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giovedì 23 luglio 2009

La maledizione di nascere Donna

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La terra è impregnata di sangue

e di sangue trasuda ogni casa

ogni via ha una voce che langue

ad ogni porta una donna che trema


Ancora oggi, in molti paesi del mondo, la frase pronunciata con sottofondo il primo vagito :" E’ femmina"; rappresenta più che un lieto evento, la condanna definitiva di un essere ad un esistenza d’inferno. Lo è, anche, seppur in parte risolta, in molti paesi cosiddetti civili, dove l’essere donna rappresenta comunque un fattore discriminante. Nel mondo del lavoro, anche dalle nostre parti, la donna deve infatti superare i dubbi dei poco lungimiranti imprenditori. Prima o poi potrebbe, infatti, divenire madre, ruolo che mal si concilia con l’essere lavoratore: possibile gravidanza difficile, maternità, inserimento all’asilo, malattie del piccolo, vaccinazioni. Nella migliore delle ipotesi, mesi di assenza; di non produttività.

Quasi che garantire il futuro all’Umanità non sia altro che una noiosa, improduttiva, seccatura.

Tuttavia, non fosse sufficientemente assurdo, questo non è nulla se paragonato a quanto accade in altri paesi meno “civilizzati”. In India, fino al 2007, si praticava l’aborto selettivo sui feti di sesso femminile. Si parla di quasi 10 milioni di bimbe non nate. Motivo? Il maschio porta il nome della famiglia, garantisce fonte di guadagno per la stessa. La donna invece va maritata e per farlo deve avere una dote. Che costa.

Retaggi di una cultura antica, quanto sorpassata, dove i precetti religiosi sono assoluti protagonisti. Nella Cina post comunista (…) la politica del figlio unico, messa in atto per controllare la crescita demografica, sta ulteriormente gravando sulle donne. Anche qui aborti selettivi, o alla meglio, si fa nascere la bambina e poi non la si registra, privandola di ogni diritto civile. Ci si può immaginare cosa ciò possa significare per il futuro della creatura: schiavitù e prostituzione.

Nel mondo Islamico, la donna è spesso totalmente sottomessa all’uomo; in molti Paesi le viene negata persino l’identità, costringendola in abiti che la nascondono agli occhi del mondo. Laddove poi, questa si mischia con la realtà di società tribali, la cosa degenera ancor di più. E’ il caso della Somalia, dove la Shari’a (شريعة), ovvero la legge di ispirazione Coranica, si mischia ad antichi usi tribali che prevedono l’infibulazione. Nel Corano, va detto, non vi è traccia di tale pratica. Solamente nella Sunna (سنة ‎) ovvero nei detti e nelle tradizioni riguardante la vita del Profeta, si accenna alla pratica che, benché ritenuta virtuosa

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in alcuni Hadìt (حديث), in altri si ammonirebbe a “tagliare senza distruggere”. Per la cronaca esistono vari tipi di infibulazione, da quella rituale, dove si punge il clitoride fino a farne uscire poche gocce di sangue, fino a quella Sudanese o Faraonica che prevede l’asportazione di clitoride e piccole labbra e, l’incisione e cucitura delle grandi (con conseguente saldatura delle stesse), lasciando aperto un foro in corrispondenza dell’uretra per espletare i bisogni fisiologici. L’infibulazione viene praticata su fanciulle di pochi anni, non fosse per la precocità delle donne somale, cui il ciclo mestruale può comparire anche prima del decimo anno. Lo scopo di tale aberrante pratica, è quella di garantire alla famiglia dello sposo la verginità della fanciulla, senza la quale il matrimonio non viene contratto, con conseguenze nefaste per la famiglia della giovane e, soprattutto, per la giovane stessa che diviene una reietta. Il matrimonio viene in genere celebrato non appena la piccola entra nell’età feconda, ovvero alla comparsa del ciclo mestruale. I motivi sono due, evidentemente in stretta correlazione tra loro: la tradizione e la salute.

Benché per noi sia totalmente inconcepibile il matrimonio tra un uomo e una bambina, in società tribali e in modo particolare in paesi dove l’aspettativa di vita è di poco superiore ai 40 anni, la pratica è considerata normale. Le tradizioni si sono quindi evolute in base alle esigenze primarie quali appunto può essere la sopravvivenza della specie. E’ una catena complessa: le tradizioni, infatti, tendono a assestarsi su modelli che permettono agli stessi di perpetuarsi: devono per divenire tali, trovare il modo di alimentare sé stesse. Circa l'infibulazione va anche detto, per non cadere nell'errore, che è praticata anche su donne Cristiane od Animiste e che spesso sono loro a volerlo (radicazione delle tradizioni), nonché va specificato che non è richiesto dall'Islam. In Iran, ad esempio, è pratica pressoché sconosciuta.

La salute invece è una conseguenza dell’infibulazione. Come abbiamo detto la Circoncisione Faraonica salda le grandi labbra lasciando aperto un foro in corrispondenza dell’uretra. Ciò significa che il flusso mestruale non è libero di fuoriuscire e il rischio che in parte rimanga imprigionato all’interno dell’organo mutilato è enorme. Le conseguenze sono facilmente immaginabili, non fosse altro per la scarsità di igiene e per la mancanza di acqua pulita.

La fanciulla, privata del piacere, viene quindi data in moglie ad un adulto, che spesso non conosce neppure. Il matrimonio deve essere ovviamente consumato, ma non sempre la penetrazione riesce: i tessuti cicatriziali potrebbero resistere oltremodo. Perché avvenga la deflorazione non è raro che lo sposo debba, perciò, aprirsi il passaggio con una lama. Una volta avvenuto, venendo a mancare il “problema” del piacere (l’uomo l’ha assicurato, la donna è sicura di non averlo), l’accoppiamento assume come unico scopo quello riproduttivo (notare che è una volontà assai simile a quella della Chiesa Cattolica). Il che, per una donna somala, si traduce in circa 7-8 gravidanze da portare a termine in circa venticinque anni, non tenendo conto di eventuali aborti spontanei.

Questa è la normalità, sebbene, per correttezza, va detto che ogni caso presenta la sua singolarità: non dobbiamo mai dimenticare che per quanto assurdo agli occhi di un occidentale possa sembrare, per un Somalo sposare una bambina è tradizione, costume. Questo significa che, in qualche modo, la bimba possa sentirsi comunque amata, o paradossalmente sentirsi rifiutata qualora il marito non proceda alla deflorazione anche nel modo più brutale, sopra descritto.

Ciò non modifica però il giudizio, almeno ai miei occhi, che questo sia il ritratto di una destino infernale. Essendo però la normalità una variabile e non una costante, è sempre bene approfondire prima che un giudizio diventi sentenza.

Sentenza invece che non può non abbattersi, feroce, quando una creatura, privata di ogni diritto viene addirittura condannata a morte per aver subito violenza carnale. Accade, più spesso di quanto i giornali riportino (dipende dalla nazione, e comunque ciò che accade nei villaggi sfugge anche alle autorità locali, figuriamoci ai media occidentali). La violenza su una donna, in una società fortemente patriarcale, viene spesso considerata un atto inevitabile, dovuta al non rispetto delle regole da parte della donna stessa. Tradotto:”Ti metti in mostra? Non lamentarti delle conseguenze”.

L’aggravante, in base a questo perverso ragionamento, sta nel fatto che, appurato,che la colpa è della donna, la Shari’a prevede, per l’adulterio, la morte per lapidazione. Continuando con le traduzioni è un po' come se si affermasse: “Sei stata violentata? Muori, puttana!”.

Anche qui va detto, a onore di cronaca, che nel Corano non è prevista il Rajm (رجم), ovvero la lapidazione, ma “solo” la fustigazione. La lapidazione è prevista dalla Shari’a per via degli Hadìt, i famosi detti. Per loro natura essi sono arrivati sino a noi attraverso tradizione orale, per cui possono essere variati a seconda dell’autorità che li richiama (e della sua perversione, naturalmente). Lo scopo degli Hadìt sarebbe quello di interpretare al meglio il Corano stesso, ma converrete, la fustigazione rimane cosa assai distante dall’esecuzione capitale per lapidazione. C’è da dire che molti teologi musulmani rinnegano che la lapidazione sia pratica propria dell’Islam, e qui rientra a pieno titolo la mia idea che nella Religione vi è tutto e il contrario di tutto.

Come avviene il Rajm? Oggi, avvolgono in un telo bianco la vittima e la sotterrano più o meno fino alla cintura. Dopo di che la folla la bersaglia con pietre che non devono essere così grandi da far morire il condannato al solo lancio di una o due di esse(…) ma non così piccole da non poter essere definite come pietre (legge Iraniana). In internet circola persino un video che fa vedere questo tipo di esecuzione capitale, ho tuttavia deciso di non riproporre il link e neppure una qualsivoglia immagine.

Non rientra nel messaggio di questo articolo, che vuole prima di ogni cosa rendere pubblica il mio convincimento di quanto sia inaccettabile che, mascherati da religione, cultura o tradizione, perdurino comportamenti e idee che giustifichino la violenza contro le donne e permettano che per molte di esse, la vita su questa terra diventi, o peggio rimanga, una maledizione.

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