Mi è stato chiesto di individuare il costo della posa in opera di ogni singolo pezzo d'arredamento in modo da stabilire un prezzo onnicomprensivo che poi doveva essere moltiplicato per in numero dei pezzi.
Chiaramente la posa in opera richiede tutta una preparazione logistica: recapito della merce, scarico, tiro al piano, movimentazione del personale, ecc.
Chiaramente queste cose sono costi che incidono in modo inversamente proporzionale rispetto al numero dei pezzi: è chiaro che se devo spostare un operaio per montare un solo pezzo di arredo, tutto il costo ricade su quel pezzo, mentre se i pezzi sono mille, se è vero che dovrò giocoforza aumentare il personale, la portata del mezzo e via dicendo, è vero anche che tali costi verranno ripartiti su mille pezzi e avranno un incidenza decisamente inferiore.
Chiedo dunque di avere alcune informazioni: il fatturato previsto, la fornitura media, la quantità delle sedi e la loro ubicazione.
Risultato della mia indagine: non si può conoscere il reale giro d'affari ma solo un indicazione dell'anno passato, non si può sapere la fornitura media, non si conoscono quante sedi richiederanno l'intervento di rinnovo degli arredi, né dove esse siano ubicate.
In sostanza mi si chiede di fornire un dato su cui l'imprenditore dovrà scommettere, ma tale dato è di per se una scommessa: se stabiliamo un prezzo alto, perdiamo la fornitura o per lo meno la concorrenzialità su grosse forniture (perché, tra l'altro non si parla di divenire fornitore in esclusiva, ma privilegiato!), se anche solo medio, l'azienda lavorerà in forte perdita su tutte le forniture piccole, andrà a pari su una fornitura media e avrà un guadagno congruo su le forniture medio grosse e grosse.
Tale sistema deriva dalla degenerazione di una buona idea che per altro ammorba l'economia mondiale. L'idea iniziale era quella di bypassare le variazioni del libero mercato assicurandosi un prezzo concordato. In sostanza l'idea era, sono disposto a pagare un po' di più ma voglio avere la certezza del prezzo in modo da poter programmare gli acquisti. Alla lunga invece, tale sistema è divenuto uno strumento speculativo, ovvero un modo per fare esattamente ciò da cui ci si voleva proteggere, con il vantaggio di poter controllare ciò che sta a monte.
L'assicurazione sul bene investito di fatto diventa un sistema di leva che permette di moltiplicare i guadagni (così come le perdite), ma solo per il compratore, giacché il produttore non può che stabilire un prezzo concorrenziale, essendo per l'appunto soggetto alle regole di mercato.
Tali leve permesse solo a soggetti dotati di notevole peso di mercato (grandi investitori) finiscono dunque per per arricchire (o affondare...) solo chi possiede grandi capitali, ovvero banche, fondi privati d'investimento o fondi sovrani, aprendo la strada a due scenari piuttosto pericolosi. Nel primo, favorevole ai grandi investitori, gli stessi si arricchiscono in maniera spropositata a scapito di chi produce i beni; in parole povere i ricchi diventano sempre più ricchi a scapito dei lavoratori ed in particolare delle zone povere del mondo. Più dura questo periodo e più la finanza spadroneggia nell'economia potendo essa, grazie agli enormi capitali acquisiti, spostare l'ago della bilancia a piacimento, in sostanza drogando il mercato. Nel secondo ove la scommessa dovesse fallire, le perdite saranno tanto elevati da causare crisi planetarie, un po' quello che è successo a seguito della bolla immobiliare, quando sono andate in crisi le grosse banche d'affari americane. Questo come abbiamo potuto osservare in questi anni ha causato nel breve periodo una stretta del credito ed il conseguente fallimento di una considerevole fetta del tessuto produttivo, generando povertà ancora sulle classi meno abbienti e impoverendo la classe cosiddetta media.
In soccorso, molti Stati hanno dovuto esporsi dando nuova linfa agli speculatori sopravvissuti, alimentando un cancro che si sperava la politica mondiale si adoperasse ad estirpare.
In mezzo a questi due scenari, tra l'altro spesso consequenziali, ahimè, credo ci sia solo un momento transitorio.
La cosa che lascia basiti però è che tali leve non vengono utilizzate solo per "rubare" ricchezza, ma vengono applicate a materie prime alimentari, ovvero a prodotti direttamente legati alla sopravvivenza di altri esseri umani.
In sostanza conseguenze possibili della speculazione sono l'arricchimento dell'uno sulla morte per fame dell'altro. Se a questo aggiungiamo gli sprechi alimentari della parte ricca della popolazione, sia in termini di derrate alimentari gettate nel pattume sia per l'eccesso di alimentazione, i sempre più evidenti cambiamenti climatici (sebbene la variabile meteo ci sia sempre stata), e non ultimo il consumo di risorse superiori a quello che il pianeta è in grado di rigenerare , la cosa rischia di diventare a breve più che drammatica (sempre che, sapere che il 14% della popolazione mondiale è malnutrita e che oltre 9 milioni dipersone muoiono di fame ogni anno, non sia già abbastanza).
Tali leve permesse solo a soggetti dotati di notevole peso di mercato (grandi investitori) finiscono dunque per per arricchire (o affondare...) solo chi possiede grandi capitali, ovvero banche, fondi privati d'investimento o fondi sovrani, aprendo la strada a due scenari piuttosto pericolosi. Nel primo, favorevole ai grandi investitori, gli stessi si arricchiscono in maniera spropositata a scapito di chi produce i beni; in parole povere i ricchi diventano sempre più ricchi a scapito dei lavoratori ed in particolare delle zone povere del mondo. Più dura questo periodo e più la finanza spadroneggia nell'economia potendo essa, grazie agli enormi capitali acquisiti, spostare l'ago della bilancia a piacimento, in sostanza drogando il mercato. Nel secondo ove la scommessa dovesse fallire, le perdite saranno tanto elevati da causare crisi planetarie, un po' quello che è successo a seguito della bolla immobiliare, quando sono andate in crisi le grosse banche d'affari americane. Questo come abbiamo potuto osservare in questi anni ha causato nel breve periodo una stretta del credito ed il conseguente fallimento di una considerevole fetta del tessuto produttivo, generando povertà ancora sulle classi meno abbienti e impoverendo la classe cosiddetta media.
In soccorso, molti Stati hanno dovuto esporsi dando nuova linfa agli speculatori sopravvissuti, alimentando un cancro che si sperava la politica mondiale si adoperasse ad estirpare.
In mezzo a questi due scenari, tra l'altro spesso consequenziali, ahimè, credo ci sia solo un momento transitorio.
La cosa che lascia basiti però è che tali leve non vengono utilizzate solo per "rubare" ricchezza, ma vengono applicate a materie prime alimentari, ovvero a prodotti direttamente legati alla sopravvivenza di altri esseri umani.
In sostanza conseguenze possibili della speculazione sono l'arricchimento dell'uno sulla morte per fame dell'altro. Se a questo aggiungiamo gli sprechi alimentari della parte ricca della popolazione, sia in termini di derrate alimentari gettate nel pattume sia per l'eccesso di alimentazione, i sempre più evidenti cambiamenti climatici (sebbene la variabile meteo ci sia sempre stata), e non ultimo il consumo di risorse superiori a quello che il pianeta è in grado di rigenerare , la cosa rischia di diventare a breve più che drammatica (sempre che, sapere che il 14% della popolazione mondiale è malnutrita e che oltre 9 milioni dipersone muoiono di fame ogni anno, non sia già abbastanza).
Mi chiedo fino a che punto si possa accettare che il capitale venga utilizzato per generare esclusivamente altro capitale peraltro a vantaggio di pochissimi e, soprattutto, a scapito non solo del benessere del benessere della stragrande maggioranza della popolazione mondiale o addirittura mettendo a rischio la sopravvivenza di alcuni.
La storia insegna che più che dalle idee le rivoluzioni nascono dalla fame.
Purtroppo lo insegna solo a chi la studia...
Fonti:
Global Footprint network
BBC
Nessun commento:
Posta un commento