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sabato 8 maggio 2010

Voyager , il Sudario di Oviedo e, naturalmente la Sindone - parte I

Sudario di Oviedo

I due correvano assieme, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse primo al sepolcro;  e, chinatosi, vide le fasce per terra, ma non entrò.  Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro, e vide le fasce per terra,  e il sudario che era stato sul capo di Gesù, non per terra con le fasce, ma piegato in un luogo a parte. (Giovanni 20, 4-7)

Vi sono state parecchie trasmissioni dedicate alla Sindone torinese, per lo più occupate da sindonologi. Voyager non poteva essere da meno, ma come suo solito Giacobbo prende le cose alla lontana, almeno in apparenza. Infatti introducendo il Sudario " che alcuni dicono vecchio di 2000 anni" parla di sorprendenti coincidenze con la Sindone, quindi lancia il servizio che ovviamente parla della Sindone. Nel classico stile di Voyager il documentario inizia con quesiti cui sembrano giungere immediate risposte: i sindonologi hanno portato numerose prove circa l'autenticità. Quali prove, vi chiederete voi. Presto detto: la trama del tessuto, ordita secondo una tecnica conosciuta solo in Siria e Palestina (falso), la presenza di pollini esclusivi della zona di Gerusalemme ( risibile), le macchie di sangue (tesi contrastata), i segni della flagellazione e la corona di spine (cose cui un falsario avrebbe logicamente dimenticato...).
Si accenna all'esame del C14 che però, si fa notare viene subito contestato dai sindonologi in quanto si sarebbero presi tessuti inquinati, inattendibilità del metodo e piuttosto che niente, un complotto.
Finalmente viene introdotto il Sudario di Oviedo, come la reliquia che fornirebbe i dati necessari per autentificare in modo definitivo la Sindone. Peccato venga omesso che anche il Sudario a suo tempo fu sottoposto all'esame del C14 da cui risultò che il lembo di stoffa era del VII sec, guarda caso quando si hanno le prime fonti. Ma proseguiamo.
Si cita la fonte del vangelo dove si parla del sudario (quella citata in apertura del post), e subito iniziano gli strafalcioni: nel chiedersi la differenza di significato tra la parola greca othonia (bende o panni: la parola è comunque plurale) e soudarion (sudario) traduce la prima con "bende di lino"; cosa c'entri il lino lo sa solo Giacobbo.
L'esperta incaricata di fornire una risposta è ovviamente una sindonologa, Emanuela Marinelli la quale ci rende edotti che il sudario fosse un piccolo telo che sarebbe stato posto sul volto di Cristo per nasconderne i lineamenti sfigurati durante il tragitto tra il Golgota e il sepolcro. Poi il telo sarebbe stato tolto e conservato come da legge. 
Non si capirebbe a questo punto il perché Giovanni ci tenesse a sottolineare come gli othonia  giacessero a terra "mentre" il soudarion fosse piegato e posto in un luogo a parte.
Nel giro di trenta secondi c'è poi una singolare contraddizione: la Marinelli spiega che il corpo della vittima, in caso di morte violenta, non veniva lavato, ma il documentario ci spiega che il corpo venne cosparso di oli profumati: come si fa a cospargere un corpo di oli senza in qualche modo eliminare il sangue fuoriuscito? E come avrebbe fatto il capo di Gesù, terso nel sudario e in seguito unto continuare a sanguinare anche dopo morto al punto da lasciare rivoli di sangue dal capo?


Tralasciando le divagazioni e tornando sul pezzo, Giacobbo ci svela le sue difficoltà di correlare causa ed effetto anzi di determinare qual è la causa e quale l'effetto, ci introduce alla seconda parte affermando che per capire se il sudario è stato conservato e tramandato fino a noi dobbiamo recarci in Spagna ad Oviedo. Ad ogni modo inizia la seconda parte del documentario che ne racconta la storia in modo abbastanza corretto, sebbene si insista per dare per scontato che il detto sudario sia l'originale che coprì la testa del Cristo.

Continua...

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