A volte, leggendo sui giornali od ascoltando le voci indignate che ci circondano, saremmo portati a lasciarci andare ad istinti forcaioli.
In linea di massima, poi, il buonsenso ci riconduce a più miti consigli e si lascia perdere.
Ma è davvero sbagliato pretendere il contrappasso ad una cattiva azione, qui, ora, in questo tempo e questo luogo, senza attendere un ipotetico quanto improbabile giudice dell'aldilà (o anche dell'aldiqua)?
A ben vedere il "buonsenso", come tutti i sensi, spesso ci inganna.
Ad esempio si dice che discutere con un cretino sia una perdita di tempo, che quello è un cretino e non cambierebbe né idea, né atteggiamento.
Nulla di eccepibile sin qui, senonché in genere il cretino è anche un prepotente e questo determina che se nessuno gli si oppone ottiene sempre quello che vuole.
L'altro giorno ad esempio, stavo per mettermi in coda alla cassa di un supermercato , quando una signora sulla sessantina si è infilata tra il mio carrello e quello già in fila.
Sulle prime ero tentato di lasciar perdere, la mentecatta aveva con sé solo un paio di pacchettini. Ma la "signora" ha chiamato la figlia e il nipote (di circa sei anni) che la seguivano con il carrello e ha preteso di far passare anche loro perché lei era lì a tenere il posto.
A quel punto ho preso il loro carrello, l'ho spostato e ho invitato tutti e tre a fare la fila correttamente.
Ovviamente stronza e figlia (mi sono stancato di usare impropriamente il termine "signora") hanno iniziato a darmi del prepotente offendendo i miei genitori per non avermi insegnato l'educazione.
Senza perdermi d'animo ho risposto che non mi sembrava il caso di prendere lezioni di educazione da una vecchia incapace di domandare ma di pretendere e basta in base a regole inventate al momento, e per tutta risposta ho invitato una signora anziana, con un cestino , a passare davanti al sottoscritto.
Il mio gesto ha scatenato l'ilarità generale con tanto di cassiera che mi dava ragione. Il risultato è stato che madre, figlia e il povero bambino si sono allontanate ritornando in corsia senza avere neppure il coraggio di mugugnare.
Semplicemente svergognate.
Un altro esempio calzante potrebbe essere il continuo debunking nei confronti di personaggi capaci solo di insinuare complotti di ogni genere, senza mai dimostrare alcunché.
Perché continuare ad osteggiarli, sopportando i loro continui attacchi?
Perché esiste comunque un bene superiore.
In quest'ultimo caso, sebbene sbugiardarli e ridicolizzarli provochi in questi soggetti una sorta di arroccamento, aumentando di fatto il livello di fanatismo loro e dei loro seguaci, rende possibile la condivisione di conoscenze a favore di coloro che sono nel dubbio e per coloro che, pur caduti nella rete del complottismo, hanno sufficiente metodo e intelligenza di confrontare le ipotesi e giudicare con serenità la propria posizione (io stesso lo feci, quando colto da dubbi dopo l'11 settembre mi lasciai quasi convincere dalla tesi complottista fino a che non ebbi modo di dissipare i dubbi grazie allo splendido lavoro di sconosciuti che smontavano con scienza e metodo tutte le sciocchezze e le bugie che mi avevano condotto all'errore).
Di casi in cui evocare il contrappasso ve ne sarebbero a dozzine, uno, letto in settimana particolarmente odioso: la storia della studentessa universitaria in Ferrari.
Di studenti che, imbrogliando sul reddito familiare truffano lo Stato reclamando borse di studio che, va ricordato, spetterebbero ad altri, pare ce ne siano tantissimi : nelle Università della Capitale parrebbero il 62%. Nel caso specifico la studentessa si faceva accompagnare dal "papy" in Ferrari, o meglio si faceva venire a prendere per tornare nella sua villa con piscina non dichiarata al catasto.
Se una cosa del genere non fosse già odiosa di suo, inseriamola nel contesto di uno Stato che continua a tagliare sulla scuola ed aggiungiamoci che se non fosse stata pizzicata la signorina oltre a conseguire una laurea in maniera truffaldina avrebbe di fatto iniziato ad eliminare probabili competitor futuri negando loro la possibilità di conseguire il medesimo diploma, causa indigenza (non intelligenza dunque ma difficoltà economiche).
Ci fosse giustizia, non si risolverebbe il tutto, come pare, con una semplice multa pecuniaria, ma anche con l'impossibilità di conseguire titoli validi nel territorio: certa gente, infatti, non dovrebbe assurgere ad alcuna carica di rilievo (che il diploma potrebbe favorire) e sarebbe per loro assai istruttivo ripartire da dove hanno iniziato coloro a cui i diritti e il futuro sono stati scippati.
1 commento:
Beh, che dire... io alla strunza le avrei avvolto il carrello attorno al collo....
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