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giovedì 28 giugno 2012

Ha ragione la Fornero


Ha ragione la Fornero.
Non su tutto, anche se, da semplice cittadino, spero che un "supertecnico" ne sappia più di me e che quindi, al di là delle mie opinioni, alla fine abbia ragione lei.
Non su tutto dicevo, perché quando insisteva (ed insiste) sul concetto di mobilità basato sulla semplificazione del licenziamento come chiave per attirare gli investitori esteri in Italia, qualche dubbio, nonché qualche perplessità, al sottoscritto le ha suscitate.
Mi sembrava la soluzione meno costosa in termini di impegno , la meno complicata da attuare: una bella "riformina", qualche voto magari con richiesta di fiducia, un po' di manifestazioni contro e nulla più. 
Di certo, meno che impegnarsi a creare un piano e a reperire risorse per fornire al Paese moderne ed efficienti infrastrutture che, al Sud sono talmente insufficienti che si può dire manchino, mentre nel Nord ci sono, ma sono spesso sottodimensionate e/o troppo costose; sostanzialmente inefficienti.

L'uscita della Fornero a cui però si riferisce il titolo è un altra, più recente, che riguarderebbe la presunta "gaffes" circa lo stravolgimento degli articoli 1 e 4 della costituzione.
Partiamo dall'inizio, cerchiamo la fonte e proviamo a vedere cosa ha detto davvero la Fornero.
Nell'intervista inizia col presentare la propria riforma della quale specifica che:
 isn't perfect, but it's a good reform, especially for those starting out in the job market.
Non è nuova la Fornero ad autocritiche, per dire il vero. Anche in un intervista su Radio 24 nella trasmissione Focus Economia, lasciava intendere che di sbagli erano stati fatti anche per la fretta con cui il Governo Monti ha dovuto agire, spesso senza nemmeno il tempo di soppesare scelte. In particolare sul capitolo esodati. Lungi da me difendere il Ministro, ma riconoscere il merito di un'assunzione di responsabilità è doveroso.
Ad ogni modo, dall'intervista è anche chiaro l'intento, tutto Montiano, di cambiare anche il sistema di vita degli italiani, a suo dire aggiornandolo ai tempi. Infatti aggiunge subito dopo:
But this is also a wager on Italians changing their behavior in many ways
Si arriva dunque al punto cruciale, quello contestato, ove il Ministro Fornero dice testualmente:
We're trying to protect individuals not their jobs. People's attitudes have to change. Work isn't a right; it has to be earned, including through sacrifice.
Le traduzioni che ho visto, sono per lo meno  faziose, se non completamente errate, il che a dirla tutta non mi stupisce, visto il livello medio del giornalismo italiano.
Quel "Work" non dovrebbe a mio avviso essere decontestualizzato, visto che la frase prima parla di "jobs" ovvero di "posti di lavoro".
Ma anche fosse, non ci vedo alcuna bestialità né fantomatici tradimenti della Costituzione.
Il perchè è presto detto.
Il primo articolo della Costituzione infatti ci dice che il nostro è un Paese fondato sul lavoro. L'importanza del lavoro è fondamentale perché il paese non si sgretoli, ma non è solo un diritto: è anche un dovere. 
Concetto quest'ultimo che sembra sia finito un po' nel dimenticatoio, anche a causa della crisi dove il problema del lavoro si è spostato dalla ricerca della qualità alla vera e propria quanto drammatica ricerca di un posto.
L'idea che il suddetto posto di lavoro sia un diritto da guadagnarsi però,  non lo trovo una cosa riprovevole o da stigmatizzare ma una semplice constatazione e, anzi, reputo pericoloso il contrario, ovvero che debba essere garantito il posto (non il diritto) senza mai entrare nelle problematiche del caso specifico.
Uno degli errori più comuni delle generazioni attuali, compresa la mia, è dare per scontato che ciò che i nostri padri hanno ottenuto sia di fatto dovuto.
Ogni generazione ha il dovere etico e morale di lottare o per il mantenimento o per la modifica o per il superamento di ciò che ritiene opportuno sia mantenuto, modificato o superato , giacché ogni tempo ha i suoi mali e non è detto che ciò che sia considerato unanimemente un bene oggi, lo debba essere anche nel futuro e viceversa. Il lavoro è un diritto ma anche un dovere e, forse, è proprio in base a questo assunto che bisognerebbe leggere le parole della Fornero.

Riconoscere il diritto al lavoro significa, correggetemi se mi sbaglio, che non devono esserci impedimenti, per intenderci, quelli per cui una donna non viene assunta perché potrebbe decidere di divenire madre e mettersi in gravidanza; o per cui un uomo non viene assunto perché, ad esempio, conviene pagarlo in nero o perché nero di pelle.
Riconoscere il diritto al lavoro non significa che bisogna "assicurare" il lavoro.
Non è possibile costringere un imprenditore ad assumere se non ha bisogno di determinate prestazioni o se non valuta all'altezza il candidato prestatore d'opera e, nemmeno è possibile né auspicabile che sia lo Stato a farsi carico di assumere milioni di persone disoccupate, che graverebbero in modo abnorme sulla popolazione produttiva rendendola di fatto non concorrenziale e quindi, in un sistema capitalistico, quale è quello in cui viviamo, destinata ad avvitarsi e crollare (uno scenario che mi pare di aver visto da qualche parte...).
" We’re trying to protect individuals not their jobs" non sono poi parole da poco: significano che lo Stato, attraverso il Governo, non potendo di fatto garantire il lavoro, si impegna a salvaguardare le persone.
Ci riuscirà? Lo sta facendo nel modo giusto? Questo è un altro aspetto, che però esula da questo discorso (ma se proprio volete saper come la penso, almeno sul secondo quesito la risposta è: non mi sembra)
Ciò che mi lascia perplesso sono le accuse gratuite mosse alla Fornero, motivate con frasi tipo "una persona ricca come lei dovrebbe tacere".
Essere ricchi è una fortuna, a volte persino un merito se tale ricchezza non è frutto di eredità ma di intuizioni geniali e duro lavoro. Non può essere considerato un torto. 
E comunque sia, fedele alla mia idea che persino gli idioti hanno il diritto di essere tali a patto che non danneggino gli altri, ritengo che non solo la Fornero debba avere la libertà di esprimere ogni sua idea, ma persino libera di dire sciocchezze se di contro c'è la libertà degli altri di smascherarla e di sfiduciarla.
Incredibili invece le critiche mosse da alcuni esponenti leghisti che si spingono a chiedersi su cosa abbia giurato la Fornero, se sulla costituzione o su Topolino, loro che sulla Carta ci hanno sputato fino al minuto prima!

Parliamo ora dell'articolo 4.
A contestazione della dichiarazione del Ministro Fornero molti tirano in ballo quest'articolo il quale dice:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
E al solito, come volevasi dimostrare, dimenticano la seconda parte dell'articolo, che cita: 
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. promuovere le condizioni affinché tutti possano avere un lavoro.
Ora, promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro significa creare politiche che nel breve e nel lungo periodo rendano e garantiscano solidità al sistema paese e alle imprese. Significa creare opportunità, rendere più semplici o convenienti le assunzioni di giovani o, problema dei nostri tempi e, ahimè, di quelli futuri, di persone che perdono il posto a pochi anni dalla pensione o comunque in età avanzata.
Significa, almeno in una democrazia evoluta, fare in modo che l'ascensore sociale , come chiamato in gergo, inizi o, se vogliamo essere buoni, riprenda a funzionare e che il merito sostituisca la pratica dei "figli di" (i quali però non possono essere colpevoli solo per il fatto di essere di essere "figli di", e quindi additati di colpe specie se oltre al nome c'è anche merito) e che, in sostanza, si possa diventare farmacisti senza essere figli di farmacisti, notai senza essere figli di notai, giornalisti senza essere figli di giornalisti e via dicendo.
Riallacciandomi alla parte "dimenticata" dell'articolo 4, sono convinto che l'attuale sfascio non sia dovuto tanto alla (presunta) messa in discussione di certi valori e diritti, quanto all'accantonamento colposo di molti doveri che, al pari dei diritti, sono elementi fondanti dello status di cittadino.
Siamo il paese dell'evasione, dell'omertà, dell'incompetenza, del "magna magna" e stiamo trasformando il sistema capitalistico, quello cheseppur anche attraverso importanti lotte sindacali, ha garantito il benessere nel quale ci siamo fin'ora trastullati,   in un generatore di avidità ed egoismo. 
Il principale problema di questo paese non è la classe dirigente ma il popolo (colpa nostra, dunque) che, colpevolmente ha permesso che inetti e ladri ci governassero, convinti che l'undicesimo comandamento (farsi i cazzi propri)  fosse la regola aurea per il benessere, tradendo di fatto la nostra stessa essenza che ci definisce come animali sociali.
Questo, ovvero i fatti, e non una frase mal interpretata o finanche mal pronunciata è il vero problema del Paese.

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