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mercoledì 15 aprile 2009

Incesto e Sacrilegio

Peccati di Lussuria:

Incesto e sacrilegio

Incesto
Indice:





L'analisi procede con l'Incesto, su cui però non ho intenzione di soffermarmi, cosa che tra l'altro non fa nemmeno l'autore. Personalmente non ho nulla da dire anche in relazione a quanto scritto sul Catechismo. Riporto solo alcune curiosità, la prima delle quali è relativa al confronto tra l'incesto e la figura del Confessore, dove quest'ultima è considerata comunque più grave, che, non solo è paragonabile al parricidio, ma lo supera. Non da meno è il rapporto tra un tutore e la sua pupilla ( si noti comunque la presenza della donna) equiparabile anch'esso all'incesto, avendo il primo assunto dei doveri pari a quello dei genitori. L'incesto è considerata un offesa al sacramento del matrimonio ed è trattato con un altro comportamento ritenuto peccaminoso, ovvero la "Libera Unione", conosciuta ai più come Convivenza. Nel catechismo essa viene definita come tale, ovvero "libera", ma non si manca di sottolineare immediatamente la fallacia di tale termine chiedendosi che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano l'una nei confronti dell'altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia nell'altro, in se stessi o nell'avvenire? Giovanni Paolo II a tal proposito si riferisce alla libera unione come un'espressione che abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità di legarsi con impegni a lungo termine. E continua sentenziando che tutte queste situazioni costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l'atto sessuale deve avere posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale.
In pratica la Chiesa non riconosce alle coppie non sposate la capacità di amare e non solo, mette in dubbio denigrando il valore morale dei singoli individui componenti la coppia di fatto: essi, per la Chiesa sono a prescindere incapaci di fedeltà, sono immorali e costituiscono un pericolo per l'identità della famiglia.
Una altezzosa presa di posizione, che mette in risalto la superbia del Vaticano nonché l'ottusità di chi l'ha enunciata, alla faccia di chi vedeva e vede nel fu pontefice un esempio di santità.
Capitolo successivo è il Sacrilegio, ovvero la violazione di una cosa sacra attraverso un atto carnale. Per cosa sacra si intende, in realtà, sia luoghi (chiese, cimiteri), sia persone (uomini consacrati), che oggetti (acqua, olio od ostie consacrate: il caso delle messe nere). Essendo queste cose di attinenza al sacro non si possono, per logica, avanzare accezioni morali, mentre un piccolo approfondimento merita l'appendice intitolata "Dei preti provocatori di Turpitudine".
Tale appendice si snoda su tematiche che non riguardano la gente comune, tranne che per un elemento che è tuttora di grande attualità, ovvero l'opportunità di denunciare il sacerdote che commette atti carnali.
Scrive l'autore: Si domanda se sia dovere naturale denunciare il sacerdote corrotto o il corruttore.
Interessante come la prima risposta sia comunque di immettere il dubbio che l'accusatore possa avere secondi fini tra cui quello di screditare l'istituzione religiosa:
"bisogna intanto andar molto cauti a prestar fede a quelle donne che inconsideratamente accusano sacerdoti al tribunale della penitenza, imperocchè più volte se ne son viste calunniare atrocemente dei preti innocenti per invidia, per odio, per gelosia, o per altro perverso motivo. Si deve dunque pesare prima con maturo esame le circostanze riguardanti la persona, l'accusa, e il preteso delitto ed occorre vietare che il complice si abbocchi con questo confessore".
Da tale testo si traggono due cose fondamentali: la prima che bisogna verificare prima ancora che la denuncia venga resa pubblica prendendo a prescindere le difese del sacerdote. La seconda è sottintesa: quel "si deve dunque pesare" significa "siamo noi che dobbiamo giudicare": in pratica l'istituzione rea è quella preposta ad emettere giudizio.
Infatti il testo continua così:
Ma se, tutto pesato sulla bilancia del santuario, risulta che il sacerdote è reo, si deve esaminare se si tratta di colpe di antica data, una o più volte commesse e già espiate, oppure se si tratta d'un abitudine a commettere questo genere di peccato o ad eccitarlo in altri o d'una qualsiasi altra colpa che mostri un uomo di perduti costumi. Nel primo caso, non è obbligatoria la denuncia perché si suppone, e ragionevolmente si presume, che più non esista il male, né sia per rinnovarsi; né v'ha d'altronde ragione sufficiente per ledere la riputazione di un sacerdote. La difficoltà sta nel sapere se nel secondo caso, esista l'obbligo naturale di fare la denuncia.
Una difficoltà? Ma come? Tutto va confessato tranne quando a commettere peccato è un prete?
Fortunatamente poi, anche l'autore giunge alla conclusione che si debba procedere alla denuncia, anche se con modalità tali da non dare scandalo, cosa quest'ultima che, non fosse per il decalogo dei procedimenti e il lungo ragionamento, è la vera preoccupazione della Chiesa.
Nei prossimi capitoli si analizzeranno le diverse forme di lussuria consumate contro natura.
Secondo una concezione di "natura" tutta particolare...naturalmente.

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