12 Novembre 2003 - ore locale 10:40 - Nasiriyya |
La Mano di Caino
A Nasiriyya
venti uomini
furono.
E con loro
crollate le mura
restarono
desolate macerie
sopra il cuore
di una nazione.
Non c'è umanità
nel caos di questo terrore,
nelle bianche ossa,
schiacciate,
nei ventri squartati,
né Dio,
nella mano di questo Caino
che oggi più
non prova vergogna
APPUNTI DI VIAGGIO:
Scrissi questa poesia l'indomani dell'attentato che costò la vita a 19 Italiani e a 9 iracheni, di getto. Già si sapeva il numero corretto delle vittime, ma per ragioni stilistiche preferii il suono del "venti" (le poesie andrebbero sempre lette ad alta voce). Dettagli: forse gli unici realmente soppesati.
Spero si percepisca invece, il senso di smarrimento misto rabbia che in genere ci investe nel momento che l'orrore ci colpisce. Un attentato terroristico è quanto di più vile possa esserci: non v'è nemmeno una parvenza di azione mirata, l'unico scopo è fare quanto più danno possibile in modo da generare, per l'appunto, terrore.
Non v'è accenno alcuno all'eroismo, messaggi privati me lo fecero notare A Nasiriyya morirono soldati: uomini, né più, né meno. Forse addirittura, allora si mormorava, per colpa dei comandanti che scelsero come base un luogo inadatto e difficilmente difendibile. Ci fu persino un inchiesta.
Questo non rese però meno doloroso lo sgomento: persino Caino, raccontano le fole, provò vergogna del massacro del fratello.
Qui emerge una miseria che quasi non sembra umana.
Qui emerge una miseria che quasi non sembra umana.
Nessun commento:
Posta un commento