Ad Expando

venerdì 27 novembre 2009

U.C.C.S.




Ora lo so. L'Italia è davvero una Repubblica fondata sul lavoro. Ma non è come credete voi, no di certo. Non è fondata sul lavoro dei campi, delle fabbriche, delle strade. No. L'Italia è fondata sul lavoro di un organo segreto, un ufficio per la precisione, dove ci sono persone che lavorano giorno e notte, per noi, 24 ore su 24, con turni estenuanti, con eroica abnegazione.
Sono gli uomini e le donne dell'UCCS. Ora io so che scrivendo queste righe e divulgando questo segreto metto a serio pericolo la mia stessa vita. Il Sismi e il Sisde saranno presto in azione. Massoneria Mi prenderanno e di certo questo blog verrà chiuso. Ma non potevo non rivelare questa verità. Non potevo lasciare che la passione di questi eroici lavoratori venisse ancora taciuta. Questo organo, più segreto di Gladio, della P2, dei Massoni, dello SMOM ha in realtà lo scopo e l'onere di tenere in piedi tutto il Sistema Italia. Come una grigia eminenza lavora nascosto, così abilmente da essere riuscito a celarsi per anni e anni. Leggenda vuole che molti membri dell'UCCS siano così presi dal lavoro da non essere più nemmeno consapevoli della loro appartenenza. Producono. Producono. S.M.O.M.
Producono intricati sistemi, labirintiche trovate, regole che a prima vista rasentano l'inutile e che invece servono a sostenere l'Uomo, la cui mente altrimenti sarebbe già caduta, intrappolata in una routine senza senso. Essi hanno aperto infatti, la nuova via, sospinti dalla geniale intuizione che l'uomo non aspira ad una grandezza ma bensì all'infinito, non alla certezza ma alla costante ricerca. Come sacerdoti di questa inoppugnabile verità essi hanno capito che la perfezione non sta nella semplicità, ma va oltre, verso l'inconcepibile e, per la prima volta nella storia, l'opera di uomini ha mantenuto le promesse e le attese. Sappiate dunque che tutto ciò che vi circonda, ciò che siete divenuti, come vi hanno temprato, tutto è opera loro, dei membri del UCCS: Ufficio Complicazioni Cose Semplici.


Qui sotto riporto la prova provante di ciò che accadde quasi tre anni fa, testimonianza inequivocabile dell'esistenza dell'UCCS.


4 Maggio 2007


Ieri tornai per la seconda volta all'ufficio anagrafe del mio paese, per l'occasione accompagnato dalla mia compagna, per iscrivere la piccola dopo l'intoppo iniziale. Non era, infatti, stato possibile  per me, convivente e neo padre, iscrivere mia figlia all'Ufficio Anagrafe in assenza della madre.
Ci presentammo entrambe convinti che nulla ormai si sarebbe interposto tra nostra figlia e il foglio che ne certificava la nascita. Sì, stavamo per farcela; addirittura l'impiegata comunale, memore forse delle sue turbe post gravidanza, fu insolitamente gentile e poco fiscale. Non ci chiese neppure i documenti di identità, cosa che strideva alquanto con la prima serie di ostacoli che mi imposero al mio primo, infruttuoso, tentativo.
Stavamo per farcela, dicevo, ma improvvisamente a metà strada tra il banco e l'armadio con i prestampati l'impiegata si blocco. Un brivido invero mi corse lungo la schiena, come un oscuro presagio che immantinente si materializzo quando la donna si girò guardandoci di sottecchi con uno sguardo da cui traspariva un misto di pena e sadismo.

"Signora - disse l'impiegata indicando l'Attestato di Nascita redatto dall'ostetrica - come può vedere lei stessa - qui fece una pausa lasciando che il sadismo prevalesse sull'umana pietà - l'infermiera ha omesso di dichiarare la sua cittadinanza"
Per un attimo mi sentii sollevato: il problema era facilmente risolvibile, pensai.
"Inoltre - aggiunse con un tono più acuto, tale da farmi dubitare di aver intravisto qualcosa di umano - il documento non riporta se la nascitura è nata viva"non è mia figlia !
Vidi la mia compagna sbiancare.
Imperterrita l'impiegata continuò sbattendoci il documento in faccia.
"Vede qui - indicando un punto sul foglio - doveva segnalare se vostra figlia  è nata viva, morta, o viva ma è morta subito dopo"
Sentii la collera assalirmi, ma cercai di resistere. Sapevo che se avessi perduto il controllo chi avrebbe sofferto sarebbe stata la mia compagna.
Ringraziai gli Dei che mia figlia fosse nata viva, altrimenti il comune avrebbe dovuto piangere due decessi in pochi giorni.
L'altra impiegata si avvicinò allo sportello incuriosita e dopo pochi istanti scoppiò a ridere con una risata isterica che avrei detto maligna.
"Oddio! ma hanno scritto che è nata nel 2005, siamo nel 2007"
Controllai io stesso e non potei fare altro che accertare il grossolano errore commesso dall'ostetrica.
"Non possiamo fare nulla, mi dispiace dovreste tornare" disse risolutoria la prima impiegata, mentre l'altra annuiva compiaciuta.
La mia compagna a quel punto, scoppiò a piangere, vinta dalla mancanza di tatto delle due, dall'impotenza e sicuramente dal caos ormonale che segue i giorni post parto.
Quelle lacrime, quei singhiozzi ebbero però il merito di risvegliare quel briciolo di umanità, presente anche nelle persone più abbiette, che era stato abilmente nascosto nel cuore della prima impiegata.

“Senta facciamo così…mi rendo conto che voi non c’entrate nulla e men che meno la bimba. Io adesso mando avanti come se il documento fosse corretto, lei – rivolgendosi a me -  nel frattempo trovi l’ostetrica e si faccia ricompilare il tutto. Poi venga qui e bussi alla finestra, visto che nel pomeriggio non c’è ricevimento, mi passa il documento nuovo e chiudiamo tutto”.

Riaccompagnai la mia compagna a casa e, senza attendere oltre, mi recai in ospedale in cerca dell'ostetrica.
Diluviava: una specie di monsone fuori stagione e, soprattutto, fuori posto.
Giunto intirizzito e bagnato da capo a piedi, salii in reparto alla ricerca di quella gentile quanto sbadata ostetrica.
Non provavo alcun risentimento per quella donna. Non era per me difficile immaginare con che animo a fine turno, provata  dopo aver seguito cinque o sei parti, alcuni dei quali magari anche complicati, si accingeva a compilare quelle maledette scartoffie. I bimbi erano nati, chi sani e chi meno. Il suo lavoro, la parte che davvero conta era stato fatto.
Entrai dunque in reparto, chiedendo della donna.
La risposta che ebbi mi lasciò senza sconfortato: il giorno successivo al parto le erano stato imposto di prendersi le ferie arretrate.
Ora, la burocrazia vuole che la compilazione dell'Attestato di Nascita venga redatto dall'ostetrica che ha seguito il parto e solo da lei. Un errore e un contrattempo, come quello che stava accadendo poteva risolversi in un mezzo disastro. Da tenere in considerazione in tali casi è anche una strana scadenza inserita da qualche politico buontempone, per cui un nascituro deve essere iscritto all'anagrafe entro dieci giorni dal parto, sebbene nessuno mi abbia mai fatto sapere cosa sarebbe accaduto nel malaugurato caso in cui tale scadenza non venisse rispettata.
E' opportuno che faccia ora un breve riassunto per comprendere la gravità della situazione.
Mia figlia era stata fatta nascere con parto cesareo in quanto podalica il giorno 26 Aprile, un giovedì.
Sabato con il documento che l'ostetrica mi aveva consegnato la sera precedente, mi ero recato una prima volta all'anagrafe ma fui, come detto, respinto, in quanto, non sposato, non godevo dei pieni diritti su mia figlia.
Mercoledì 3 la mia compagna fu dimessa, ma gli uffici pubblici erano ormai chiusi.
Così non rimaneva che il 4, dopo di che i fatidici dieci giorni sarebbero inesorabilmente scaduti.
Era il 4 ovviamente, sapevo di essere in un vicolo cieco ma non mi perdetti d'animo.
"Siamo in Italia - pensai tra me - un modo per uscire lo troverò"
Proprio in quel momento, in reparto, passò un medico. Lo rincorsi.
"Dottore, dottore - lo chiamai ansimando - mi scusi..."
Il dottore, un uomo sulla cinquantina, si fermò al primo richiamo lasciando cadere le braccia lungo i fianchi con aria scocciata.
Quindi si girò verso di me e interrompendomi mi disse:
"Guardi, giusto perché lei lo sappia, non sono il ginecologo, ma il pediatra"
"Bene - risposi io senza perdermi d'animo - visto che non sono dotato di utero, pare che lei, tutto sommato potrebbe fare al caso mio"
Spiegai per sommi capi il mio problema e lui, forse messo in difficoltà dal suo stesso atteggiamento mi ascoltò pazientemente e alla fine mi consigliò di provare a chiedere alla caporeparto.
L'anziana infermiera si scusò dell'incidente e mi compilò un nuovo documento, questa volta corretto.
Forse per scusarsi, forse per sua natura, la donna volle andare oltre e mi consigliò di recarmi al piano superiore per prenotare l'esame radiografico per la prevenzione della displasia dell'anca, cosa consigliabile , mi disse, a tutti i neonati, specie se femmine nate con cesareo e l'ecocardiogramma per la prevenzione delle morti in culla.
Guardai l'orologio appeso sul muro e decisi che se avessi saltato il pranzo sarei riuscito a fare tutto.
Deciso, salii le scale e mi recai allo sportello dove dovetti sostare in fila per almeno 20 minuti
Giunso il mio turno e subito l'impiegata mi chiese in modo asettico ciò di cui necessitavo. Presentai la mia domanda e lei mi chiese il codice fiscale della bimba.
"Non ho ancora il codice fiscale, perchè a causa di un errore compiuto dall'ostetrica, l'anagrafe non ha mandato avanti la pratica. Però la caposala mi ha detto che in tali casi basta il codice fiscale della madre"
"Mi dispiace signore - rispose lei con quella voce cantilenante - ma non è più così. E'  stato consigliato male. Avanti il prossimo" Aggiunse spostando lo sguardo sulla persona che mi seguiva.
"Un attimo - dissi cercando di mascherare la voglia ribaltargli bancone e computer - la donna prima di me era un extracomunitaria: non aveva neppure il passaporto con se e ha potuto prenotare tutti gli esami. Io sarei in regola se il vostro personale facesse il proprio lavoro fino in fondo"
"Se ha rimostranze - disse lei senza cambiare l'odiosa cantilena - si rivolga alla Direzione Ospedaliera...Avanti il prossimo"
Incollerito ero pronto a rischiare di non tornare per tempo all'anagrafe, e ormai in preda all'ira mi misi alla ricerca dell'Ufficio della Direzione.
Per mia fortuna arrivai proprio nel mentre una giovane infermiera avvisava la mezza dozzina di persone che attendevano il Direttore, che questi era partito per un convegno.

2 commenti:

brain_use ha detto...

Hai detto bene: siamo in Italia.
L'UCCS non è solo una realtà.
E' LA realtà dello Stato.

Ah... congratulazioni ritardate!

Unknown ha detto...

Ogni tanto, quando sono in crisi di ispirazione, vado a ripescare qualcosa dal vecchio blog e magari lo rielaboro ;)

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