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mercoledì 15 aprile 2009

Stupro e Ratto

Peccati di Lussuria:

Stupro e Ratto


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IIndice:



Abbiamo visto velocemente quello che si diceva a proposito dei vari peccati che offendono la Castità.
Vorrei addentrarmi un poco ancora su ciò che dice il MdC in particolare sul tema dello Stupro, che nel testo si accaparra l'intero capitolo secondo, in quanto alcune affermazioni proposte mi risultano alquanto singolari come del resto determinate forme di ragionamento.
Definito lo Stupro come la violenta deflorazione di una vergine (dimentichiamo per un attimo l'attuale significato), si analizza non tanto il peccato in sé, quanto l'ipotesi che la vergine possa essere stata consenziente. In tal caso il peccato sarebbe ancor più grave in quanto ella se consenziente , arrecherebbe ingiuria ai parenti, peccherebbe contro la Prudenza, poiché non illibata avrebbe problemi a sposarsi e quindi si metterebbe nelle condizioni di avviarsi alla prostituzione ("Ella si mette sulla strada della prostituzione, dalla quale potevala tener lontana il timore di perdere il distintivo materiale della verginità". San Tommaso, l. 2, q. 154, art. 6), nonché peccherebbe contro la virtù speciale della Verginità (...). Questo poiché "Non si ingiuria chi sa e vuole".
Ad ogni modo sia la donna che ha perduto la verginità al di fuori del sacramento matrimoniale, sia l'uomo che l'ha posseduta, dovrebbero in sede confessionale specificare che il loro peccato non è semplice fornicazione, ma dovrebbero specificare la perdita dello stato verginale.
Il testo poi si addentra nella didattica spiegando però come in realtà sia difficile ottenere confessioni così approfondite e di come sia sconveniente indagare con domande sia per tema di scandalizzare il penitente ed provocargli avversione per il tribunale della penitenza sia perché, ovviamente è il penitente a dover rendere piena confessione per ottenere la piena assoluzione.
Il forzare una persona qualunque (quindi senza distinzione tra vergini o meno, coniugati o liberi, laici o consacrati ecc) allo scopo di saziare su di essa una libidine è invece definita "Ratto". Si differisce da questo, la fornicazione con un minorenne consenziente, che non è intesa violenza vera e propria, nonostante la non riconosciuta capacità di intendere e volere, ma bensì un oltraggio ai parenti di questa che ne dovevano custodire la castità (!).
Il ratto può essere per seduzione, motivo per cui la vittima diviene consenziente, o per violenza ( più o meno quello che invece si intende normalmente come "Stupro"). Tralasciando il primo, rimediabile con il matrimonio, il secondo è di certo un peccato mortale ( né più né meno della fornicazione...), tuttavia il libricino si sofferma non tanto sulla violenza in se ma sul peccato che potrebbe commettere la donna in quanto vittima.
Già, perché secondo la Chiesa, la donna che viene violentata potrebbe macchiarsi, mentre subisce l'orrendo delitto, di peccati gravissimi.
Ecco cosa il vademecum che propone il MdC su cosa deve fare e cosa no, una donna, mentre sta subendo la violenza di un bruto:
  1. Deve "internamente", non acconsentire al piacere venereo, qualunque sia la violenza, altrimenti incorre in un peccato mortale.
  2. Deve difendersi con ogni mezzo ma guardarsi dal ferire mortalmente o anche solo da ledere gli organi dell'aggressore (non solo sessuali, anche gli occhi ad esempio rientrano nella casistica), poiché la vita o anche i principali organi, pur anche dell'aggressore, valgono più del suo onore .
  3. Se la donna teme di non riuscire a non acconsentire al godimento allora deve gridare con tutte le proprie forze anche se a rischio della vita. Dovesse morire il suo sarebbe un martirio, diverrebbe quindi beata, mentre al contrario dannerebbe la propria anima.
  4. Qualora fosse invece certa di non cedere al piacere, la donna non deve gridare per tema di non mettere in pericolo la propria vita. Ma quest'ultimo caso sarebbe, per l'autore, circostanza quasi impossibile.
La Chiesa quindi, da per scontato che sia estremamente improbabile, anzi, quasi impossibile che la donna vittima di violenza sessuale, non provi in qualche modo piacere. Non solo, asserisce che per quanto grave sia il delitto della violenza, ad esso non bisogna rispondere se non con una violenza misurata che non ferisca profondamente l'aggressore, quasi che la violenza subita dalla donna sia solo fisica.
Di fatto la Chiesa si preoccupa più dell'eventuale godimento sessuale ( e la perdita di onore) che può avere la vittima di stupro che non delle conseguenze sulla psiche che questa subirà, aggiungendo al dolore fisico e morale della violenza, anche il peso di un ipotetico peccato.
Non solo, ma anche la linea di ragionamento che si evince dal manuale è stupefacente: più che un metodo di riconoscimento del peccato pare un pruriginoso manuale da inquisizione. Nel testo ciò che traspare è il sospetto, la congenita misoginia clericale e nulla di ciò che invece è chiamata pietà o per lo meno comprensione.
Una donna violentata è una donna ferita nel più profondo del suo essere, l'intimo assume valenze assolute: lo stupro non si ferma all'atto, ma continua sommando al dolore, e all'abuso, rabbia, impotenza, paura e sfiducia.
Pensiamo solo a cosa accade dopo (il durante, temo, sia inimmaginabile): la vittima viene portata in pronto soccorso, viene visitata, spogliata di nuovo. Viene interrogata su ciò che è accaduto, quindi visitata. In genere vengono fatte delle fotografie sui particolari ponendo sul corpo delle etichette, così che le ferite possano divenire prova in sede processuale. Si procede quindi con la visita ginecologica, utilizzando tamponi per la raccolta del liquido seminale eventualmente lasciato dallo stupratore. Quindi i medici devono procedere dando alla donna un quadro di possibilità: potrebbe essere rimasta incinta (eventuale consenso per somministrazioni di anticoncezionali post coitali) , potrebbe avere contratto malattie veneree o trasmissibili attraverso saliva e sangue (eventuale profilassi o cura per HIV, Epatiti, ecc) . A causa delle ferite si procede in genere ad un cura antibiotica. Se è il caso si procede anche con esami tossicologici (in caso la vittima sia stata drogata). Prima delle dimissioni si accerta l'idoneità della situazione abitativa (sicurezza), specie se lo stupratore è a piede libero.
Alla donna non rimangono che i cocci di una vita distrutta, da ricostruire all'ombra di un'ipotetica colpa.
Perché, per alcuni, così dio vuole.

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