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lunedì 7 settembre 2009

Una morale di comodo

Prendendo spunto da un commento al post precedente dove veniva analizzata la seguente frase:
"Lo stato laico deve avere una moralità neutrale nei confronti della coscienza religiosa e il politico, seppur praticante, dovrebbe mettere da parte la propria coscienza religiosa per il bene comune".
 per apportare alcune specifiche.
E' ovvio che un politico praticante sottoscrivendo un concetto che va contro i propri dettami religiosi andrebbe in conflitto con la propria coscienza e peggio ancora, secondo il suo credo, potrebbe anche veder compromessa la propria posizione spirituale post mortem in un ipotetico aldilà. Rimane il fatto che la legge non può avallare un principio religioso in quanto tale, a meno che questo, come molti principi religiosi, non sia altro che un fondamentale del vivere all'interno di una comunità. La religione in quanto rivelazione, e mi riferisco alle religioni del libro, è di per sè una dottrina piuttosto statica, ovvero non particolarmente soggetta a aggiornamenti: in altre parole ciò che è scritto, è scritto e, a monte, ci sono già quasi duemila anni di dibattito e dissertazione sull'interpretazione. Viceversa la società è in costatnte evoluzione, negli ultimi tempi addirittura in modo vertiginoso, tanto che la religione spesso fatica a tenere il passo e a dare risposte convincenti.
Ecco, proprio qui sta il nodo della questione, sull'aggettivo "convincente". 
La gente, fedeli compresi, devono essere convinti di ciò che viene loro proposto, in altre parole i dettami religiosi, la morale stessa, diviene una cosa di comodo: non solo si aderisce se conviene, ma in virtù della rapidità dei cambiamenti, fino a che conviene. 
Nel commento citato, si fa un esempio assai calzante sull'argomento matrimonio. Il cattolico, in linea con i suoi principi religiosi, non dovrebbe avallare una legge che permetta a soggetti omosessuali di stipulare questa forma di contratto. Perchè, invece, un politico (ad esempio) cattolico dovrebbe? Semplicemente perchè il problema c'è e va risolto: coppie omosessuali esistono, la società ne ha accettato l'esistenza , esse convivono e adempiono già, sostenuti da un sentimento, ad un mutuo soccorso acquistando ad esempio beni assieme: volenti o nolenti fanno già parte del sistema. 
Qual è il motivo che nega loro alcuni diritti quali la possibilità di riversare la pensione e cose simili, attulamente negati? 
Semplicemente il loro numero esiguo o il loro scarso peso elettorale, giacchè in barba alla morale cattolica, gli stessi diritti vengono invece garantiti con tranquillità a fedifraghi che hanno abbandonato la famiglia per crearne una nuova, ovvero ai divorziati.
La morale religiosa è dunque, nella realtà dei fatti (si badi: nella realtà dei fatti, non per definizione), una morale di comodo, utile come già detto se e quando serve. 
Rimane dunque il problema di come integrare una "vera" sensibilità religiosa nella società multietnica e multiculturale di oggi. A mio avviso l'unico modo è quello di partire asservendo la risposta agli usi e costumi del popolo ospitante, e di adeguare le risposte a seconda di come questi si sviluppano , mantenendo distinti obblighi e diritti civili da scelte religiose, con l'implicito patto che i primi non siano messi in discussione dalle seconde. Non si tratta di una questione di primato morale, ma di semplice logica. Viceversa si delineerebbe  a livello di governo, una teocrazia, una delle forme di governo più assolutistiche e aberranti.
La morale religiosa dovrebbe, al limite, influire nel fine ultimo della legge, come ad esempio nella famigerata legge sull'aborto, ove se da un lato si garantisce alla donna il diritto di interrompere la gravidanza, dall'altro si autorizzano e si organizzano tutta una serie di sistemi che mirano ad eliminare il problema (o, per lo meno, a circoscriverlo a condizioni estremamente particolare dove la salute psicofisica della madre potrebbe essere seriamente compromessa  come nel caso di feti deformi, gravidanze a seguito di stupro ecc).
Cosa deve fare quindi un soggetto religioso non disposto a scendere a compromessi? 
Ahimè, temo non ci sia altra soluzione che l'astensione volontaria da determinate cariche: la politica è  infatti un degno compromesso con il fine di rendere migliore la vita reale di un popolo. La religione dovrebbe occuparsi di altro, in particolare di salvare l'anima del singolo. Non si possonon mischiare e, nella società il bene comune è sempre superiore al valore del bene di un singolo (non si abbandonano novantanove pecore per cercare quella perduta). Quindi, in base a ciò, il credo del singolo può e deve essere messo in secondo piano e assoggettato alle esigenze medie della comunità.
Altrimenti, sarebbe come mettere in mano la vita del proprio figlio , bisognoso di trasfusioni , ad un medico testimone di Geova. A parte i folli, chi lo farebbe?

4 commenti:

Alfredo ha detto...

Ho letto il post che ha scritto; critico alcuni punti presi singolarmente: "qual è il motivo che nega loro [agli omosessuali] alcuni diritti quali la possibilità di riversare la pensione e cose simili, attulamente negati?
Semplicemente il loro numero esiguo o il loro scarso peso elettorale, giacchè in barba alla morale cattolica, gli stessi diritti vengono invece garantiti con tranquillità a fedifraghi che hanno abbandonato la famiglia per crearne una nuova, ovvero ai divorziati". Forse c'è troppa sociologia in troppe poche righe: il succo è che i diritti degli omosessuali non vengano garantiti dato il loro esiguo numero, mentre quelli dei divorziati sì, solo perchè questi sono in numero maggiore? Non ho ben capito cosa intende, soprattutto alla luce di: "il credo del singolo può e deve essere messo in secondo piano e assoggettato alle esigenze medie della comunità". L'omosessualità non rappresenta nemmeno un decimo delle esigenze medie della comunità. Dunque perché tutelarla? Semplicemente perché esistono dei diritti soggettivi (soggettivi, non collettivi) perfetti, la cui sfera di espansione è incomprimibile anche qualora confligga con la realizzazione dell'interesse pubblico (cosa che non vale per esempio nella tutela dell'interesse legittimo o di quello amministrativamente protetto). L'esigenza media della popolazione non c'entra nulla; e mi consenta, l'accostamento con la parabola della pecorella smarrita è fuorviante semplicemente perché il suo senso è altro. Il punto della discussione poi, secondo me, non è affatto che la morale religiosa o meno sia convincente, semplicemente perché potrebbe essere vero l'opposto: all'inizio del novecento i positivisti, i comunisti, i nazisti etc. erano convinti che in due generazioni tutte le religioni sarebbero sparite, dopo due generazioni sono spariti loro, tutte le religioni invece sono rimaste. Giustificazione di un siffatto, clamoroso fallimento, da un lato, e di una tale, impressionante rivincita dall'altro? Nessuno lo sa; forse perché in un'ottica antropologica ed evoluzionista le religioni hanno saputo adattarsi ai cambiamenti meglio di altri? Oppure perché le religioni sono delle rocce, ribadiscono i valori eterni, e quei valori eterni sono tali proprio perché trascendono qualunque moda (anche nel senso di “gregge”)? Come sia la questione non mi è chiaro, esattamente come non credo che: “la società è in costante evoluzione, negli ultimi tempi addirittura in modo vertiginoso, tanto che la religione spesso fatica a tenere il passo e a dare risposte convincenti”. Tuttavia la storia è abbastanza eloquente. Il punto della questione, secondo me, è che con affermazioni di questo tipo si rischia di cadere in una visione dicotomica del rapporto “esigenze individuali- esigenze comuni” quasi che le seconde dovessero necessariamente prevaricare le prime. Ma perché? Le esigenze comuni sono fatte di tantissime esigenze individuali. Le prime non possono rinnegare le seconde. E' questo che sostengo. Lascio ad altri ambiti le elucubrazioni estetiche sul fatto che l'immagine complessiva del mosaico prevalga sul singolo tassello. Abbiamo forma unitaria da un lato e sostanza plurima dall'altro.

Alfredo ha detto...

Mi passi l'inopportuna reiterazione del paragone evangelico; sarà vero che non si abbandonano 99 pecore per una sola, ma non è un principio assoluto, se quella pecora muore resteremo con 99, e poi se ne allontanerà un'altra, e certo, non si abbandonano 98 pecore per cercarne una sola, ma se non la cerchiamo, quella pecora morirà e resteremo con 97 e così via, finché non avremo perso l'intero gregge solo perché, di volta in volta, abbiamo preferito il bene comune a quello del singolo, convinti che l'uno dovesse prevaricare l'altro. I rapporti possono anche essere armoniosi piuttosto che violenti, o se preferisce che ci atteniamo al campo giuridico, possono assumere la forma della direzione e del coordinamento anziché della gerarchia in senso stretto. Ribadisco ancora una volta: singolarità e pluralità non sono necessariamente in conflitto, possono tuttavia entrarci in alcuni casi. Arduo è stabilire quando poi ciò debba accadere. Che poi la morale religiosa sia utile se e quando serve è vero, si potrebbe obbiettare che non c'è nulla di male nel volerci stare comodi, anche quella potrebbe essere una esigenza media della popolazione. Tuttavia questa mia posizione è deboluccia: l'opportunismo in campo religioso è fin troppo evidente, così come lo è l'opportunismo agnostico ( l'aver scelto di NON scegliere è MOLTO comodo) e l'opportunismo ateo (“Senza Dio e senza vita futura? Tutto è permesso dunque, tutto è lecito?” diceva quel tale ne “i fratelli Karamazov”, quale che sia il vero senso della frase). Come vede possiamo affermare che qualunque morale, all'occorrenza, diviene di comodo. All'occorrenza però. Non è di certo un monaco che vive nella totale “rinuncia alla famiglia , astensione dal sesso, nessuna proprietà personale, otto ore di preghiera comunitaria quotidiana più altre in solitudine, veglie notturne , penitenze, alimentazione scarsa e vegetariana interrotta da frequenti digiuni, freddo e caldo, obbedienza pronta e assoluta, divieto di varcare il muro della clausura, lettere e letture sotto controllo, notizie scarse e filtrate dai superiori, convivenza stretta, continua, senza termine con compagni imposti e non scelti” (Vittorio Messori; http://www.et-et.it/articoli/2009/2009_05_23.html) a convincermi che la sua sia, proprio nella realtà dei fatti, una morale “di comodo”. E lo stesso dicasi per i monaci buddisti, che sono dei religiosi, benché atei..
Infine: “cosa deve fare quindi un soggetto religioso non disposto a scendere a compromessi?” Ahimè, optare per l'astensione volontaria? No. Che si butti pure in politica, e che non scenda a compromessi, saranno poi le medie esigenze della popolazione che lui stesso contribuisce a creare a dargliene ragione o torto; ma finché lui, il politico che non accetta compromessi religiosi, non entrerà nel “comune sentire” il mosaico sarà privo di un tassello, per quanto scomodo e scolorito sia; e di conseguenza il “bene comune” medesimo non sarà mai rigorosamente definibile. In ultima analisi arrivo alla vignetta, qui tuttavia specifico di essere rimasto colpito dalla quantità di interpretazioni possibili, ragion per cui preferisco non dare alcun giudizio.

Alfredo ha detto...

Nella sostanza, volendo fare un brevissimo riassunto di quanto sopra direi che:
1)nessuna etica religiosa deve prevalere sulla concezione laica dello stato.
2)la politica è orientamento generale diretto al bene comune.
3)tutte le concezioni, religiose o meno, possono concorrere alla determinazione di questo orientamento generale.
4)non è pensabile una pluralità se non come un insieme di tantissime singolarità.
5)il rapporto fra le due cose precedenti è di norma coordinatorio, salvo una serie di eccezioni.
6)tutte i precetti morali possono essere comodi, basta trovare una situazione reale facilmente aggirabile mediante i precetti stessi.
7)quando una pecorella scappa, poco importa trovarla o meno; dopo aver contato le altre 99 io, di solito, mi sono già addormentato.

Unknown ha detto...

Vorrei innanzitutto precisare che la mia è una chiave di lettura dei fatti, per cui personalmente sarei favorevole a concedere a coppie di fatto taluni diritti ed anzi trovo scandaloso che non si sia ancora fatto.
Ora cercherò di rispondere:
1) Divorziati si, omosessuali no Perchè? Perchè la società (cattolica per tradizione ma assai lassista, da qui la religiosità di comodo)ha capito che il divorzio è una ipotesi che può riferirsi a tutti. L'omosessualità invece è un inclinazione sessuale: o lo sei o non lo sei.
2) Singolarità e pluralità : totalmente d'accordo con quanto lei riporta, che non è in contrasto con quanto scrivo. I diritti fondamentali di una persona sono inalienabili, ma la libertà dell'individuo finisce laddove inizia quella di un altro. Una legge che deve governare la pluralità delle persone deve rispettare i diritti fondamentali dell'individuo e contemporaneamente tutelare la collettività. La negazione di una forma riconosciuta di convivenza per coppie di fatto, così come le limitazioni imposte dalla legge sul Testamento biologico ancora in discussione, negano i primi a favore di una parte.
3) Convincente : la sua analisi storica è ineccepibile, sebbene i frutti del positivismo fortunatamente siano vivi e godano di ottima salute. Rimane il fatto che la religiosità di molti è di comodo; ad esempio,l'opportunita di ricercare la felicità perduta (divorzio) pare sia stata più convincente della promessa di amare in ogni condizione fino a che morte non sopraggiunga. E' possibile dunque che la Religione perduri proprio grazie a quei difetti (immutabili come la dottrina), dell'uomo che in linea di massima vorrebbe debellare, o perchè parla di un futuro ideale, raggiungibile anche con un ravvedimento dell'ultimo respiro?
4) Opportunismo religioso, laico ed agnostico : Esistono tutti, e coinvolgono la maggior parte di coloro che si accostano a queste forme di pensiero, come del resto esistono coloro che scelgono in modo ragionato e responsabile. Io ad esempio mi reputo agnostico, ma non nel senso più comune di disinteresse per l'argomento, ma perchè ho la consapevolezza di non sapere abbastanza per capire, motivo per cui non vi è una scelta di comodo ma, al contrario, un viaggio di cui ho la consapevolezza che non raggiungerò mai la meta.
5)Esilio volontario: sarebbe il punto più debole del discorso, ma non per la sostanza ma perchè, come del resto lei ha proposto, vi sono alternative altrettanto valide (ed ahimè utopiche...)
Conclusioni
Siamo in sostanza d'accordo su tutto (ma è davvero interessanet approfondire), a parte il discorso delle pecore di cui condivido invece il fatto che mi sarei addormentato anche io prima di arrivare a scoprire che una è sparita!(LOL)

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