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martedì 26 ottobre 2010

Celodurismo acefalo



Chi legge questo blog da tempo, sa che non mi sono mai schierato politicamente né con il centrodestra, né con il centro sinistra, semmai non ho mai lesinato critiche sulle logiche e sui contenuti (?) di ambedue gli schieramenti. Inoltre, sarà anche certo della mia profonda antipatia per il movimento leghista, a mio avviso un partito che fonda la propria esistenza sugli istinti (beceri) più che sulla ratio delle persone.
Chi concede alla Lega l'ispirazione federalista probabilmente è dimentico delle origini secessioniste di questo movimento cui il federalismo è più che un ideale politico, un vero e proprio ripiego. Piuttosto, preferisco concedere alla leadership leghista un certo stile nel mutare, cosa che ha permesso al partito non solo di sopravvivere ma addirittura di prosperare, praticamente in modo indipendente dai suoi leader attuali. D'altra parte i leader leghisti non provengono da nessuna élite particolare, ma dal popolino, termine questo che vuol comprendere sia il senso letterale di popolo culturalmente meno evoluto, cosa facilmente dimostrabile analizzando la dialettica leghista, sia come rafforzativo del fatto che essi sono radicati nel territorio al punto che lo vivono , più che intercettando, assorbendone gli umori.
Di fatto e per questi motivi, a differenza dell'alleato Pdl, la Lega riuscirà a sopravvivere all'uscita di scena del suo leader massimo, così come è riuscita a sopravvivere all'esistenza stessa della seconda linea di comando, dalla quale probabilmente l'unico uomo che si eleva è l'attuale ministro dell'Interno Maroni.
In fondo, se prospettassimo l'uscita dei due leader carismatici, mentre l'elettore leghista continuerebbe ad infiammarsi per i comizi di gente come Calderoli, Borghezio et similia, non credo l'elettore medio berlusconiano capace di infervorarsi e votare in massa per Bondi, Alfano, Santanchè o Gasparri. Il motivo per cui la Lega sa mutare al mutare degli umori è dunque  principalmente dovuto, come detto, alla sua capacità istintive più che razionali, cosa che se da una parte gli permette di esistere e prosperare, dall'altra la rende totalmente inidonea al buon governo.Questa deficienza di ratio a favore dell'istinto, se da una parte ne favorisce il consenso, dall'altra presenta una quantità di lati negativi non di poco conto. Innanzitutto una corrente politica populista non può in alcun modo essere, per sua stessa essenza, dedita al buon governo. Consenso e buon governo, infatti, non vanno sempre d'accordo: l'educazione di un popolo passa anche attraverso i sacrifici, viceversa come un padre troppo accondiscendente crea il figlio viziato, un governo populista crea danni che si ripercuoteranno sulle generazioni future.
In secondo luogo, abbassarsi al livello del popolino determina come conseguenza l'uso di un linguaggio da osteria, assolutamente indegno alla politica. Se da un lato è vero che la sostanza è preferibile alla forma, è altrettanto ovvio che un Popolo debba augurarsi di avere una classe dirigente che sappia coniugare entrambe.
Alla forma arzigogolata e arida, diciamo alla azzeccagarbugli, del periodo Democristiano, infatti, la Lega non ha ovviato con la sostanza, ma con una forma di linguaggio becera fatta di cazzi duri da ostentare, almeno a parole, o da mutande da regalare agli avversari invitandoli ad una pratica cui, probabilmente, non sono più capaci di adempiere in solitario (...).


Così tra Tricolori da usare come carta igienica, dito medio all'Inno di Mameli


cappi in parlamento, minacce al mafioso dittatore che ora è, molto casualmente, l'alleato di ferro,

 

tra razzismo ora contro il sud, ora contro gli immigrati, meglio se musulmani , tra paganesimo, pseudoceltico, neo oltranzismo cattolico, tra devoluzione e secessione, tutto ordinariamente in contraddizione logica con sé stesso, la Lega perdura , ampia i consensi e combina poco, per di più  in modo molto confuso.

La cosa che mi ferisce del successo di questa accozzaglia è il fatto che essi di fatto ci rappresentano. L'idea che oggi in Parlamento Europeo qualcuno possa vedere in Borghezio il volto di uno spaccato d'Italia mi inquieta e mi chiedo, senza riuscire a rispondermi, chi mai potrebbe investire sul futuro dell'Italia se a rappresentarla potrebbe esserci gente come questa:







3 commenti:

Anonimo ha detto...

Io penso che se c'è qualcosa di poco nobile,è
proprio il popolo della lega e la sua presunta discendenza dai celti.
Come aveva fatto più volte fatto notare al Senatur, il giornalista Biagi,"con tutte le invasioni straniere subite dall'Italia,non avrebbe scommesso un cent sulla impossibilità che le nostre antenate,non avessero subito
stupri" da parte delle orde.
Valori risorgimentali e unità d'Italia a parte,il cui merito non piccolo è dei "padani", io che provengo da una regione ex etrusca,mi viene a chiedergli invece,come ritiene si siano integrati gli invasori celti con gli etruschi, che come noto avevano abitato tanto il centro che il nord-Italia !

Unknown ha detto...

In effetti prima dei Celti vi erano i Liguri, ci rimangono a tal proposito i suffissi nella toponomastica dei paesi la cui collocazione geografica ci fa intuire un invasione cruenta: i paesi di derivazione Ligure ( con suffisso in -asco), infatti, si trovano in zone che ai tempi erano considerate poco appetibili, come le zone paludose a sud di Milano, o nelle zone montane. Viceversa i paesi con suffisso in -ago, di origine celtica, sono posizionati in zone strategiche e potenzialmente più appetibili.
Ad ogni modo, dato per certo uno scontro cruento, ritengo sia pretestuoso ricercare la morale in avvenimenti di migliaia di anni fa (si parla di Età del Bronzo). Allora vi erano bisogni differenti e i "ratti" più che gli stupri, erano addirittura considerati come necessari (vedi il leggendario ratto delle Sabine, o le primavere sacre) per il proseguo o la vitalità di un popolo.
La verità è che il presunto "celtismo leghista", al di là del celta barbaro, o del celta "naturalista", non ha ragion d'essere se non nell'analogia scaturita dalla fiera opposizione gallica a Roma (cosa peraltro non sempre vera), ovvero la contrapposizione leghista al potere centrale. Ma in tal caso, di fiero, ahimè non vi è mai stata nemmeno un'ombra; anzi, non c'è nemmeno più contrapposizione...

alfredo ha detto...

Io sono veneto, conosco bene la lega e conosco bene molti leghisti. Non prendo, nè mai prenderò, sul serio alcuna delle loro elucubrazioni storiche, alcune delle quali poi sono fantasie mitologiche o, ancor peggio, corbellerie eugenetiche. La mia regione è un mix di fenotipi secolari che provengono da tutta l'eurasia; io stesso provengo da due famiglie presenti nel trevigiano da quasi 600 anni, e ho la pelle scura e gli occhi a mandorla! Poi, come notava Gallanti, una chiave, anzi, LA chiave di successo della lega è stato proprio l'enorme cambiamento, o meglio, l'imbarbarimento del linguaggio politico, che con la DC era ormai sprofondato nell'indecifrabilità del politichese. Ad onor del vero credo però che sia stato Andreotti, e non Bossi, il primo a dare delle lezioni in questo senso.

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