Ad Expando

martedì 23 febbraio 2010

In the name of gods?

E' questa l'immagine blasfema che ha di fatto riaperto quella che ormai si può definire l'intifada religiosa in India.
Nulla di eclatante, si è visto assai di peggio in occidente, nelle principali gallerie di arte moderna, tra rane crocefisse, Gesù su sedia elettrica o addirittura ultima cena trasformata in orgia gay, certo di cattivo gusto e di assoluta mancanza di buon senso, tipico però degli integralismi, visto che l'immagine compariva addirittura sui libri di testo scolastico.
Sui media italiani si è acceso un dibattito, puntando sul bisogno di difendere le comunità cristiane e, d'altra parte, i disordini a seguito delle proteste cristiane per la figura sopra riportata sono degenerati nel rogo di due edifici appartenenti a chiese protestanti, vedasi ad esempio gli articoli.
Vorrei invece vedere la cosa da un'altra angolazione, ovvero sulla presunta superiorità della religione in ambito etico morale.
Ancora una volta infatti la religione è motivo di scontro e di versamento di sangue: in gioco ci sono le tradizioni millenarie di un popolo a maggioranza induista, insofferente al proselitismo cristiano (in questo caso protestante)  che certamente l'Esercito della Salvezza, una delle organizzazioni coinvolte nei roghi, si sarà adoperato a fare, fedele ad uno dei suoi motti:
Fin tanto che qualcuno è privo della luce di Dio io lotterò
Questo non vuole in alcun modo giustificare gli episodi di violenza, ma spiegare sì: le religioni sono infatti per loro natura intolleranti tra di loro, in quanto ognuna con la pretesa di avere verità assolute e non discutibili (dogmi). Inoltre, a differenza delle ideologie strutturate su più o meno precise utopie, le religioni possono vantare anche all'interno dei propri insegnamenti,  varietà di risposte addirittura in totale contraddizione (es Giovanni 15, 17 vs Matteo 10, 34-38), fruibili a seconda della convenienza.
Le cose divengono pericolose, puntualizzerei anche ridicole, quando il tutto finisce in mano nelle mani di folli integralisti. A quel punto la religione e tutto ciò che ad essa gira intorno (es: tradizioni) diventa giustificazione all'egoismo. Non serve andare in India, sebbene grazie al cielo da noi non ci sono ancora violenze fisiche, di esempi possiamo trovarne bizzeffe anche in Italia.
Pensiamo al "White Christmas" di Coccaglio (Bs) o all'idiozia fresca di giornata riportata sulla Gazzetta di Mantova dove il sindaco di Goito (Mn) appartenente all'UDC sorretto da Lega Nord e PdL ha deciso che l'asilo comunale sarà aperto solo per bambini le cui famiglie si rifanno alla concezione cristiana della vita, motivando il tutto con il fatto che
"pur essendo l'asilo pubblico, da sempre viene gestito secondo criteri che si ispirano al cristianesimo"
Mi chiedo cosa possa pensare il parroco di tale fedele deficiente (non trovo altri termini) con tanto di incarico pubblico, ma tant'è: questi sono i frutti di un dissennato modo di aderire a una religione.
Ora, al di là del credere o meno, mi domando quanto valga davvero l'etica religiosa e quanto la sua morale non sia altro che banale quanto bieco moralismo. 
Riguardo all'esempio appena riportato, ad esempio,  non posso che far mie le domande che si pone lo stesso giornalista, ovvero se i figli di genitori divorziati rientrino a pieno titolo nei criteri cristiani.

Ritornando sul tema rimane viva la domanda: ma davvero tutta questa violenza può essere giustificata nel volere e  in nome di dio (qualunque nome abbia)? 

Listen when the prophet
Speaks to you
Killing in the name of God

Passion
Twisting faith into violence
In the name of God 
Dream Theater "Killing in the name of god"

2 commenti:

Anonimo ha detto...

L'utilizzo della citazione della frase pronunciata da William Booth, fondatore dell'Esercito della Salvezza nella sua ultima predicazione pochi giorni prima di morire, è a dir poco sconcertante. In realtà, ecco il moralizzatore di turno che si eleva per bacchettare ciò che non conosce o è troppo pigro per conoscere, citano fuori dal loro contesto affermazioni che vogliono dire tutt'altro. Tutto questo nell'ennesimo tentativo di dimostrare quanto la religione sia la causa di tutti i mali. In questo caso, il "lotterò" di W. Booth si riferiva alla necessità di non stare a guardare mentre uomini e donne vengono sfruttati e soffrono a causa delle conseguenze del male. La domanda è: ma chi scrive vuole veramente capire, o cerca solo un'opportunità per denigrare ciò che in realtà teme?

Unknown ha detto...

La frase non è decontestualizzata né, mio anonimo commentatore, mira a denigrare (da cosa dedurrebbe una tale stupidaggine?) le opere dell'Esercito della Salvezza: semplicemente spiega in modo chiaro ciò che la suddetta organizzazione è lì per fare, ovvero per evangelizzare (cosa che farà sicuramente anche attraverso opere pie), o se vogliamo, per fare proselitismo, come del resto, converrà anche lei, viene vista tale azione da appartenenti a religioni diverse dal cristianesimo.
Se anziché attaccarsi al nulla argomentasse smontando eventualmente le mie tesi le sarei grato, altrimenti il suo commento non rappresenta altro che un banale esercizio di retorica.
Rispondo comunque, per educazione, alla sua domanda: ho capito quindi temo; e fino a prova contraria ne ho ben ragione.
Visto che le piacciono le domande glie ne propongo una io: ma lei, l'articolo, l'ha letto tutto e l'ha compreso o voleva semplicemente fare il "milite" (ignoto) della fede?
Saluti.

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