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martedì 9 maggio 2017

War Report 201705.09



Il tempo scorre.
E mentre esso incede diventando, in un attimo, passato, spesso mi accorgo di quanto pesa, avendo un male incurabile, pensare al futuro.
In primo luogo perché pensare al futuro fa male: quando sai che potresti morire da un giorno all'altro, pensare al futuro significa, di fatto, chiedersi se quel futuro potrai mai vederlo.
Sì, lo so, vale per tutti, ma un conto è sapere che prima o poi si morirà, un conto è sapere che presto dovrai dipartire.
Nel primo caso l'incertezza della certezza risponde alla domanda "quando", nel secondo alla domanda "come".
Una bella differenza, direi..

La vita non viene più scandita dagli impegni della normale vivere, ma dalle scadenze di esami, visite e dallo stato fisico.

"Dove andiamo in vacanza?"
"Vediamo prima cosa svela la Risonanza Magnetica"

"Settimana prossima saremmo invitati a cena"
"Vediamo come reagisco a questo ciclo di chemio"

"Domani andiamo a fare una passeggiata?"
"Vediamo se mi si sgonfia la caviglia"

Non bastasse, bisogna lottare contro la paura che ogni singola variazione dalla normalità non assuma il significato dell'inizio della fine. Non per la fine in sé, ma per il dolore che la precederà e che ne conseguirà.
Vi sarà capitato di avere un banale mal di testa.
Anche a me, molto raramente.
Ora, molto più spesso. Vorrà dire qualcosa?
Sì, che mi hanno asportato un pezzo di cervello.
Ma potrebbe essere che il "bastardo" stia ricominciando a crescere.

Innumerevoli "se" si affollano nella testa, insieme alla moltitudine di "perché" che fin da ragazzino hanno infestato , come tarli, la mia mente.

Non so quale forza mi sostenga, forse mia moglie (mia figlia ancora non sa), forse il desiderio di vedere oltre, forse più banalmente perché sono un gran bastardo anche io, uno di quelli che non si arrendono se non alle giuste condizioni, sebbene non sono mai stato uomo da scontri frontali, ma come un ragno paziente ho tessuto la tela, non lasciando scampo alcuno, o solo ponderate vie di fuga. Oggi, ahimè, in trappola ci sono io.
Questa però null'altro è che una delle leggi fondamentali della Natura, meravigliosa quanto crudele.
Dicevo che non so quale forza mi sostenga e per quanto lo farà ancora.
Fisicamente ho fatto molti passi indietro: mi dolgono tutte le giunture e la resistenza è decisamente diminuita.
Ciò nonostante non desisto, continuo, salvo che sia davvero impossibilitato, ad andare in palestra e, soprattutto, al lavoro, giacché, per mia fortuna, esso implica l'uso del cervello e non dei muscoli.
Ho preso provvedimenti per prevenire cali di concentrazione (per ora basta semplicemente alzarmi dalla scrivania e fare due passi) ed ho inserito, nei programmi che uso, funzioni in grado di rivelare eventuali errori.
Insomma, non ho intenzione di cedere, nemmeno nel momento in cui rabbia e disperazione si mischiano nello scorgere negli occhi altrui una compassione che non desidero, sebbene sappia, in fondo, da quale sentimento essa sia mossa.
D'altra parte anche io, guardandomi allo specchio non posso che cedere ai ricordi di ciò che sono stato e che non sarò più.
Forse la vera forza sta nell'impegno, per me al limite dell'ossessione, di voler divenire, in questo tempo mortifero e mortale, comunque e sempre, un uomo migliore.




1 commento:

brain_use ha detto...

comunque e sempre, un uomo migliore

Chapeau.

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