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lunedì 10 gennaio 2011

Nomen...omen?


"Ogni battezzato acquista il carattere di figlio a partire dal nome cristiano, 
segno inconfondibile che lo Spirito Santo fa nascere di nuovo l'uomo dal grembo della Chiesa"
(Benedetto XVI)
Intendiamoci, bene fa il Papa a richiamare i propri fedeli ad una più consona scelta del nome da assegnare ai figli e tutto sommato è anche una questione di buon gusto: abbiamo una lingua, l'Italiano, usiamola. Da esterno alla chiesa però mi fa specie l'idea che si debba marchiare il figlio con un nome che per forza richiami ad un santo cristiano.
Già di per sé il battesimo è un rito dall'alto valore simbolico che per taluni, non credenti, è insopportabile. 
Ricordo una discussione che ebbi con amici, non cristiani benché religiosi, che sostenevano l'idea che il battesimo rappresenti di fatto un marchio a fuoco sull'anima e per tanto la scelta di sottoporsi a tale rito debba essere compiuto da un essere pienamente senziente, cosa che di fatto un neonato non è.
Il problema, per così dire, è che la mia compagna sebbene poco praticante (e più o meno inconsapevolmente molto poco cattolica), sul battesimo abbraccia la tesi che il nascituro è macchiato del peccato originale, motivo per cui, per salvaguardarne l'anima in caso di tragedia è necessario, nonché obbligatorio, procedere al battesimo nel più breve tempo possibile. Per chi come il sottoscritto ritiene che gran parte della religione cattolica sia superstizione quindi invenzione, magari anche in buona fede, ma pur sempre invenzione, un rito risulta essere una mera rappresentazione folkloristica priva quindi di qualunque strascico su un eventuale piano  metafisico.
Per il nome invece la questione è differente, perché quello marchia inequivocabilmente non tanto nel mondo metafisico quanto in quello reale di tutti i giorni.
Nella maggior parte dei casi una coppia sceglie il nome in base al suono, in genere associandolo al cognome. Spesso un nome viene scartato, più che scelto, per il significato (es. noi scartammo "Angelica"). Altre volte perché troppo lungo (Massimiliano, Elisabetta) o perché desueto (Petronillo, Cirillo, Anastasio). Molte volte è una questione di moda (penso ad esempio al fatto che se non avessimo chiamato nostra figlia Arianna, ci sarebbero tre "Sofie" di 3 anni e mezzo, una per ogni casa della via in cui abito).
Ma il fatto che la Chiesa, attraverso il Papa, si pronunci al fine di rimarcare le radici cristiane, è segno che esse si stanno inesorabilmente indebolendo, nello specifico anche a causa dal cattivo gusto di chi sceglie in Italia di chiamare i figli Chantal, Kevin e via dicendo (e nessuno me ne voglia, anzi...offendetevi pure se avete chiamato i vostri figli così). In altre parole, si teme che non dando il giusto nomen si rischia di avvicinare l'omen della religione cristiana. personalmente non lo credo, ma registro i timori e, quindi, il fatto che tali tradizioni non possano che essere soggette a mutamenti come tutte le altre che l'hanno preceduta.
Anche perché, va detto, non esistono ne sono da sempre esistite le sole tradizioni cattoliche e sfido chiunque a sostenere che  chiamerebbe il figlio Achille perché devoto a San'Achilleo Martire e non per il fascino dell'eroe omerico. 
Per noi ad esempio,  la scelta del nome di nostra figlia, Arianna, è stata aiutata dalla figura della celebre Arianna figlia di Minosse, quella abbandonata da Teseo e finita in sposa a Dionisio, ma soprattutto quella dello stratagemma del filo.
Mai e poi mai, e lo capirete certo,  mi sarei sognato di affibbiarle il nome per via dell'unica martire che non avrebbe subito il martirio giacché il buon dio le avrebbe concesso di essere "inglobata" nella roccia di una montagna (sic!) per salvarsi dai persecutori. 

2 commenti:

Il Censore ha detto...

Per fortuna che non hai avuto un maschio: avresti avuto la possibilità di chiamarlo "Cristoforo", come questo santo qui

Unknown ha detto...

azz! Certo che a copiare i miti sono artisti (molto scadenti peraltro...)

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