...I bagagli già pronti da tempo,
Come ogni uomo prudente,
O meglio, il bagaglio,
Quello consueto di un semplice o un saggio,
Cioè poco o niente;
E andrà davvero in un suo luogo o una sua storia,
Con tutti i libri che la vita gli ha proibito,
Con vecchi amici di cui ha perso la memoria,
Con l'infinito ...
(Francesco Guccini - Van Loon)
Oggi è il giorno del mio compleanno.
Solo sei anni fa scrivevo un post, rivelatosi, ahimè un po' troppo ottimistico, dove sostenevo ed in un certo senso mi auguravo, di essere giunto a metà del "cammin di nostra vita", facendo il verso al sommo poeta.
Oggi compio 46 anni e come a tutti i compleanni, sono uso fare un bilancio degli eventi passati possibilmente per farne tesoro al fine di affrontare meglio ciò che dovrà accadere.
In genere è una data in cui uno programma il futuro, cose del tipo, quest'anno prenderò la cintura nera, farò una maratona o andrò in Perù.
Nella mia condizione attuale pensare al futuro, programmarlo od anche solo tentare di immaginarlo non è una cosa particolarmente piacevole, per non dire che fa male, poiché per quanta forza di volontà uno possa metterci non può non osservare il presente scivolare nel passato e la fine farsi più vicina.
Come scrivevo qualche mese fa, tuttavia, questa dannata condizione mi permette di vedere le cose da angolazioni prima neppure immaginate.
In sé, dunque, assume un valore enorme.
Se prima vedevo la morte come attimo ultimo della vita, oggi mi auguro che essa ne sia compimento.
Compiere è diverso da terminare o finire.
I tre sono sinonimi, ovviamente, ma fosse anche solo nella mia testa, assumono significati diversi.
In genere la parola più usato in relazione alla morte è "finire" o un suo derivato: il fine vita, ad esempio.
Non mi piace.
Non voglio che si dica di me, quando avverrà la mia dipartita, che ho finto di vivere.
Finire non implica il come si è finito: è un termine, in quanto relativo a qualche cosa di inevitabile, passivo. Io non sarò finito: anche la sola idea di pensarlo mi fa sorridere.
Stesso discorso vale sul "terminare" che è un logos che uso per indicare, per l'appunto, l'idea di un qualche cosa che si ha volontà di terminare.
Terminare un percorso, giungere al termine di un sentiero.
Esattamente come sopra, non voglio e non credo che la morte sarà il mio termine.
Compiere, invece , lo vedo come qualcosa che rende pieno il divenire, che poi è sempre stata una delle ragioni del mio vivere: divenire me stesso.
Oggi non voglio tuttavia pensare di compiere il mio quarantaseiesimo e forse ultimo anno di vita (non lo dico né con rammarico, né per pietismo, semplicemente perché le statistiche che miro a smentire, questo dicono).
Oggi voglio pensare che sto facendo un altro passo per compiere la vita.
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