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lunedì 4 aprile 2011

Musei e fotografia

Nei musei italiani vige una vera e propria, quanto inspiegabile, idiosincrasia nei confronti dei fotografi. 
Domenica scorsa durante una gita domenicale mi sono recato a Parma e dopo un passaggio allo IAT per le opportune informazioni, ci siamo fiondati di fretta e furia alla Galleria Nazionale strutturata all'interno delle sale del Palazzo della Pilotta. 
In fretta e furia perché, non con un certo disappunto, abbiamo scoperto che i musei di domenica chiudono alle 13.30: poi ci si lamenta che non cui sono visitatori...
Ad ogni modo, pagato il biglietto la prima cosa che si trova all'ingresso è un bel cartello con scritto: 
Vietato fare fotografie e riprese video
Non senza qualche mugugno, rimetto la mia reflex nello zaino e, insieme alla mia compagna, mi addentro.
L'accesso alla galleria passa per il Teatro Farnese, un suggestivo capolavoro in struttura lignea voluto dai Farnese, signori della città all'inizio del XVII secolo, distrutto nel 1944 da una bomba e ricostruito senza decorazioni sulla base dei disegni originali.
Non facciamo in tempo a meravigliarci della beltà del teatro che subito un'attendente avverte un signore davanti a noi che non è possibile fare fotografie. 
Il signore non è nemmeno provvisto di un cellulare, e l'attendente si difende con queste precise parole:
Guardi lo diciamo a tutti a prescindere, anche se lei non sembrava una persona sospetta!
Sospetta! Neanche fossimo in presenza di delinquenti!
E, neanche se per qualche strano motivo la fotografia fosse in grado di deturpare l'opera. 
O meglio, pare che il flash possa in qualche modo rovinare i colori (non vedo come, ma non ci metterei la mano sul fuoco) non fosse che fotografare un quadro con il flash è da cerebrolesi, visto che la luce rimbalzerebbe finendo per rovinare completamente la fotografia. 
Il flash al limite può essere utile per ammorbidire le ombre create dall'illuminazione artificiale, per esempio sulle sculture, e queste certo non si rovinano per i flash.
A me, ad ogni modo, non viene detto nulla, e io, benché a malincuore, mi adeguo al regolamento.
Il malumore passa velocemente, almeno quando entrati nel cosiddetto percorso A, una signora ci accompagna spiegandoci la meraviglia delle opere esposte. Non c'è nulla di meglio che avere una guida preparata, in grado di farti cogliere particolari che altrimenti sarebbero sfuggiti. Se poi c'è passione c'è anche da emozionarsi.
Passiamo la primo corridoio e giungiamo al secondo. A quel punto mi blocca un attendente che mi apostrofa:
Ma chi le ha dato il permesso di entrare con lo ZAINO?
Giusto per intenderci lo "zaino" in questione è un poco più piccolo di un normale zainetto scolastico, in grado di contenere una normale reflex, tre obiettivi e un flash. Ovviamente da nessuna parte vi erano direttive su dove lasciare zaini e borse (non mi è parso nemmeno di vedere un guardaroba, per dire il vero).
Alla mia domanda stupita su quali problemi potevano esserci nel portare lo zainetto all'interno del museo la responsabile mi faceva notare gli angusti passaggi tra un opera e l'altra.
Gli unici angusti passaggi rilevati erano tra delle paratie e il muro perimetrale dove erano esposte, per così dire, opere di secondo piano. Non per mia opinione: vi era un cartello apposto che indicava la presenza di tali opere (altrimenti difficilmente rilevabili) specificando che l'ubicazione delle stesse era stata decisa in seguito all'opportunità di meglio preservare tali dipinti secondari in un ambiente più consono di uno scantinato.

Ora, mi sovviene il confronto con i musei Parigini che ho visitato qualche anno fa. 
Al Louvre, ad esempio,  non vi è alcun divieto di fotografia e sono persino ammessi i copisti. Ho visto alcuni addetti redarguire qualche turista per via del flash, ma solo per far notare loro l'inutilità dello stesso. 
Problemi di diritti di sfruttamento delle opere non se ne pongono: fotografare un quadro non rende l'emozione dell'opera. Mi sovvengono le stampe tipo poster di vari quadri degli Impressionisti che si possono acquistare ovunque e che non rendono nulla dell'opera originale: non vi sono i dettagli e lo spessore delle pennellate e in genere sono intelaiate con un vetro davanti che riflettendo la luce non permettono di godere dell'opera che andrebbe guardata a qualche metro di distanza. E si parla di stampe non di fotografie.
Ad ogni modo questi fantomatici diritti di sfruttamento non paiono toccare i grandi musei d'Europa. In fondo se si vuole una spiegazione dell'opera conviene acquistare una guida o comunque una monografia, la foto di per sé rappresenta più un ricordo che altro (tanto è vero che a Parigi, per rimanere sull'esempio, mi sono concentrato su particolari di opere o sulle foto ambientate). 
Poiché i fondi per la cultura in Italia o vengono tagliati o vengono creati con accise sulla benzina, la pubblicità gratuita di fotografi amatoriali dovrebbe essere ben accetta anziché osteggiata al punto da mettere all'entrata detective in cerca di "sospetti delinquenti". 
Domenica all'interno del museo non c'erano più di 15 persone compreso il personale. 
Continuiamo a proteggere il nostro patrimonio dalle pellicole (ormai, sensori) anziché dall'incuria o dall'idea beota di certi ministri per cui con la cultura non si vive. 
E poi chiediamoci perché i nostri beni sono sempre meno visitati e perché siamo un paese in rapida decadenza.

2 commenti:

Il Censore ha detto...

«Guardi lo diciamo a tutti a prescindere, anche se lei non sembrava una persona sospetta!»

Io mi sarei avvicinato al cane da guardia e, mettendole un indice ammonitore davanti al naso, l'avrei avvertita che in quel luogo è vietato assassinare. Poi, con un bel sorriso complice, avrei aggiunto che lo dico a prescindere anche a quelle persone che non sembrano sospette.

Unknown ha detto...

Bel suggerimento!
La prossima volta lo metterò in pratica! :D

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