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giovedì 25 febbraio 2010

Il muro virtuale


La gerontocrazia italiana si scontra ancora una volta con l'alieno mondo di Internet proponendo leggi, pene e condanne degne di una qualunque regime dittatoriale. Intendiamoci, non siamo sotto dittatura, non nel senso comune del termine, almeno. La realtà, ancora più sconcertante, è che il nostro vecchio apparato di potere (legislativo, e giudiziario) è totalmente avulso alle moderne logiche che governano la rete, alle sue problematiche, alle soluzioni adottate per tenere sotto controllo un mondo virtuale oggettivamente sterminato quale Internet è.
La sentenza di condanna ai dirigenti Google è di per sé un idiozia magistrale: in un certo senso è come condannare il proprietario di uno stabile perché dei writers ne hanno imbrattato i muri. Cioè , non si colpiscono di fatto coloro che compiono il reato, ma una delle parti lese (l'altra ovviamente era il ragazzo disabile).
Secondo questa logica perversa allora, avrebbero dovuto condannare anche tutti coloro che transitando sulla pagina dove il video veniva pubblicato, non ne hanno segnalato le violazioni. Anzi continuavano a cliccarci sopra, in un misto di perversione e curiosità.
Sarà fondamentale leggere le motivazioni della sentenza, ma le parole del procuratore aggiunto Robledo fanno comunque venire i brividi:
"Il diritto d'impresa non può prevalere sulla dignità della persona"
Frase fatta, ineccepibile come principio, ma usata senza senso: ma davvero si può pensare che i tre dirigenti Google abbiano lasciato il video con lo scopo di guadagnarci qualcosa? Si può davvero pensare che Google possa controllare le centinaia di migliaia di video che ogni giorno vengono caricati? 
Ma Robledo non si ferma qui: è persino fiero della sua illogicità, tanto che aggiunge:
"Finalmente  si è detta una parola chiara. Al centro di questo procedimento era la tutela della persona attraverso, appunto, la tutela della privacy. Il resto è un fatto fenomenico. Sono certo che questa sentenza uscirà dall'aula del tribunale di Milano e farà finalmente discutere su un tema che è fondamentale"
Anche qui paradossalmente egli dice cose giuste, peccato siano indirizzate su bersagli sbagliati.
La parole chiare che sono state dette al mondo è che la sentenza è stata fatta da ignoranti (nel senso che ignorano) che non comprendendo le dinamiche della rete, rischiando, se di fatto le motivazioni della sentenza dovessero essere su questa linea,  di bloccare la possibilità di erogare servizi.
Purtroppo per lui, e per noi, la delirante sentenza è uscita dalle aule di tribunale ed ha finito per ridicolizzare questo Paese di fronte al mondo ancora una volta.
Mi auguro a questo punto che le condanne abbiano un senso, ovvero che i dirigenti google, nonostante reiterati avvertimenti abbiano volontariamente o colpevolmente ignorato la gravità dei contenuti del filmato.
Altrimenti sarebbe una sentenza davvero fenomenale. Anzi fenomenica.

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