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mercoledì 2 marzo 2011

Scuola, il luoghi comuni della sinistra... e le bugie della destra



A firma di A.Gnocchi, oggi su "Il Giornale" è comparso un articolo abbastanza interessante intitolato "Scuola, i luoghi comuni della sinistra".
Interessante, perché contrappone ai luoghi comuni della sinistra tutta una serie di informazioni tendenziose se non addirittura false, che ci rivelano ahimè, quanto l'attuale destra sia tristemente povera di contenuti e sia costretta a ricorrere a patetici artifici pur di mascherare la svendita delle proprie idee. In altre parole, l'articolo ci svela che se da una parte la sinistra e gravemente malata, la destra italiana non sta per nulla bene.
Ma entriamo nel dettaglio.
L'articolo inizia subito male ma non potrebbe essere altrimenti. Se devi confutare una tesi e non hai argomenti devi per forza ricorrere alla menzogna.
Le parole di Berlusconi sulla scuola hanno sollevato un proble­ma serio: a chi spetta l’educazio­ne dei figli? Alla famiglia o allo Sta­to? Rientra nei diritti dei genitori scegliere a chi affidare l’istruzio­ne dei bambini?
Le parole di Berlusconi hanno sollevato un problema inesistente. E' ovvio che l'educazione spetta ai genitori in prima istanza e solo in parte alla scuola, il cui compito è di fornire educazione attraverso l'istruzione. Conseguenza di ciò è diritto della famiglia scegliere a chi affidare l'istruzione dei figli, secondo le proprie possibilità.
Netta la risposta liberale e cattolica, in sintonia con il premier. La famiglia è cen­trale. Lo Stato non può avere il «monopolio» dell’istruzione. La scuola paritaria è una risorsa for­midabile, che merita tuttal’atten­zione di istituzioni e cittadini.
Lo Stato non ha " monopoli" dell'istruzione, semplicemente è chiamato a garantire il diritto. Questo però non vuol dire che debba avere l'obbligo di aiutare la concorrenza ad essere concorrenziale e dunque, pur garantendo il diritto di privati o associazioni di poter costruire e gestire scuole private, non dovrebbe, almeno da un punto di vista prettamente liberale, sovvenzionare tali strutture a scapito delle proprie.
Segue a questo punto una serie di luoghi comuni dell'opposizione sulle scuole paritarie tra cui quello più usato, ovvero di essere  "Diplomifici per ricchi" (Italo Bocchino). E poi l'immancabile accusa di voler smantellare la Scuola Pubblica che andrebbe dimostrata dati alla mano.
Ed ecco i dati proposti:
L’Italia investe nell’istru­zione una percentuale del Pil infe­riore alla media Ocse (4,7% con­tro 5,8). C’è da scandalizzarsi? No, perché il dato è ingannevole: non tiene conto del numero di ra­gazzi in età scolare, inferiore ri­spetto ad altri Paesi. In realtà la spesa per studente, da noi, è supe­riore alla media Ocse, e comun­que a quella di Francia, Germa­nia e Inghilterra. Soldi spesi male, purtroppo. Maggiori risorse non hanno garantito buone perfor­mance
Al di là del fatto che a me risulta che investiamo il 4,5 contro il 5,7 è vero che il dato è ingannevole. Ma non solo per come dice il Gnocchi perché non tiene conto del numero degli studenti, ma anche perché non tiene conto delle dimensioni del PIL. Infatti il dato indica l'impegno che lo lo Stato mette nel istruzione e solo indirettamente i soldi. Per quelli l'Ose fornisce altri dati : la spesa annua per studente Italiano e di 7.950 dollari contro gli 8.200 della media Europea nelle scuole dell'obbligo, e sale a 8.600 dollari nelle università, contro i 13.000 della media dei paesi dell'Unione.
Insomma il giornalista in questione non sa nemmeno copiare. Oppure mente.
Continuiamo
Finanziare la scuola paritaria non è una bestemmia, come vor­rebbero farci credere. Al contra­rio, è un affare per lo Stato, come documentano le ricerche recenti. Lo studente della scuola statale è più costoso per le finanze pubbli­che rispetto a un coetaneo della paritaria. (Un esempio: nel 2006 un allievo nella scuola pubblica dell’infanzia costava allo Stato 6116 euro; 584 in quella parita­ria). Lo Stato nel 2006 ha rispar­miato 6 .245 milioni di euro. Una Finanziaria. 
Ancora dati tendenziosi, nascosti dietro ovvietà. E' infatti matematico che se una quota viene pagata dal privato cittadino  lo Stato risparmia. Il problema è verificare non tanto quanto costa allo Stato ma quanto costa alla famiglia. Perché se per accedere ad una scuola privata bisogna pagare una retta di 5.532 euro (la differenza tra 6116 e 584) per figlio, non so quante famiglie possano permetterselo.
Ad ogni modo, nell'anno scolastico 2006/07 gli alunni delle  scuole paritarie rappresentavano il 10,3% del totale degli alunni ed erano secondo fonti ISTAT 920.214 unità su 8.938.005 totali. Di questi 263.403 erano alunni delle scuole elementari e medie, ovvero le cosiddette scuole dell'obbligo.
Ma tenendo conto anche del totale degli alunni, la differenza tra il costo citato da Il Giornale tra Pubbliche e Paritarie moltiplicato per il numero di studenti farebbe 5.091 milioni di euro. Tanti? Sicuramente tanta è la differenza con quello che dice Gnocchi.
Ora, vediamo il PIL del 2006: l'ISTAT ci dice che in quell'anno il nostro Paese ha prodotto 1.475 miliardi di euro. Anche applicando le % fornite da Il Giornale la differenza in termini di € tra quello che abbiamo investito e l'impegno medio delle altre Nazioni dell'Unione sarebbe di 16.225 milioni di €.  Per non dover risparmiare quella cifra bastava nel 2006 impegnare lo 0.42% di risorse in più, il che voleva dire rimanere comunque sotto la media!
Ad ogni modo, non so in che Stato abbia vissuto fino ad oggi Gnocchi, ma l'importo della finanziaria 2006 era di 27.6 miliardi di €. Definire 6.2 miliardi di € una finanziaria mi sembra un tantino riduttivo.
Andiamo avanti.
A fronte di questi dati, l’enfasi sui «diplomifici» riservati «ai figli dei ricchi» fa sorridere perché cen­tra la questione senza rendersene conto. La libertà di scelta è limita­ta dal fatto che alle famiglie, oltre alle tasse, tocca pagare le rette. In­somma: non tutti si possono per­mettere di scegliere.
Infatti non c'è scritto da nessuna parte che lo Stato debba garantire finanziariamente il diritto di scelta: se la scuola pubblica è ritenuta scadente e i costi di gestione troppo alti, bisogna intervenire nel migliorarne l'efficienza, non garantire costi più bassi a quella privata.
Poi, cosa vuol dire che non tutti si possono permettere di scegliere? C'è una bella differenza tra il garantire la possibilità di poter scegliere e il garantire le scelte.
Per avere garanzia che la scuola paritaria possa essere scelta da chiunque, indipendentemente dal reddito si dovrebbe eliminare la retta di iscrizione: Quanto costerebbero allo Stato a quel punto?
Questo è il vero punto da risolvere!
Eppure, sen­za scomodare l’articolo 30 della Costituzione, la legge del 1997 de­finisce l’autonomia scolastica co­me strumento per raggiungere gli obiettivi generali del sistema na­zionale «nel rispetto della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie».
Aspetta. Scomodiamolo pure l'articolo 30 della Costituzione:

È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Cosa c'entra?
E cosa c'entra l'articolo 9 della legge 21 del 1997 (cavolo vuol dire la legge del 1997 ???) di cui si estrapola a caso e che invece recita così:
L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto disposto dall'articolo 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l'obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi.
?
Arriviamo alla conclusione
Come può testimonia­re chiunque abbia un figlio in un istituto paritario, le famiglie, pur di non rinunciare a un diritto in teoria garantito ma di fatto scippa­to, tirano la cinghia. Questa è la vera gravissima ingiustizia, altro che «diplomifici» per «figli dei ric­chi ». Ed è anche una forte limita­zione al pluralismo e all’amplia­mento dell’offerta formativa. Ma sono sfumature che non interes­sano agli ex comunisti e ora pure agli ex fascisti. Gente che si strac­cia le vesti (giustamente) quando sente parlare di «religione di Sta­to »ma a cui pare normale l’espres­sione «scuola di Stato».
Forse non è chiaro: il diritto all'istruzione lo Stato lo deve garantire attraverso la scuola pubblica che in quanto tale garantisce a tutti di essere istruiti senza distinzione di reddito come riportato nell'art 34 della Costituzione. Questo non significa dover garantire finanziamenti a coloro che pretendono un'istruzione diversa per la propria prole in ambiti diversi perché unilateralmente ritenuti migliori.
I fabbisogni delle famiglie devono giocoforza sottostare ai bilanci delle stesse. Ad esempio nell'articolo 36 si parla del diritto del lavoratore al riposo e alle ferie annuali retribuite. Questo non significa che si debbano finanziare le vacanze alle Hawaii: il periodo di  riposo, irrinunciabile, può essere tranquillamente essere consumato a casa se occorre risparmiare qualche soldo per far fronte ad altre esigenze prioritarie.
Parimenti, il pluralismo non viene leso : se ne garantisce il diritto di esistere, non la possibilità di fruizione (tra l'altro non capisco come una tale visione possa essere compatibili con i principi liberali vantati dall'attuale maggioranza).
Infine mischiare il diritto all'istruzione (scuola di Stato) con l'imposizione di una religione, perché tale è la Religione di Stato, rappresenta una tale castroneria che non meriterebbe quasi di essere commentata.

Ora, qualche considerazione personale.
La scuola italiana così come è non va bene. Mancano, anche nella pubblica e nelle Università investimenti seri da parte di privati e mondo produttivo. Un primo passo potrebbe essere l'incentivazione di tali investimenti. Un'altra potrebbe essere quella di offrire alle scuole, specie di secondo grado e Università di entrare a pieno titolo nel mondo produttivo. Banalmente (e sottolineo banalmente) per fare un esempio, si potrebbero organizzare le attività sportive  delle Università e delle Scuole superiori in campionati, sul modello americano, in modo da favorire la nascita di talenti nonché l'interesse delle grandi società sportive, a cui i milioni di euro non paiono mancare. Tutto ciò per reinvestirli nelle infrastrutture, spesso cadenti, nei materiali, spesso datati e obsoleti e nella preparazione dei docenti e di riflesso degli studenti.
Così, magari, arriverà il giorno in cui, aprendo il giornale, non dovremo trovarci per forza articoli scritti  da giornalisti impreparati e superficiali.

2 commenti:

brain_use ha detto...

Quoto in toto e sottoscrivo.

l'educazione spetta ai genitori in prima istanza e solo in parte alla scuola

Magari i genitori si preoccupassero dell'educazione dei propri figli!
Chiedi a qualsiasi insegnante e te ne racconterà delle belle, in proposito.

Unknown ha detto...

"Chiedi a qualsiasi insegnante"

ehm...meglio di no: l'unica che conosco è un'insegnante di religione!

(Scherzo! Tra l'altro è una persona che al di là delle idee differenti, stimo moltissimo)

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