Ad Expando

sabato 28 gennaio 2017

Compiuto



...I bagagli già pronti da tempo,
Come ogni uomo prudente,
O meglio, il bagaglio,
Quello consueto di un semplice o un saggio,
Cioè poco o niente;
E andrà davvero in un suo luogo o una sua storia,
Con tutti i libri che la vita gli ha proibito, 
Con vecchi amici di cui ha perso la memoria, 
Con l'infinito ...


(Francesco Guccini - Van Loon




Oggi è il giorno del mio compleanno. 
Solo sei anni fa scrivevo un post, rivelatosi, ahimè un po' troppo ottimistico, dove sostenevo ed in un certo senso mi auguravo, di essere giunto a metà del "cammin di nostra vita", facendo il verso al sommo poeta.
Oggi compio 46 anni e come a tutti i compleanni, sono uso fare un bilancio degli eventi passati possibilmente per farne tesoro al fine di affrontare meglio ciò che dovrà accadere. 
In genere è una data in cui uno programma il futuro, cose del tipo, quest'anno prenderò la cintura nera, farò una maratona o andrò in Perù. 
Nella mia condizione attuale pensare al futuro, programmarlo od anche solo tentare di immaginarlo non è una cosa particolarmente piacevole, per non dire che fa male, poiché per quanta forza di volontà uno possa metterci non può non osservare il presente scivolare nel passato e la fine farsi più vicina.
Come scrivevo qualche mese fa, tuttavia, questa dannata condizione mi permette di vedere le cose da angolazioni prima neppure immaginate. 
In sé, dunque, assume un valore enorme.
Se prima vedevo la morte come attimo ultimo della vita, oggi mi auguro che essa ne sia compimento.
Compiere è diverso da terminare o finire. 
I tre sono sinonimi, ovviamente, ma fosse anche solo nella mia testa, assumono significati diversi. 
In genere la parola più usato in relazione alla morte è "finire" o un suo derivato: il fine vita, ad esempio. 
Non mi piace.
Non voglio che si dica di me, quando avverrà la mia dipartita, che ho finto di vivere. 
Finire non implica il come si è finito: è un termine, in quanto relativo a qualche cosa di inevitabile, passivo. Io non sarò finito: anche la sola idea di pensarlo mi fa sorridere.
Stesso discorso vale sul "terminare" che è un logos che uso per indicare, per l'appunto, l'idea di un qualche cosa che si ha volontà di terminare. 
Terminare un percorso, giungere al termine di un sentiero.
Esattamente come sopra, non voglio e non credo che la morte sarà il mio termine.
Compiere, invece , lo vedo come qualcosa che rende pieno il divenire, che poi è sempre stata una delle ragioni del mio vivere: divenire me stesso.
Oggi non voglio tuttavia pensare di compiere il mio quarantaseiesimo e forse ultimo anno di vita (non lo dico né con rammarico, né per pietismo, semplicemente perché le statistiche che miro a smentire, questo dicono).
Oggi voglio pensare che sto facendo un altro passo per compiere la vita.



domenica 22 gennaio 2017

War Report 201701.22

Venerdì mattina ore 7.15 è passato sotto casa Giuseppe, collega e amico, e mi ha riportato nella dimensione"lavoro". 
In altre parole ho ricominciato a lavorare.
Ne avevo assolutamente bisogno, con tutti i se e i ma del caso. 
So di non essere più lo stesso di prima, riprova ne è stata, come banale assaggio,  la rampa di scale per raggiungere la mia postazione: in genere fatta di corsa a due gradini alla volta, questa volta conclusa con il fiatone. Alle 14.30 ero già in riserva di energie, nonostante la mattina non abbia prodotto un granché, dovendo sistemare il PC nel quale non trovavo più nulla, a partire dalla foto dello sfondo per finire alle cartelle con la documentazione che in genere tratto.
Ho tenuto duro e nel pomeriggio ho iniziato a sistemare i registri, rimasti fermi a settembre nonostante l'intervento (?) di consulenti esterni. 
Se tutto va bene lunedì mattina dovrei riportare la situazione alla pari per poi dedicarmi ad altro.
E' stata abbastanza dura rientrare, almeno quanto è stato soddisfacente e, per quanto sul lungo periodo la situazione rimane incerta, nel breve non posso che migliorare e migliorare così il mio apporto.
Non sono mai stato ambizioso nella vita lavorativa: ho sempre inteso il lavoro come un mezzo e non come un fine. D'altra parte le maree della vita mi hanno portato a spiaggiare su lidi che, al di là dell'impegno profuso, non ho mai amato fino in fondo.
Questo fatto mi ha ovviamente portato a cercare la felicità fuori dall'ambito lavorativo.
Non ho cambiato idea, ma quel significato di "mezzo" ha assunto una valenza più ampia e complessa. 
Ho imparato che al di là dell'affermazione professionale (che avrei cercato in altri ambiti se la vita me l'avesse concesso), il lavoro può essere esso stesso fonte di felicità, in quanto parte del quotidiano vissuto: ci sono persone attorno a cui ti affezioni e che si affezionano a te, e anche il solo sentirsi utile, cosa che si da troppo spesso per scontato, può essere condizione sufficiente per raggiungere soddisfazione. 
Non è questione di "accontentarsi" ma di vedere le cose da un angolazione diversa. 
E' la bellezza della normalità.







martedì 17 gennaio 2017

War Report 201701.17



Prometto a me stesso
a me e a nessun altro
Sono più di questo
Io sono il fuoco…
(I am the fire - Halestorm)

Ieri è finalmente finita la terapia combinata di radio più chemio: al di là degli effetti collaterali (stanchezza e perdita di capelli) posso dire di aver superato bene questo secondo step. I valori ematici, nonostante il bombardamento farmacologico sono più che soddisfacenti (la primaria di Radioterapia ha manifestato il proprio stupore in positivo) e dovrebbero rientrare nella normalità in breve tempo. 
Oggi, invece,  ho effettuato la visita fisiatrica: la Dott.ssa mi ha detto di concludere il ciclo in essere (mi mancano quattro sedute) e poi di riprendere a fare sport. 
L'obiettivo prefissato è stato raggiunto e con ottimi risultati. 
Invero, sono ancora lontano da quello che si definisce "essere in forma" (a meno che non si intenda essere "dentro" una forma, visto  che ho superato il mio limite massimo di 95 kg, accidenti al cortisone), ma per rientrarvici (o per uscire da questa "forma" , fate voi), pare  non occorra più qualcuno che mi guidi i movimenti, ma più prosaicamente che sia io a darmi una mossa. 

Alla fine, posso dirmi soddisfatto: come mi ero ripromesso ho dato il massimo per ottenere quello che poteva dipendere da me, l'ho fatto caparbiamente, senza tuttavia espormi a inutili rischi e ho portato a casa il risultato (a detta dei vari medici in modo sorprendente, il che vi assicuro fa molto, ma molto bene al morale).

Chiaramente la strada è ancora lunga (concedetemi un "si spera") e a dire il vero gli ultimi giorni non sono stati particolarmente positivi (debolezza, vertigini), ma conto di migliorare a breve, anche per il fatto che, a parte l'antiepilettico, gli altri farmaci sono stati sospesi o ridotti significativamente.




giovedì 12 gennaio 2017

Il Limbo

Nel breve e didascalico "Viaggio all'Inferno" abbiamo potuto verificare come l'idea dell'aldilà, presente in tutti i popoli sin dai tempi antichi, abbia subito numerose variazioni tanto da trasformarsi da luogo più o meno indefinito, attraverso l'opera di fantasia di teologi e poeti, a luogo compiuto, con una sua precisa geografia. 
Inferno, o regno inferiore, è venuto così ad identificarsi, specialmente nelle religioni cristiana e mussulmana, un luogo di eterna dannazione.

Tralasciando la religione islamica e concentrandoci sul cristianesimo, si può affermare che l'aldilà era concepito inizialmente in modo dualistico: chi si comportava secondo i dettami della religione andava in paradiso, chi peccava, ovvero trasgrediva, all'Inferno. 

In realtà, la punizione infernale non spettava solo ai peccatori, ma anche a tutti coloro che per varie ragioni, età, luogo di nascita, ecc, non avevano avuto modo di redimersi dal Peccato Originale, termine che è bene precisare non compare in nessun testo biblico, né veterotestamentario, né neotestamentario, sebbene alcuni intravedano nelle lettere paoline l'antitesi di ciò che poi verrà sancito da sant'Agostino. 

Ciò creò, tuttavia, dilemmi non da poco, in special modo nel'accostarsi alla sorte delle anime degli infanti morti prima di aver ricevuto il battesimo. 
La teologia "originale" lasciava poco spazio all'interpretazione: secondo sant'Agostino infatti:
«le Sacre Scritture e la stessa tradizione testimoniale della Chiesa attestano che esse (le anime,) vengono dannate se siano uscite dal corpo in tale condizione (senza battesimo, n.d.a.)».
Perché esse :
«contrassero il contagio dell’antica morte secondo il vincolo che casualmente avevano con Adamo all'atto della loro venuta al mondo. Non possono perciò essere liberati dal supplizio della morte eterna, che trasferisce da uno solo la giusta condanna su tutti, se non rinascono per grazia in Cristo»
Almeno Agostino non sembra parlare di suplizi come invece fa Fulgenzio di Ruspe, vescovo molto vicino alle idee del santo di Ippona, ma decisamente più oltranzista , per il quale:
«non solo gli uomini già forniti di ragione, ma anche i bambini che cominciano ad aver vita nell'utero delle madri, o che siano già nati, che abbandonano questo mondo senza aver ricevuto il battesimo, dovranno essere puniti con il supplizio del fuoco eterno».
Questo atteggiamento perentorio della religione causò il sorgere di pratiche superstiziose per cui ad esempio madri inconsolabili portavano i cadaveri dei neonati presso gli altari, in genere dedicate alla Vergine Maria, in attesa di vedere un segno della volontà divina : ritorno del colorito sul viso, rilascio delle urine, emorragia nasale, spasmi postmortem che sancisse l'effimera resurrezione del corpicino a cui veniva impartito immediatamente il battesimo, per poi constatarne la seconda morte.

Peggio ancora sarebbe divenuto il trattamento riservato ai cosiddetti Revenant, ovvero le anime corrotte o malevole che secondo il folklore avrebbero potuto "ritornare" a gettare scompiglio presso i vivi. Tra queste anime straziate vi erano secondo le varie superstizioni anche quelle dei bimbi non battezzati: per tenerle lontane ci si rifaceva a veri e propri riti cruenti, tanto che nel Penitenziale di Burcardo di Worms, ad esempio, il vescovo della città tedesca condanna la pratica diffusa dell’impalamento dei cadaveri dei non battezzati, infliggendo una penitenza di due anni a pane e acqua. Sovente venivano anche smembrati i cadaveri in modo che non potessero camminare o inchiodati alla terra in modo che non potessero rialzarsi.



Forse per mettere un freno a tali oscene pratiche, che comunque, va detto,  la Chiesa osteggiò sempre ufficialmente (per poi magari fomentarle con altri fini) , o forse per uscire dall'imbarazzo insito nell'ingiustizia di una condanna a creature che non avevano avuto possibilità di peccare e che la sorte avversa aveva ucciso a pochi istanti dalla nascita (se non prima), venne introdotta l'idea di un luogo marginale dell'Inferno dove potessero trovare dimora le anime dei giusti e ovviamente, quelle dei neonati non redenti dal battesimo: il Limbo.
Qui, pur intrappolati nell'Inferno le anime avrebbero semplicemente avuto, come punizione, la privazione della gloria divina, concetto più astratto e quindi digeribile rispetto ai tormenti proposti e resi celebri dalla Comedia dantesca. 


Il Limbo, tuttavia, oltre ad essere un'invenzione tarda e benché citata soventemente (da San Tommaso, sino a Benedetto XVI) non rappresenta un dogma di fede come invece Paradiso, Inferno e Purgatorio e la chiesa ufficialmente, oggi, la vede più come un ipotesi teologica, tanto che Giovanni Paolo II e successivamente, con maggior merito, Benedetto XVI ne hanno seriamente messo in dubbio l'esistenza (Qui le posizioni ufficiali): oggi,  la Chiesa, pur non sapendo in realtà che fine faranno le anime dei non battezzati le affida alla volontà misericordiosa del creatore, con buona pace delle fiamme mitissime di sant'Agostino che peraltro sosteneva la sola esistenza del Paradiso e dell'Inferno (con Dio o contro Dio).
Già, perché il Purgatorio, infatti, doveva ancora essere "inventato".

Vedi anche:







mercoledì 11 gennaio 2017

War Report 201701.11



Step by step I dream the plan
From my chair
to walking man
This constant dream is on my mind
Chase the light I see ahead
Luminate the path I tread
I live to be the best I can
(Best I can - Queensrÿche)

Ancora tre sedute e poi la terapia combinata sarà terminata. 
Ho ancora alcuni esami di controllo da effettuare ma finalmente ho potuto chiedere la chiusura della malattia: venerdì 20 riprendo con il lavoro, salvo imprevisti ovviamente.
Perché venerdì? Perché prima non riesco ed iniziare con una settimana lunga non so se reggo: meglio iniziare piano. 
Oltretutto non so ancora se devo, e nel caso, per quanto ancora continuare con la fisioterapia. 

Ultimamente la stanchezza si è fatta sentire e ho smesso di allenarmi: era previsto e tutto sommato va bene così. 
Poi mi aspetta una pausa disintossicante di circa un mese, prima di riprendere il ciclo di chemioterapia a piena dose, nel frattempo spero mi ritorni senso del gusto, visto che ho un saporaccio metallico in bocca che non mi permette di riconoscere una pasta e fagioli da una caramella al mentolo. 




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