E' calata la tenebra sul Mondiale di Calcio della nostra Nazionale, uscita in maniera vergognosa, ultima nel girone più facile. Non sono un gran tifoso di calcio, né un fine intenditore, perciò non parlerò delle partite: ciò che voglio analizzare è un parallelo che lega il mondo del calcio con quello del lavoro.
La nazionale esce senza onore quindi, e subito giornalisti, intenditori, ex calciatori si dilettano ad analizzare i motivi di questa Caporetto. Io una risposta ce l'ho e la svelo subito: è una questione di costume e lo si evince dalle risposte, dalle scuse e dalle ipotesi avanzate per spiegare la debacle.
Vediamo un po':
L'allenatore. Lippi si prende le responsabilità della sconfitta, gli fa onore, ma per due anni si è intestardito su atleti cotti mettendo insieme un gruppo decisamente non al livello di altre potenze storiche di questo sport. La Confederation cup doveva essere un campanello di allarme e invece è stato fatta diventare il primo rintocco di una campana a morto. Il tutto condito da una sufficienza al limite (se non oltre) dell'arroganza ("Io non debbo spiegazioni a nessuno").
I giocatori. A catastrofe avvenuta alcuni calciatori hanno persino avuto il coraggio di dire che tutto sommato le prime due partite erano state positive. Vada pure il pareggio con i sudamericani, ma con la Nuova Zelanda no. I Kiwi hanno un nazionale composta per un terzo da giocatori dilettanti: e che diamine! Che si prendano le responsabilità, visto che
tra l'altro sono anche strapagati.
tra l'altro sono anche strapagati.
Ma non basta: giocatori, allenatore e federazione hanno anche il coraggio di dire che comunque questa era la miglior Nazionale che si poteva costruire sull'espressione del calcio nostrano.
Assurdo! Capisco se lo dicessero i Neozelandesi, visto che per mettere insieme 23 atleti sono dovuti ricorrere
a dei dilettanti, ma in Italia di gente che vive di calcando i campi di calcio ce n'è qualcuna di più.
Ma di tutte le manfrine sentite la più sconcertante è quella riguardante l'''esperienza internazionale".
Su questa il ridicolo non si sfiora, si va abbondantemente oltre; sarebbe addirittura grottesca se dietro non ci fosse una realtà, triste, tutta italiana.
Siamo un paese di vecchi, una gerontocrazia, i cui riformisti, in qualunque altro paese verrebbero definiti conservatori se non addirittura reazionari. Si ha paura del nuovo; non si sperimenta, non si rischia (se non per rubare).
Per giustificare il tutto poi si dice che i giovani non sono pronti. Peggio: che non sono capaci.
Boiate.
La maturazione di un individuo avviene con l'assunzione delle responsabilità. Non si può pretendere che un individuo diventi maturo se lo si costringe ad un'estenuante attesa di un momento propizio. Come diavolo fa un giovane a costruirsi un' "esperienza internazionale" se chi opera delle scelte non è disposto a puntare su di lui.
Rimaniamo nel Calcio: l'Italia vanta talenti giovani: così su due piedi mi vengono in mente Balotelli e Giovinco, Rossi (agli esperti trovare altri nomi), ragazzi dai piedi buoni che nelle nostre squadre faticano a trovare spazio perché preferiti a campioni (stranieri). Messi, Ronaldo , Maradona, Van Basten esordirono in blasonate squadre ( Barcellona, Ajax), ovviamente straniere ancora adolescenti. C'era chi era disposto a puntare sui giovani.
Da noi no.
Noi assistiamo, invecchiando, al lento sfacelo della nostra cultura; decadenza a cui ci siamo auto condannati.
E non sto parlando di calcio.
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