Alcune ONG si rifiutano di firmare gli accordi riguardante i codici di condotta da adottare per dare una mano a tamponare la drammatica situazione del canale di Sicilia. Lo fanno per lo più per motivazioni ideologiche:
- Eliminazione del punto riguardante il "Non trasferire le persone soccorse su altre navi, "eccetto in caso di richiesta del competente Centro di coordinamento per il soccorso marittimo (Mrcc) e sotto il suo coordinamento anche sulla base delle informazioni fornite dal comandante della nave"
- Eliminazione del punto riguardante il "Ricevere a bordo, su richiesta delle autorità nazionali competenti, eventualmente e per il tempo strettamente necessario, funzionari di polizia giudiziaria che possano raccogliere prove finalizzate alle indagini sul traffico.
Trovo queste prese di posizioni aberranti. La vita è la condizione per cui un'ideologia esiste, non il contrario! Salvare vite dovrebbe essere il primo punto imprescindibile per ogni Organizzazione Umanitaria indipendentemente dai canoni, condivisibili o meno, che li guida. Ricordo personalmente i miei dubbi (ed ero un soldato!) sull'opportunità di salvare la vita ad una persona, ferita da arma da fuoco, che appena ripresosi avrebbe potuto imbracciare armi e provocare nuovo dolore. L'operatrice umanitaria (Save the Children), mi disse che il mio dovere l'avevo di fronte; quello che sarebbe accaduto in futuro non poteva gravare sulla mia coscienza.
Che poi a ben guardare le scuse addotte dalle ONG sono di una pochezza disarmante. Il primo punto preso in analisi non è un divieto, ma una limitazione (va detto, di forte impatto logistico, nonché economico per le ONG che dovrebbero fare avanti e indietro, dalle zone di recupero ai porti); il secondo una (seppur concreta) possibilità. Ma anche fosse, l'idea di respingere l'accordo perché, ad esempio, MSF lavora in 70 paesi alcuni dei quali non democratici, i quali potrebbero, in virtù di questo precedente, richiedere le stesse cose è banale, se non addirittura offensiva. Tali parole, se non fossero esposte da una ONG costituirebbero a tutti gli effetti un incidente diplomatico!
Trovo queste "frontiere ideologiche" molto, ahimè, troppo simili a quelli che ho sempre contestato quando si è parlato di obiezione di coscienza.
Di contro, uno Stato e il suo Governo devono invece rispondere a esigenze diverse da quelle di un'ONG, non a caso "Non Governativa": deve coordinare l'emergenza sul proprio territorio, distribuire le risorse, regolare i flussi, rispettare a sua volta accordi sovranazionali.
Cosa accadrà?
Le ONG continueranno a fare il loro mestiere, così hanno dichiarato e lo Stato Italiano, non potrà negare l'accesso ai porti (probabilmente in virtù di accordi precedentemente sottoscritti, giacché altri Stati, hanno di fatto già negato l'accesso). Potrà semmai effettuare controlli particolari (leggasi burocrazia) per rendere difficoltosa ed eccessivamente oberante l'opera di queste ONG limitandone l'azione.
Speriamo che ciò non comporti l'ennesima ecatombe di vite umane.
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