La trasmissione prosegue portando la testimonianza di uno dei vigili del fuoco che salvarono il telo dall'incendio dell' 11 aprile del 1997 corredata con un breve documentario che ricordava il concitato salvataggio.
Dopo la pubblicità, la parola torna a Brachino che ci tiene a sottolineare l'emozione che proverebbe un qualunque osservatore guardando la Sindone, indipendentemente dalla fede che esso riporrebbe nella reliquia stessa.
Siamo al festival della banalità: chissà da dove prende questa scoop il giornalista che si scopre persino essere capace di leggere nel pensiero?
A meno che, ovviamente, per emozione, non intenda tutto lo spettro delle emozioni provabili da genere umano. Ma è evidente che lo scopo di Brachino è un altro, ovvero quello di far passare per integralismo la visione di chi non crede nella reliquia e porta le sue confutazioni in modo magari non diplomatico. Come a dire che se mi arrabbio nel ribadire che 1+1=2 sono un integralista dell'aritmetica.
Però Brachino si supera quando parla della sua professione quando, alle solite banalità, aggiunge un messaggio criptico:
...noi (giornalisti) rispettiamo il parere di tutti (ma riportiamo solo quello di alcuni), ma il discorso sulla Sindone è così complesso che non può essere ridotto solo ad uno scontro tra un integralismo ed un altro, e anche per un giornalista affrontare questo viaggio diventa comunque un viaggio di estrema emozione, un ritorno ad una serie di grandi pulsioni interne (ovvero?), per cui c'è un grande mistero per chi lo affronta, questo al di là degli strumenti professionali che uno applica (quelli per cui è stato sospeso per due mesi dall'Ordine?).
Cosa avrà voluto dire? Potrebbe farci una puntata Raz Degan. (Tra parentesi i commenti personali).
E' la volta di Don Massimo che ricorda le parole di Giovanni Paolo II sulla dovere della scienza di cercare la verità in modo libero ma comunque e sempre rispettoso della sensibilità dei fedeli. Si introduce a supporto Brachino ricordando altre parole dello scomparso Papa sul fatto che la Sindone è lo specchio dei Vangeli, i quali però, è bene ricordarlo, non sono, univoci nel raccontare le ultime ore di Cristo.
Inoltre, non sarebbe né più, né meno specchio di altre numerosissime forme d'arte che dai Vangeli hanno tratto ispirazione.
Ora mi è un po' più chiaro il "metodo professionale" di Brachino.
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Fig 1 - Modellino Sindone |
Ma l'importante, come ribadisce la D'Urso è la serenità che i fedeli provano. Lecito ovviamente, senonché tale sentimento i fedeli lo provano con sfumature diverse visitando qualunque reliquia o luogo presunto santo (basti ascoltare Paolo Brosio quando parla di Medjugorje).
E' di nuovo il momento del Professor Fanti che esibisce un modellino di come, secondo lui, doveva essere avvolta la Sindone: un lungo telo ripiegato su se stesso e "leggermente" legato all'altezza delle caviglie (figura 1, a lato). Perché avrebbero dovuto legare così il corpo del Cristo non si capisce bene, ad ogni modo, Fanti continua dicendo come probabilmente ai lati della salma furono poste delle bende arrotolate con sostanze anti-putride (aloe e mirra). Non si capisce nemmeno perché la testa debba rimanere sospesa e le braccia non ricadere lungo i fianchi, ma così pare sia conforme a quella di un uomo crocifisso (fig 2). Sarà, a me pare, opinione personalissima, che il fine giustifichi i mezzi.
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Fig 2 - Modellino Sindone |
Scherzo del destino proprio in quell'istante viene mostrata in anticipo una raffigurazione di come erano le sepolture ebraiche del I sec. Infatti, interviene Lombatti, ricordando che l'archeologia ha fornito tremila tombe nei pressi di Gerusalemme, sessantadue delle quali ci mostrano caratteristiche assai dissimili: innanzitutto erano legati in modo stretto in più punti, il cadavere era avvolto in una pluralità di teli e nessuna era di lino a spina di pesce, ribadendo che l'unico telo di lino con quelle caratteristiche è un telo del 1300.
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Sindone di Akeldama I° Sec |
Scoppia il putiferio, subito viene rinfacciato a Lombatti che la tecnica della tessitura a spina di pesce era conosciuta anche nel I secolo e che in effetti ci sono teli egizi con tali caratteristiche , ma Lombatti è inflessibile: i teli sono egizi e non palestinesi e poi sono in lana, e gli Ebrei non utilizzavano per le sepolture teli di lino ma di lana o cotone.
Un accalorato Barberis con tono ironico ricorda a Lombatti che la lana era vietata dalla legge Ebraica, ma Lombatti contraddicendolo specifica che la lana era sì vietata, ma solo nei vestiari e non nelle sepolture ma, anzi, in proposito si vietavano teli con orli e cimose (che invece sono guarda caso presenti nella Sindone), perché il telo doveva disfarsi sfaldandosi nel giro di un anno.
Fa strano che a Barberis sia sfuggito dei particolari così importante: o si ammette la mala fede o si deve accettare che i metodi di studio dei sindonologi siano piuttosto bizzarri. A meno che, ovviamente, non si voglia credere che Lombatti si inventi di sana pianta articoli della legge ebraica, il che francamente è piuttosto improbabile.
Lombatti infierisce riportando l'esistenza di documenti che attestano che la sindone è un falso facendo riferimento alla Bolla di Papa Clemente VII.
Seguono accuse di riportare documenti parziali o falsi ma le voci si sovrappongono.
Interviene di nuovo il giornalista dell"aldilà dei metodi professionali" che in effetti li usa per definire Lombatti scortese.
Ora chiariamo: Lombatti non se ne sta certo buono e porta le sue argomentazioni con veemenza, ma da lì a definirlo scortese ce ne passa. Anzi temo che l'unico modo per poter fare contraddittorio in questo tipo di televisione sia per forza giocare sui toni: Lombatti lo ha capito, anche alla luce di ciò che era accaduto al posatissimo Simone Angioni, in una trasmissione analoga con tema i veggenti, a cui non era stato concesso che qualche secondo. Brachino ribadisce la sua fiducia nel Cicap, ma è una cortesia piuttosto ipocrita, anche perché poi specifica che esiste sulla Sindone una bibliografia piuttosto vasta a favore e che se si portassero migliaia di scienziati con prove a favore, lui, Lombatti, non cambierebbe idea.
Certo che se Brachino si riferisce alla vasta bibliografia del copia-incolla, o delle novità alla Frale o alle pseudo scoperte di scienziati del calibro di Frei, Garza Valdes o Kouznetsov qualcosa mi suggerisce che, in effetti, il professor Lombatti rimarrebbe fermo nelle sue posizioni.
D'altra parte rimanendo nel ragionamento di Brachino e facendo un iperbole, se Galileo avesse dovuto ascoltare i migliaia di scienziati dell'epoca e la bibliografia di riferimento cosa avrebbe dovuto fare? Negare l'eliocentrismo?
Il ragionamento di Brachino, se tale si può definire è debolissimo, infatti Lombatti cerca di farglielo notare , ma subito Brachino lo stoppa ammonendolo dal dargli lezioni. Lombatti sceglie a questo punto un'astuta via diplomatica, ricordando come in genere il giornalismo abbia avuto un rapporto difficile con la Sindone, limitandosi a sentire sempre e solo un'unica campana, tranne Brachino stesso e, oggi, la D'Urso.
La D'Urso nel suo solito fare "buonista" si prende i meriti e lascia all'intelligenza del pubblico a casa, l'intelligenza di chi guarda Pomeriggio 5 ovviamente, la capacità di decidere da quale parte stare (sic!).
E in un attimo inventa la scienza per sondaggio.
Amen.