanche di  matrice religiosa, è ricercata non solo per istinto proprio dall'essere umano. Mi spiego.
Mentre l'animale può infatti rimanere celibe perché assume suo malgrado l'ingrato ruolo di dominato in un branco, l'uomo compie scelte precise che esulano dal contesto sociale. Può decidere di rimanere celibe anche se di fatto dotato di tutti gli elementi che potrebbero renderlo appetibile all'altro sesso: bellezza, fascino, forza, intelletto, ma anche trovare la sua metà con solo alcuni dei connotati presi ad esempio (ve ne sono altri naturalmente). Persino la capacità riproduttiva può passare in secondo piano: si può amare indipendentemente dal fatto che il partner sia fertile, e spesso si continua ad amare anche dopo che l'età fertile è passata.
Dirò di più: è mia convinzione che sia la mancanza accettazione dei propri istinti e il tentativo di reprimerli la causa prima delle molteplici anomalie che hanno investito sacerdoti di varie confessioni, prima tra tutte, almeno per la eco che ne è derivata, quello della pedofilia dei preti cattolici.
Rimanendo in termini di esempio, consapevole della sua imperfezione, questi tentativi di elevarsi spiritualmente attraverso la negazione del proprio essere mi ricorda il mito di Icaro, che volendo giungere al sole finì per cadere.
Pertanto trovo profondamente errata la concezione che il celibato come scelta racchiuda un qualsivoglia principio morale, né concordo con l'idea che l'astinenza sottintesa nel celibato sia motivo di vanto o  meritevole di essere sostenuta, anche se ovviamente come scelta ha il diritto di essere rispettata.
Infine lancio una provocazione: se dovesse essere vero che il celibato ci distingue nettamente dagli animali, siamo davvero sicuri che a distinzione avvenuta risulteremmo dalla parte dei migliori?


3 commenti:

brain_use ha detto...

Ottimo articolo che offre parecchi spunti di riflessione e che condivido in pieno.

Solo una precisazione banale: "necessita, per le specie animali, di opportuni comportamenti che possono ricondursi al sostantivo "sesso".
Non è del tutto esatto.
Nel senso che non è così per tutte le specie animali e lo è anche per gran parte delle specie vegetali. Da come lo hai scritto parrebbe che il sesso sia una cosa che distingue nettamente dagli altri viventi gli animali. ;)

Unknown ha detto...

In effetti hai ragione. Non ci avevo pensato...
E sì che ho persino studiato botanica!
In realtà ho sostituito il termine "animali" ad "uomini" solo in fase di stesura (infatti la frase successiva parla della riproduzione umana) e non ho pensato alle conseguenze dell'affermazione. Ora che ci penso non so neppure perché l'ho cambiata quella frase... :S

anto ha detto...

magari saremo peggiori e frustrati....senza la soddisfazione dei bisogni primari....dovremmo sostituire forse con altro magari di non proprio naturale!

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