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martedì 5 aprile 2011

Dove sono le candele?


Quando c'è da difendere una vita, anche quando chi dovrebbe viverla è impossibilitato a farlo, oppure vorrebbe rinunciarvi per la troppa sofferenza, c'è sempre un ben pensante con una candela accesa, od una fiaccola, od uno striscione per ricordare a tutti che la vita è un dono irrinunciabile della divinità, un bene che dobbiamo difendere fino a che non si sia compiuta la sua volontà.
Una volontà che gli stessi ben pensanti dalle candele accese, non esitano a sostenere benevola, quand'anche le attribuiscono catastrofi a scopi di redenzione, come quelle prospettate dal De Mattei, o paterni come quelle evocate dall'ex vescovo di Alghero, monsignor Vacca:
Dio cerca di correggere le nostre cattive inclinazioni, le nostre colpe e le vie quando sono sbagliate, ma non lo fa con intento punitivo, quanto paterno, sia pur usando mezzi pesanti come i terremoti, le epidemie e persino le guerre. Direi che la parola castigo va interpretata come mezzo di correzione di Dio.
La cosa strana è che una volta che hanno fatto la loro comparsata molti di questi ben pensanti spariscono e al più ricompaiono nelle caritatevoli associazioni finanziate da soldi pubblici che non vedono l'ora di affondare gli artigli quando la famiglia non è più in grado di gestire il malato.
Non importa nulla che il malato voglia vivere o meno, i ben pensanti vogliono imporre a tutti il loro modello, un modello unico che salvi la società dalla deriva laicista e dal relativismo e bla, bla, bla.
Ma se il malato vuole vivere a tutti i costi dove finiscono i ben pensanti? Scompaiono o meglio come detto attendono: o che il malato sfinito decida che non ne vale più la pena e farne un altro caso di propaganda, o che la famiglia non regga più il peso economico e psico-fisico e decida di lasciare il malato in una loro caritatevole clinica.
Fortunatamente questo Stato a volte si ricorda di avere una Costituzione ed esprime ancora giudici in grado di farla rispettare.
Per chi vuole capire un po' di più lo invito al leggere questo articolo di Repubblica.

2 commenti:

Fabrizio Leone ha detto...

Mai sentito parlare di "sa femmia accabadora"?
Si potrebbe tradurre con "la donna terminatrice"
Se state pensando a terminator non state sbagliando di molto...
Era una figura "professionale" della Sardegna, che è scomparsa poco più di 80 anni fa circa.
Quando un uomo si ammalava, e non c'era più speranza di guarigione, la famiglia, che all'epoca non poteva permettersi un tale peso morto, chiamava sa femmia accabadora e la lasciavano sola con il malato.
Lei faceva eutanasia...faceva un rito propiziatorio e con il suo randello poneva fine alle sofferenze del malato.

Questo avveniva centinaia se non anche migliaia di anni fa, possibile che oggi si sia più retrogradi?
Come mai si chiama "colpo di grazia" il colpo che pone fine alla vita di un ferito mortale?

Unknown ha detto...

Un rito propiziatorio con il randello mi inquieta assai :D

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